CANALE, Carlo
Nato a Mantova da nobile famiglia, in data imprecisata nella prima metà del sec. XV, entrò negli anni intorno al 1472 al servizio dei Gonzaga, in particolare poi del fratello del marchese Federico, il cardinale Francesco, del quale divenne cameriere.
Nella cerchia più ristretta dei familiari del cardinale ebbe occasione di conoscere il Poliziano, che capitò a Mantova nella primavera del 1480, dopo avere abbandonato Firenze in seguito ai dissapori con Lorenzo de' Medici e con la moglie di lui Clarice Orsini. Il cardinale Gonzaga, che il 21 aprile l'aveva nominato suo commensale, commissionò al Poliziano l'Orfeo per rappresentarlo nel corso delle cerimonie previste per solennizzare il fidanzamento di Clara Gonzaga con Gilbert de Montpensier e di Francesco Gonzaga, primogenito del marchese, con Isabella d'Este. L'opera fu scritta di getto "in tempo di due giorni, infra continui tumulti" nel mese di giugno, ma non è noto se fu rappresentata. Probabilmente non lo fu, visto che le cerimonie per il duplice fidanzamento furono annullate. Il Poliziano comunque, riconciliatosi con Lorenzo de' Medici, abbandonò Mantova per rientrare a Firenze già il 17 giugno, lasciando però il manoscritto dell'opera nelle mani del C., il quale lo fece circolare fra gli amici ed estimatori mantovani dell'umanista toscano. Più tardi gli dovette chiedere anche l'autorizzazione a stampare l'opera, come si può desumere dalla famosa lettera "a messer Carlo Canale" indirizzatagli in risposta, sicuramente prima del 1483, che appare in taluni manoscritti e in tutte le stampe dell'Orfeo. In essa il Poliziano, giudicando l'opera "di qualità da far più tosto al suo padre vergogna che onore", esprimeva il desiderio che "fusse di subito, non altrimenti che esso Orfeo, lacerata" e consentiva alla pubblicazione solo a patto di rendere manifesto il giudizio negativo dell'autore niente affatto disposto a sentire "la imperfezione di tale figliuola al padre attribuire". L'iniziativa si arenò così sullo scoglio di queste forti riserve sollevate dall'autore, senza però che l'opera soggiacesse a quel destino di lacerazione alla quale il Poliziano la voleva condannare. Il C. infatti la conservò e dopo la morte dell'autore pervenne alle mani di Alessandro Sarzio che ne curò l'edizione nel volume Cose volgare del Poliziano stampato a Bologna nel 1494 da Platone Benedetti.
Dopo la morte del cardinale Francesco, sopraggiunta nell'ottobre del 1483, il C. abbandonò Mantova. Passò al servizio del vescovo di Parma, il cardinale Giovanni Giacomo Sclafenato, che seguì a Roma. La nuova residenza non interruppe i suoi buoni rapporti con i Gonzaga e in particolare con il vescovo di Mantova, Ludovico, fratello del defunto cardinale del quale intendeva ereditare la porpora. A tal fine interessò anche il C., nella speranza che gli riuscisse di adoperare in suo favore l'influenza del cardinal Sclafenato. Tra la primavera e l'estate del 1484 fu anche a Roma, dove incontrò il C. che non gli lesinò certo le promesse. Le speranze del Gonzaga erano ancora vive nel 1488, quando nominò il 19 febbraio l'agente mantovano a Roma, Bartolomeo Erba, suo procuratore perché contraesse "compaternità cum m. Carolo Canale" in suo nome. In effetti il C. si trovava ora in una posizione molto più favorevole rispetto al desiderio del Gonzaga, per via del matrimonio, contratto l'8 giugno 1486, con Vannozza Catanei, la ben nota concubina del cardinale Rodrigo Borgia, madre di quattro dei suoi figli. Questo matrimonio, che gli procurò oltre alla bella dote di 1.000 scudi la nomina a sollecitatore apostolico, costituì per il C. la grande occasione di tutta la vita.
Introdotto nella cerchia dei più intimi familiari dei Borgia, egli poteva vantare il favore dei figli di Vannozza che non esitava a definire suoi "figliastri". E non si trattava di millanterie, visto che nel settembre del 1493 scriveva lettere da Caprarola dove si trovava ospite de "lo R. Archiepiscopo de Valenza" e nel 1497 riferiva di essere stato "a li dì passati... in camera cum Mons. nostro R. de Valenza". Ma la dimestichezza con Cesare Borgia non era la sola freccia del suo arco, effettivamente assai ben fornito. Il C. aveva entrature nei più intimi recessi dello stesso palazzo apostolico per via dei rapporti, ma non più di concubinato, che la moglie continuava a intrattenere con il suo ex amante, divenuto ormai papa Alessandro VI. Ad una certa familiarità con il pontefice allude infatti un biglietto di Vannozza non datato, ma sicuramente a lui indirizzato verso la fine del 1494, nel quale chiedeva la grazia di un incontro e incaricava il C. di fissare il giorno e l'ora ("Credo che venendo misser Carlo da V.S. li commisi me recommendasse a Sua Beatitudine et che li domandasse la gratia che io potessi venir a visitar quella, come sono certa lui fece secundo la risposta me disse li haveva facta V.S.tà"). Nello stesso1494il C. fu anche nominato soldano di Tordinona, ossia "custode delle carceri della Curia della Camera apostolica", una carica che lo introduceva ufficialmente nella corte pontificia, anche per via del compito ad essa connesso di precedere il papa nelle cavalcate per distribuire le elemosine al popolo. Il motivo di questa camera, in verità alquanto modesta ma certo anche perfettamente adeguata alle ambizioni di quel povero faccendiere di cardinali che il C. era sempre stato, è rivelato gustosamente da un lapsus ricorrente nel breve di nomina che gli attribuisce il cognome della moglie. Un lapsus, non si sa quanto involontario, che scopre una convinzione certamente assai ben radicata negli ambienti della Curia. Di questa convinzione era partecipe del resto onestamente lo stesso C. che in una lettera del 1493 sifirmò "Carolus de Cattaneis".
Forte di questa posizione privilegiata, il C. non ritenne di dovere più mantenere verso le ambizioni cardinalizie del vescovo Ludovico quella premurosa comprensione mostrata in passato. Ora poteva mirare più in alto e offrire i suoi buoni uffici agli stessi marchesi di Mantova con i quali intrecciò una corrispondenza epistolare in vista di una migliore intesa tra i Borgia e i Gonzaga. Egli fu così interessato alla difficile trattativa per il cardinalato di Sigismondo Gonzaga, fratello del marchese Francesco, buscandosi le amare rampogne del vescovo Ludovico che ne venne a conoscenza. Buon conoscitore dello stile di vita dominante nella corte borgiana, egli sottolineò al marchese la necessità di non badare "a roba, né a dinari, dinari", assicurando che "al tempo di uno altro Papa che venesse, dio ce guardi quello che nui habiamo", sarebbe stato facile rifarsi della spesa e con usura. Ma i Gonzaga non seppero corrispondere con la necessaria prontezza alle esigenze dei Borgia e la candidatura di Sigismondo dovette aspettare un nuovo papa per arrivare in porto, ma certo non per difetto del Canale.
Dalla moglie ricchissima il C. dovette essere associato in una certa misura agli affari di ogni sorta ai quali ella si dedicava. Si sa, ad esempio, che una volta chiese al papa l'esenzione dal dazio per il vino occorrente all'Hostaria della Vacca di proprietà della moglie. Ma se associazione ci fu, la proprietà dei beni mobili ed immobili come pure il controllo delle rendite restò saldamente nelle mani di Vannozza. Una sola casa con vigna, sita presso la chiesa di S. Pietro in Vincoli, risulta sia stata comprata in comune nel 1493 per 600 ducati.
La data della morte del C. non è nota, ma dovette cadere tra il gennaio e il marzo del 1500: il 5 gennaio era ancora vivo, se un Francesco da Pengo gli donò le masserizie della locanda del Leone, subaffittata dalla moglie, ma il 30 marzo doveva essere già morto, se nella carica di soldano gli successe Polidoro de Tiburtis.
Fonti e Bibl.:Iohannis Burchardi Liber notarum, in Rerum Italicarum Scriptores, 2 ed., XXXII, 1, a cura di E. Celani, ad Indicem; Le Stanze l'Orfeo e le rime di messer A. Ambrogini Poliziano, a cura di G. Carducci, Bologna 1912, pp. 371 s., 398-402; F. Gregorovius, Lucrezia Borgia, II, Stuttgart 18,74, pp. 5 s.; A. Luzio, Isabella d'Este e i Borgia, in Arch. stor. lombardo, s. 5, I (1914), pp. 476 s., 479 s., 508; A. Cametti, La torre di Nona e la contrada circostante…, in Arch. della R. Soc. romana di storia patria, IX (1916), pp. 429 s.; U. Gnoli, Alberghi ed osterie di Roma nella Rinascenza, Roma 1942, p. 98; G. Sacerdote, Cesare Borgia..., Milano 1950, ad Indicem;M. Bellonci, Lucrezia Borgia, Milano 1952, ad Indicem;G. B. Picotti, Ancora sul Borgia, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, VIII (1954), pp. 327, 328, 336; I. Maier, Ange Politien. La formation d'un poète humaniste (1469-1480), Gevève 1966, pp. 387-392.