CANTÙ, Carlo
Forse d'origine lombarda, nacque nel 1609. Dal Cicalamento,ovvero Trattato di Matrimonio tra Buffetto e Colombina Comici, del C. secondo L. Rasi (le cui illazioni non paiono potersi confutare), di paternità incerta secondo F. Bartoli, stampato a Firenze da Amadoro Massi nel 1646, si apprende che cominciò a recitare nel 1632. Assai presto si cimentò nel ruolo di secondo Zanni al servizio del duca di Parma Odoardo Farnese che l'onorava della sua dimestichezza e che, una volta, "li fece grazia d'una sua carrozza per andare a pigliare la Colombina a Bologna", presumibilmente dopo il 1640, quando la giovane e bella Isabella Franchini, in arte Colombina, era già vedova di Francesco Biancolelli e, pur avendo prescelto, in caso di nuove nozze, il C., non si decideva a sposarlo. Uno scenario dell'arte, pubblicato da A. Paglicci-Brozzi, recante il titolo Le Bizzarrie d'Argentina,cavaliere e gentildonna,Ippolito e Boffetto creduti turchi,con Zaccagnino amante disperato e la data 1643, include, tra i personaggi, al terzo posto Argentina poi Colombina, e al settimo Boffetto (servo). La prima, evidentemente una delle tante trasformazioni che subiva la maschera di Colombina, e il secondo che, se non nacque in quel torno di tempo, prese a definirsi allora, erano incarnati dai due comici che facevano parte, in quell'anno, della compagnia ducale di Modena, dove Isabella riscuoteva largo successo.
Nel Cicalamento, dall'umorismo semplice e bonario, composto di una serie di lettere in prosa (e in versi in dialetto veneto altrimenti definiti "canzonette ridicolose"), è rievocata la contrastata storia d'amore dei due comici fino al sospirato matrimonio. Dopo alterne vicende che videro i due innamorati ora divisi dalle calunnie dei colleghi gelosi ora riconciliati dalla forza della reciproca attrazione - contrattempi ai quali si aggiunsero le materiali separazioni dovute agli impegni di lavoro - la Franchini, che aveva dovuto subire alcuni giorni di prigione a Ferrara per esservi interrogata sulle circostanze dell'assassinio di un comico, fu liberata in seguito, all'intercessione del C. presso il duca. Per tacitare ogni malignità, lo spasimante s'impegnò a sposare subito Isabella senza dote, contraddotandola di 500 scudi e pagandone ai suoceri 1.000 nel caso che avessero preferito non convivere con gli sposi. Il matrimonio ebbe luogo nel duomo di Parma il 15 apr. 1645 e il contratto di nozze fu in un secondo momento rettificato per volontà di Isabella la quale volle che fosse distinto, dalla provvisione per i suoi tre figli, il guadagno avvenire, a sua volta diviso a metà col marito, e che, dopo il decesso, uno dei due divenisse erede dell'altro.
Successivamente il C. fu richiesto a Parigi da Anna d'Austria con istanza al duca di Parma e dovette distaccarsi con dolore dalla moglie che recitava a Bologna. Dalla reggente il C. "fu regalato ne' primi due giorni di tre vestiti di non ordinaria bellezza" e, dopo la prima recita al palazzo reale, gli fu detto, in presenza dei gentiluomini di corte, "che s'era diportato bene", al che seguì un applauso generale. A Parigi l'attore aveva seco il figliastro Domenico Giuseppe, detto Menghino, bambino sensibile e intelligente, che riusciva a farlo sentire meno solo e che da lui cominciava ad apprendere il carattere che doveva renderlo famoso.
Nell'autunno successivo il C. era in Italia, come è documentato dalla dedica del Cicalamento al cardinale Francesco Maria Farnese in data 30 nov. 1646 (lo stesso Bartoli, fondandosi sulla data e sul luogo di pubblicazione, asserisce che, in quell'anno, l'attore recitava a Firenze). Del resto il desiderato ritorno è cantato nell'ode Gliapplausi,i regali,& il ritorno in Italia del "signor Mauritio Tensonio, accademico humorista", che segue la dedica, dove si ricordano con orgoglio i successi riportati a Milano, Venezia e Parigi. Il racconto del seguito della vicenda sarebbe stato affidato a un Ritorno di Francia,in Italia,di Buffetto comico in canzonette ridicolose che, probabilmente, non vide mai la luce.
A Parigi, secondo l'ipotesi del Rasi, Buffetto era conosciuto col nome generico di Briguelle, ben noto colà sin dalla seconda metà del secolo precedente, tanto è vero che in nessuna pubblicazione locale comparve il nome del C., mentre un Brighella recitava in quel tempo a Parigi. Quando, poi, Stefano della Bella ne incise il ritratto, pensò, per il costume, a quello di Brighella e, per lo sfondo, al Pont-Neuf della capitale francese: l'attore è rappresentato nell'atto di suonare la chitarra (flauto, tibia, zampogna e altri strumenti ai suoi piedi stanno ad indicare che li sapeva suonare e scambiare, secondo la consuetudine della maschera), è massiccio di corporatura, ma delicato nello scostare la chitarra dal fianco destro e nel pizzicarne le corde; il viso, su cui spiccano gli occhi astuti, il naso adunco e le labbra sensuali, è incorniciato da capelli, baffi e barba neri e crespi. Il cartiglio, in basso a destra, spiega: "Fortuna per despett / Me fer volar la robba co i dinar, / La patria abbandonar, / E de Carlo Cantù me fer Buffet. / Ma po' mudò concett. / Quando da Zan me mess a recitar. / Come Carlo incontrai fortuna avversa / Come Buffet la provo a la / roversa"; il che proverebbe l'agiatezza goduta da attore dopo la miseria sofferta per un rovescio di fortuna.
Alcune lettere del C., scritte il 22 febbraio, il 6, il 9, il 29 marzo e il 6 apr. 1647 (quest'ultima diretta a Francesco Maria Farnese, le altre a un non meglio identificato don Cornelio, famigliare del cardinale), documentano una sosta a Roma insieme con la moglie; la prima comunica che "mercordi pasato [cioè il 20 febbraio] recitasemo el prodigio del marchese del Vasto il quale non piaque troppo" e si risente per le volgari ingiurie "ricevute inocentemente" dal Dottore (Ercole Nelli) e dalla moglie di questi, Angela, nonché per la rissa da loro cagionata dopo quello spettacolo davanti al pubblico e agli altri comici; poi si dichiara lusingato dalla munificenza di donna olimpia Pamphili; in quella del 9 marzo 1647 supplica il cardinale di raccomandare "a qualche cauagliere" il vecchio suocero "che non se deporta malle... nella parte di Pantalone", "acciò abbi in bologna una bona Compagnia già che noi non lo potiamo sostentare in nostra Compagnia". È probabile che, sempre nello stesso anno, il C. facesse parte, con la moglie, della compagnia ducale di Parma che effettuò un viaggio per acqua "con armi e bagagli", secondo la precisa espressione del passaporto, da Torino a Ferrara, ridiscendendo il Po. A questo punto il Rasi ipotizza che il Brighella ceduto da Ranuccio II Farnese a Francesco I d'Este duca di Modena per il carnevale 1650-51 e poi raccomandato con lettera del 3 genn. 1651, il Brighella "capo dei comici parmiggiani" (insieme a Mario, forse Agostino Grisanti) malevolmente qualificato dal Nelli (in una lettera datata da Verona l'8 sett. 1651 e diretta a un famigliare del duca di Modena) come un invadente che "stancava" le piazze (in quella città aveva, prima di lui, recitato trenta commedie), e il Briguelle che sostituì il Locatelli alla sua morte, avvenuta a Parigi nel 1671, siano la stessa persona. Le testimonianze mancano, comunque, fino al 1676, anno nel quale Alfonso d'Este marchese di San Martino, in una lettera datata 30 giugno, trattando della formazione di una nuova compagnia, informa: "Noi haueuamo Bufetto et il Dotore, ma Bufetto è andato a recitare nel altro mondo", il che fa legittimamente supporre che il C. sia morto non molto tempo prima.
Secondo M. Apollonio la cultura non dovette mancare all'attore: ma se, come lo studioso ha fatto, ci si riferisce soprattutto al Cicalamento, si deve ammettere che si trattava della particolare abilità, propria del comico dell'arte, di trarre dalle battute, tirate e canzonette, i succhi di più piccante sapore. Il giudizio sul C. non può, comunque, prescindere dalle sue attitudini musicali e dalla maliziosa sonorità dei versi e delle prose parodisticamente barocche; maschera pensosa forse no, ma perfetto esemplare di commediante dell'arte, mimo, musico, autore e declamatore di versi esilaranti, conteso dai principi e idolatrato dal pubblico.
Fonti e Bibl.: F. Bartoli, Notizie istor. de' comici italiani..., I, Padova 1781, pp. 138 s.; A. Paglicci Brozzi, Contributo alla storia del teatro. Il teatro a Milano nel secolo XVII, Milano s.d., pp. 109 s.; L. Rasi, I comici ital., Firenze 1897, I, pp. 425-429, 571-583; II, pp. 181 s.; A. Paglicci-Brozzi, Uno scenario inedito di una Commedia dell'Arte, Firenze 1908, pp. 5-7; M. Apollonio, Storia della commedia dell'arte, Roma-Milano 1930, pp. 247 s.; N. Leonelli, Attori tragici - Attori comici, I, Milano 1940, pp. 200 s.; Enc. d. Spett., II, coll. 1701 s.