BEOLCHI, Carlo
Nato ad Arona (Novara) nel 1796, studiò dapprima a Milano, poi nel collegio Borromeo di Pavia, dove conseguì la laurea in giurisprudenza nel 1817. Iscritto alla setta carbonara, prese parte ai moti costituzionali piemontesi del 1821. Si recò dapprima, su comando del comitato degli insorti, a Pinerolo, per sollevare le truppe colà stanziate, ma, giunto troppo tardi, tornò indietro e l'11 marzo 1821 fu con il gruppo di soldati, comandato dal capitano V. Ferrero, che occupò il borgo di San Salvario, dove fu proclamata la costituzione spagnola (l'episodio venne successivamente narrato dallo stesso B., Vittorio Ferrero, e il fatto di San Salvario nel 1821, Torino 1853); il B. seguì il capitano Ferrero ad Asti e ad Alessandria. Alla notizia del fallimento del moto, riuscì il 13 aprile, con l'aiuto del genovese A. Coppello, a entrare a Genova, nonostante la stretta sorveglianza istituita dal governatore Des Geneys; il giorno dopo si imbarcò, con molti altri esuli, sul brigantino "Licurgo", diretto in Spagna. Sbarcati a Barcellona, gli Italiani furono costretti a disperdersi, per l'intervento del governatore della città e per il sopravvenire di una epidemia; il B. si rifugiò in un piccolo borgo nei pressi della città. Gli esuli parteciparono attivamente alla vivace lotta politica che si svolgeva in Spagna, e allorché si delineò l'intervento francese, chiesero di battersi con le forze costituzionali: vennero quindi divisi in tre compagnie, nella prima delle quali, comandata da G. Pacchiarotti, prestò servizio il Beolchi.
Gli Italiani si distinsero in numerosi scontri, a Vich, Pineda, Tordera, Plan de la Calma, ma volgendo al peggio le sorti dei costituzionali, il B. e alcuni altri esuli, per evitare l'arresto, si imbarcarono su una nave svedese che li portò prima a Palma, quindi ad Alicante: di qui il B. si diresse a Cartagena, che ancora resisteva, e partecipò alla difesa della città; capitolata Cartagena il 2 nov. 1823, il 4 dello stesso mese si imbarcò per Gibilterra, dove sperava di trovare una nave che lo conducesse in America. A Gibilterra fu invece costretto a fermarsi parecchio tempo, in condizioni di estrema miseria, fino a quando, con l'aiuto di un certo Busetti, poté imbarcarsi per l'Inghilterra; dopo una sosta nell'isola di Jersey, sbarcò a Southampton il 24 marzo del 1824.
In Inghilterra il B. visse dando lezioni di lingua e di letteratura italiana. Dopo una breve permanenza a Portsmouth e nell'isola di Wight, si stabilì definitivamente a Londra, insegnando privatamente. Sempre a Londra, nel 1825, pubblicò un Saggio sulla poesia italiana, che gli dette una certa fama, e più tardi, nel 1839, Fiori poetici, una raccolta antologica di scritti letterari, da Dante al Manzoni, con molte notizie sulla vita e le opere dei singoli autori. Essendogli stata offerta la cattedra di letteratura italiana presso il King's College, la rifiutò per non abbracciare, come era obbligatorio, la religione protestante abiurando la cattolica, sebbene le sue convinzioni religiose non fossero molto profonde: insegnò più tardi italiano presso il Queen's College, per il quale non era necessaria l'appartenenza alla Chiesa anglicana. A Londra fu in contatto con la maggior parte degli esuli italiani, tra cui il De Meester, G. Prati, L. Porro, B. Albano e altri, tutti appartenenti alla vendita carbonara di Londra, cui anche il B. aderì. Già condannato a morte e alla confisca dei beni con regio decreto del 28 sett. 1821, il B. ottenne totale amnistia nel 1842; tuttavia egli tornò a Torino soltanto nel marzo 1850, a causa delle sue precarie condizioni di salute.
A Torino, il Cavour e il Mamiani gli chiesero consiglio sulla costituzione in Italia di collegi di istruzione femminile, sul tipo di quelli inglesi presso cui il B. aveva insegnato, ma poi la cosa non ebbe seguito. Dal 1857 al 1860 (VI e VII legislatura) il B. sedette al Parlamento come deputato della circoscrizione di Arona. Appartenne alla Sinistra e fu legato ad A. Brofferio, dal quale si afiontanò poi nel 1860.
Nel 1859, infatti, col Brofferio, G. Asproni e altri della Sinistra, il B. aveva fondato la Società costituzionale dei Liberi Comizi, che poi mutò il nome in Nazione armata, e che aveva programma unitario e monarchico: di essa egli stesso fu dapprima nominato presidente. Organo dell'associazione era Lo Stendardo italiano, diretto dal B. medesimo, e il cui primo numero uscì il 15 dic. 1859. La Società guidò le elezioni del 1860 in senso anticavouriano; al Cavour il B. rimproverava soprattutto la politica troppo acquiescente verso la Francia, nonché la mancanza di libertà interna: la sua opposizione, tuttavia, non giungeva alla violenza del Brofferio, che si sforzava di imporre al giornale collaboratori, quale F. D. Guerrazzi, che gli dessero una maggiore asprezza polemica. Di qui infiniti dissensi, conclusi con l'allontanamento del Brofferio dallo Stendardo italiano, e con la fine del giornale stesso poco tempo dopo, il 20 febbraio 1860. Queste vicende il B. narrò nei Brevi cenni intorno ai liberi comizi ed allo Stendardo italiano (Torino 1860). L'incidente, tuttavia, ebbe un seguito, poiché il B., attaccato da alcuni uomini del governo per il tono offensivo di alcuni articoli comparsi sul suo giornale, si difese dicendo di essere stato costretto a pubblicare articoli il cui contenuto egli non condivideva: il Brofferio, indignato, lo accusò a sua volta di falsità, con una lettera inviata il 24 marzo 1860 al redattore de Il Diritto; seguì una replica del B. (cfr. la Risposta alla dichiarazione dell'avv. Brofferio, Torino 1860).
In seguito, sofferente di salute, il B. si ritirò a vita privata. Morì a Torino il 5 giugno 1867. Illustrò le vicende degli esuli italiani in Spagna e in Inghilterra nelle sue Reminiscenze, uscite per la prima volta a Londra nel 1830, e dedicate a Carlo Bianco di Saint-Jorioz. Una nuova edizione, rielaborata e ampliata, coi titolo Reminiscenze dell'esilio, fu pubblicata a Torino nel 1853- Il B. scrisse anche Il Piemonte nel 1821 (Torino 1861).
Fonti e Bibl.: C. Cattanco, Epistolario, a cura di R. Caddeo, II, Firenze 1952, V. 96; III, ibid. 1954, pp. 234, 259; A. Vannucci, I martiri della libertà ital., Firenze 1873, I, pp. 249, 269, 271; A. Manno, Informazioni sul ventuno in Piemonte, Firenze 1879, p. 149; G. Mazzoni, L'Ottocento, II, Milano 1913, p. 988; F. Martini, Due dell'Estrema. Il Guerrazzi e il Brofferio, Firenze 1920, pp. 50 ss. e passim; G. Bustico, Dantisti e dantofili in Novara, Novara 1921, pp. 22-24; Id., Un profugo novarese del '21, C. B., Novara 1923; Id., Per la storia del giornal. anticavouriano a Torino. La figura di C. B., in Torino, XIV, 7 (1934), pp. 27-32; V. Cian, Dantismo vissuto, in Giorn. stor. d. letter. ital., LII (1934), pp. 166 s.; R. Rogora, L'aronese C. B. esule del '21 (da lettere inedite), in Boll. stor. per la prov. di Novara, XLIII, 1 (1953), pp. 14-19; P. Pieri, Storia, militare del Risorg., Torino 1962, pp. 106 s., 829; Diz. d. Risorzimento nazionale, II, p. 240.