BUGATTI, Carlo
Nacque a Milano il 16 febbraio 1856 da Giovanni Luigi, curiosa figura di studioso di architettura e di scienza, nonché scultore, e da Amalia Salvioni. Frequentò l'Accademia di Brera, dove divenne amico di Giovanni Segantini, che nel 1880 sposò sua sorella Luigia, chiamata Bice. S'interessò prima all'architettura, ma presto si dedicò esclusivamente alla progettazione e alla costruzione di mobili, campo in cui raggiunse una rilevanza ed una notorietà internazionali. I primi riconoscimenti li ebbe nel 1888, quando ricevette un diploma per mobili artistici all'Esposizione italiana a Londra, mobili che avevano suscitato un certo interesse, come provano le cronache dei giornali.
Tra le opere esposte, di particolare spicco fu un paravento (riprodotto nel londinese The Journal of Decorative Art)caratterizzato, come del resto gli altri lavori, dalla ricerca esasperata dell'originale, del pittoresco, soprattutto attraverso la decorazione esuberante e il ricorso alla varietà dei materiali, spesso inusitati, quali la pergamena.
In questi mobili appariva evidente, nonostante il B. lo negasse, l'influsso del gusto giapponese, allora assai diffuso, e in genere un'intonazione esotica, sia pur liberissima e difficilmente precisabile in esatti riferimenti stilistici. Ma dal clima vagamente orientaleggiante di questi inizi il B. ebbe a staccarsi negli anni immediatamente successivi con l'elaborazione di una serie di mobili nei quali seppe sviluppare modi radicalmente personali, che lo collocarono in una posizione non assimilabile a quella degli altri costruttori del tempo. Non rinunciò al tono esotico e all'insistito decorativismo, né attenuò la preferenza per forme inusitate o addirittura bizzarre, ma seppe risolvere i suoi intenti nell'invenzione di nuove strutture, non di rado singolarmente organiche e coerenti. Nacquero così i suoi lavori più noti, quali (negli anni tra il 1890 e il 1895) la sedia (Londra, coll. R. Denis) con la spalliera inclinata e raccordata alle gambe anteriori, asimmetriche nei confronti di quelle posteriori, e, più tardi, i mobili presentati all'Esposizione di Parigi del 1900, dove vinse la medaglia d'argento. È del 1901, e firmato, l'originalissimo scrittoio inscritto in una struttura rettangolare arieggiante costruzioni orientali (New York, Metropolitan Museum of Art, E. C. Moore Fund.: vedi Bull. ofthe Metropol. Museum, XXVIII[1969], p. 64). Il B. s'impose all'attenzione generale anche grazie al conseguimento di un diploma d'onore alla prima Esposizione internazionale d'arte decorativa e moderna di Torino del 1902, nella quale la ditta "C. Bugatti e C." espose arredamenti in quattro grandi sale (famosa e discussa quella poligonale, tutta ricoperta di pergamena, con grandi decorazioni circolari alle pareti e al centro un tavolo e quattro sedie contorte, oltre ad un grande divano a ferro di cavallo terminante in una turgida spirale che racchiudeva una vetrina per oggetti).
Ciò che risalta in tutta questa matura produzione, e particolarmente nelle sale per l'Esposizione di Torino, è la ricchezza fantastica, la tesa visionarietà, sempre risolte in una dimensione immaginativa indipendente che non scade mai nell'esercizio eclettico sugli stili (soprattutto orientali), dei quali pure la cultura figurativa del'B. era largamente nutrita. Tanta originalità lo portò a dar corpo ad opere non convenzionali, anche nelle strutture, ma inevitabilmente lo condusse ai margini del kitsch, che non di rado valicò, con accenti di una magniloquenza scenografica futuristica, nonché al disinteresse per l'individuazione di soluzioni non solo nuove, ma anche aderenti ai reali bisogni dell'uomo.
Questi caratteri sono alla base dei discordanti e spesso accesi giudizi dei contemporanei e dei critici d'oggi sull'opera del B. e certo ebbero il loro peso nel determinare le difficoltà che i suoi mobili - eseguiti artigianalmente e quindi molto costosi - incontrarono sul piano commerciale, contribuendo alla prematura decisione del B. di interrompere l'attività nonostante il successo conseguito anche fuori d'Europa (il B. aveva perfino rapporti con architetti ottomani, quali un Antonio Lasciac, che gli commissionò, intorno al 1900 [Cremona, p. 177], dei mobili per la residenza della madre del chedivè a Costantinopoli).
Poco dopo l'Esposizione di Torino, infatti, il B. cedette la fabbrica che aveva fondato a Milano (in via Marcona, 13) alla ditta De Vecchi - che continuò per qualche tempo a ispirarsi ai suoi modelli - e si trasferì in Francia; verso il 1910 si stabilì a Pierrefonds (Oise), dove fu sindaco negli anni della prima guerra mondiale. Vero artigiano eclettico, si dedicò negli ultimi anni alla pittura (nel 1910 espose un ritratto al Salon de la Société nationale di Parigi), oltre che a lavori in argento e altri metalli, talora con incrostazioni di madreperla o avorio: piccole anfore, vasi, piatti con animali o parti di animali (Rossi-Sacchetti). Morì nell'aprile 1940 a Molsheim (Alsazia), dove il figlio Ettore aveva fondato la celebre fabbrica di automobili (l'altro, Rembrandt, aveva seguito l'arte della scultura).
Bibl.: The Journal of Decorative Art, VII (1888), pp. 158 s.; The Artist, IX (1888), p. 246; The Cabinet Maker and Art Furnisher, IX (1888-89), pp. 85 s.; The Queen, LXXXIII (1888), n. 2, p. 751; Furniture and Decoration, XXXII (1895), pp. 73 s. (pubblica i mobili di E. Kopp, plagiati da quelli del B.); Arte ital. decorativa e industr., XI (1902), 6, p. 49; E. Aitelli, Esp. internazionale d'arte decorativa moderna…, in Natura ed arte, XI (1902), p. 760; Deutsche Kunst und Dekoration, XI (1902-03), pp. 125, 133-35; V. Pica, L'arte decor. all'Espos. di Torino del 1902, Bergamo 1903, pp. 362 s.; V. Rossi-Sacchetti, Rembrandt Bugatti,C. B. et son art, s.l. néd. (ma forse Paris 1907); I. Cremona, Discorso sullo stile liberty, in Sele Arte, I (1952), n. 3, p. 22; G. Segantini, G. Segantini pittore, Trento 1955, p. 17; V. Bini, L'Art Nouveau, Milano 1957. p. 111; I. Cremona, Il tempo dell'Art Nouveau, Firenze 1964, pp. 176 s.; L'épopée Bugatti, s.l. [ma Paris] 1966, p. 18-20, 35, 77; R. Bossaglia, Il liberty in Italia, Milano 1968, pp. 64, 91, 94; S. Jervis, C. B., in Arte illustr., III (1970), 34-36, pp. 80-87; Torino 1902…, a cura di F. R. Fratini, Torino 1970, passim;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlex., V, p. 205; Enc. Ital., VIII, p. 57; E. Bénézit, Dict. des peintres,sculpteurs,dessinateurs et graveurs, II, Paris 1955, p. 198.