BOSSI, Carlo
Nacque a Milano nel 1572 da Marcantonio, decurione della città e questore del magistrato straordinario, e da Angelica Longo.
Entrato nel 1593 nella Congregazione dei chierici regolari di s. Paolo, vestì nel luglio dell'anno successivo l'abito barnabita, e completò la sua preparazione culturale applicandosi in particolare a studi di oratoria, di greco e di latino, sotto la direzione di Cosimo Dossena, strenuo conservatore della disciplina regolare e anche cultore di lingue classiche e di studi umanistici. Oratore di sacra eloquenza e insieme esperto di procedure e negozi diplomatici, venne impiegato presto dal governo spagnolo in affari pubblici, prima sotto Giovanni de Mendoza Hinoyosa, quindi con don Pietro Alvarez de Toledo. Predicatore e consigliere, alla corte di Parma, del duca Ranuccio I (di cui si era accattivato il favore in occasione di alcuni negoziati fra il Senato di Milano e i Farnese), nominato con dispensa pontificia cavaliere dell'Ordine di Malta, il B. si trasferì a Roma dopo l'elezione di Urbano VIII; e sotto papa Barberini resse dal 1625 l'incarico di refendario di entrambe le Segnature. La protezione personale del pontefice e l'amicizia con numerosi cardinali filospagnoli gli sarebbero valse, anzi, la porpora cardinalizia, se egli non avesse rifiutato e preferito, nel 1643, ritornare a Milano per riprendere le osservanze del monastero.
Ma più che per la sua attività diplomatica e di curia il B. è noto per alcuni componimenti in latino e in volgare. Il suo primo lavoro, Carmina in laudem Urbani VIII, uscì a Roma nel 1626, come sembra far fede una versione sotto diverso titolo, ma sostanzialmente identica quanto al tema, Il Cantico delle Benedizioni nella Coronazione di N. S. Urbano VIII, pubblicato appunto nello stesso anno dallo stampatore romano Giacomo Mascardi. Presso il medesimo tipografo usciva in quell'occasione anche una Poesia in lode dell'inchiostro dedicata al sig. Georgio Coneo gentiluomo scozzese, che, sebbene non rechi l'indicazione precisa dell'autore, va attribuita senz'altro al B., il quale vi aveva accluso nella prima stesura manoscritta un'enciclica di Urbano VIII ai vescovi in data 25 marzo 1625. Manoscritti rimasero I cinque cigni nel giorno della Coronazione di Urbano VIII, composto sempre nel 1626 e conservato nella biblioteca del collegio di S. Barnaba a Milano, dove il B. si ritirò dopo il rientro da Roma; e un Inno in lode della Santa Vergine di Mongiovino, tra i fondi della stessa biblioteca milanese. Alcuni epigrammi del B. furono raccolti da un altro barnabita, Vincenzo Gallo, e stampate nel De Epigrammate (Milano 1632), mentre altri vennero inseriti nel Mondo simbolico (Milano 1653) di Filippo Piccinelli. Rimane memoria di altri lavori inediti del B.: da un Tractatus de rebus politicis al De Epistolis, al De Impresiis et Emblematibus, ai Commentaria in omnes fere Divinae Scripturae libros.
Il B. fu più un erudito nel senso comune del termine, attento e paziente ricercatore di iscrizioni e di memorie, maestro di oratoria conforme al gusto declamatorio delle corti e dell'aristocrazia ecclesiastica, che scrittore di sicura vocazione; così che la sua attività letteraria non ebbe a spingersi in pratica più in là dell'assolvimento di alcuni uffici celebrativi d'occasione o di una generica predisposizione e curiosità culturale. L'opera di appassionato e metodico raccoglitore di antichità, di documenti e di opere di cultura umanistica, di corrispondente con trattatisti e antiquari minori del suo tempo (dal Grillo al Guasco, al Ferrari, al Ciampoli) gli consentì peraltro di radunare, in vari anni, un vasto materiale di estrazione assai eterogenea, ma di un certo interesse bibliografico e giuridicoletterario, che rimase poi patrimonio dell'ordine barnabita milanese. Alla libreria del collegio di S. Alessandro egli fece, dono fra l'altro - unitamente a una raccolta molto ricca di testi e di manoscritti - anche di un reliquario di san Carlo Borromeo e di alcuni dipinti di valore.
Il B. morì a Milano il 1º nov. 1649.
Fonti eBibl.: Arch. General de Simancas, Estado Leg. 1901; G. P. Crescenzi, Anfiteatro romano, Milano 1647, p. 145; F. Argelati, Bibliotheca Scriptorum Mediolanensium, Mediolani 1745, I, col. CCXIX; F. Picinelli, Ateneo de' letterati milanesi, Milano 1760, p. 111; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1847-1848; L. Ungarelli, Bibliotheca Scriptorum e Congregatione Clericorum Regularium S. Pauli, Roma 1836, pp. 262-266; C. A. Villarosa, Not. di alcuni cavalieri del Sacro Ordine Gerosolimitano illustri per lettere e belle arti, Napoli 1841, p. 60; G. Colombo, Profili di insigni barnabiti, Crema 1870, pp. 86-88; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano..., Milano 1889-1893, II, p. 22; O. Premoli, Storia dei barnabiti nel Cinquecento, Milano 1913, pp. 356-358; G. Boffito, Scrittori barnabiti, I, Firenze 1933, pp. 312-313; P. Litta, Fam. cel. ital., I, tav. II.