BAUCARDÈ (Beaucardé, Bocardé, Boccardé, Boucardé, Bouccardé), Carlo
Nacque a Firenze il 22 apr. 1826 da padre francese, forse di nome Stefano il quale si trovava in quella città al servizio, come cuoco e poi amministratore (cfr. Gazzetta di Firenze, 23genn. 1845) del conte Orlov, il quale curò l'educazione del giovane Baucardé.
Il B. studiò dapprima con il maestro A. Marappi come baritono, esordendo nella parte di Aston nel duetto con Edgardo della Lucia di Lammermoor in un concerto tenuto a Firenze nella Sala del Buonumore; poi, dopo altre interpretazioni baritonali, consigliato dal direttore d'orchestra L. Viviani, trovò la giusta impostazione della sua voce che era di tenore, studiando con M. Casati, P. e C. Romani. Nel 1847 egli era già primo tenore nel Teatro della Piazza Vecchia di Firenze. Il 30 nov. 1848 riportò il primo vero successo nell'esecuzione del Poliutodi G. Donizetti al Teatro S. Carlo di Napoli, dove fu scritturato anche per la stagione 1849-50. A Napoli si distinse nelle donizettiane La Favorita (soprattutto per la difficoltà della parte trasportata di mezzo tono in tutte le scene con Leonora, che era impersonata dal soprano Eugenia Tadolini, invece che da un mezzo-soprano, come vuole quella partitura) e Maria di Rohan: la critica battezzava "Bouccardé... tenore di molto merito nei canti di grazia", ma di voce gutturale in quelli "di forza" (v. Gazzetta musicale di Milano, VIII [1850], n. 8, p. 31). Il 28 apr. del 1850 il B. "artista francese" (sic) esordiva con pieno successo a Londra nel Her Majesty's Theatre con Linda di Chamonix, seguita da I Puritani e La Tempesta diJ. Halévy, e partecipava anche al famoso concerto annuale di Julius Benedict. Nell'autunno cantò al Teatro Liceo di Barcellona nell'Attila di G. Verdi e nelle donizettiane La Figlia del Reggimento e Don Pasquale. Il 27 sett. 1851 era a Roma dove si rappresentava in prima esecuzione, per quella città, il Viscardello (Rigoletto)diVerdi. Il B. contribuì molto al successo di quest'opera, ottenendovi un vero trionfo, che si ripeté anche per Il Pirata di Bellini. Il 25 dicembre dello stesso, anno egli eseguì al Regio di Torino il Camoëns di G. Sanelli, che non si addiceva affatto alla sua voce, e ancora cantò nell'applauditissimo Rigoletto. Dopo i successi di Roma, l'impresario B. Merelli lo aveva scritturato per cantare a Vienna insieme con famosi artisti, fra cui il soprano Augusta Albertini, che più tardi il B. sposerà. A Vienna, tuttavia, egli non ebbe fortuna: frequenti indisposizioni gli permisero di cantare solo due volte nella Linda di Chamonix e da questo momento lunghi periodi di malattia si alternarono con stagioni di trionfi.
Rientrato in patria, il B. ottenne ancora successo al Teatro dei Floridi di Livorno l'8 ag. 1852 con il Rigoletto, tanto che Verdi lo accettò come primo Manrico ne Il Trovatore, che doveva rappresentare al Teatro Apollo di Roma il 19 gennaio 1853.
Il B. vi cantò "con lodevolissimo impegno" e contribuì al buon successo dell'opera, distinguendosi soprattutto nella "cabaletta della pira" e mettendo in rilievo le bellezze del quarto atto, che fece subito furore.
Passata la stagione di Quaresima 1853 a Torino, dove s'incontrò di nuovo con l'Albertini, il B. tornò in Toscana per farvi conoscere Il Trovatore, ormai divenuta una delle opere preferite del suo repertorio, che cantò dapprima al Teatro Carlo Ludovico di Livorno a fianco di E. R. Penco, poi, insieme con l'Albertini, al Teatro della Pergola di Firenze. Fu in questa occasione che, spinto, forse dal frenetico consenso del pubblico, il B. emise, nella romanza della "pira", il famoso do di petto alle parole "teco almeno" divenuto quasi d'obbligo per gli interpreti successivi.
Il Gara (1951) dice con ragione che Verdi "lasciò correre", ma del B. e della sua consorte non volle più saperne, anzi rifiutò l'Albertini come interprete dell'Aroldo, quando presentò quest'opera in prima esecuzione al teatro di Rimini il 16 ag. 1857. Comunque, mentre a Milano e a Trieste Il Trovatore non piacque e venne accolto piuttosto freddamente, le varie cronache della stagione fiorentina - in cui si alternarono due fra le opere più congeniali al B., Il Trovatore e La Favorita - furono veramente assai favorevoli; ma anche in mezzo a tanto entusiasmo non mancò una piccola polemica fra il critico L. F. Casamorata, che aveva rilevato la mancanza di buona scuola nel B., e il giornale fiorentino L'Arte, che lo difendeva.Finita la stagione fiorentina il 17 nov. 1853 con un'opera nuova, il Gastone di Anversa di Pollione Ronzi - di buon successo, ma che non ebbe seguito di rappresentazioni -, il B. interpretò di nuovo Il Trovatore e la Lucrezia Borgia di G. Donizetti al Teatro Apollo di Roma. Richiesto come Manrico a Torino, Reggio Emilia, Bologna, Udine (dove ottenne gran successo anche ne I Puritani), Treviso e Verona, fu poi scritturato dal Teatro Italiano di Parigi, dove Verdi stesso presenziò alle prove. Il B. ottenne un successo clamoroso; l'opera venne, infatti, ripetuta per venticinque sere, dal 23 dic. 1854 in poi. Durante il soggiorno parigino il B., instancabile, partecipò anche ai concerti dati dalla sua compagnia, e interpretò la Lucia di Lammermoor, gli Arabi nelle Gallie di G. Pacini e I Puritani, in una lunga stagione che lo occupò fino all'aprile del 1855. Cantò poi con la moglie a Genova e a Bologna. Ma, col finire del 1855, ebbe termine anche il periodo di trionfi: ai primi di dicembre, infatti, una scrittura per il Teatro Gallo di Venezia fu perduta per un malessere, che non ebbe credito, dell'Albertini, mentre a Verona, dove i due cantanti avrebbero dovuto inaugurare il 27 dicembre al Teatro Filarmonico la stagione invernale con la Lucrezia Borgia, siammalò il Baucardé. L'impresa del teatro protestò e il B. e sua moglie ripiegarono sul loro cavallo di battaglia, Il Trovatore; il B., sebbene con voce "ancor più velata e oscura del solito", riuscì a imporsi per l'accento commovente e vero, riconciliandosi col pubblico. Dopo essersi lodevolmente cimentati nella Giovanna di Guzman (I Vespri siciliani), i coniugiconclusero la loro permanenza a Verona il 20 marzo 1856 con un grande concerto, a cui partecipò anche il celebre violinista A. Bazzini. Di ritorno a Firenze per cantare I Vespri siciliani al Teatro Pagliano, l'Albertini s'impose con la sua bella voce, mentre la critica notò nel B. una prestazione inferiore al passato. Partiti poco dopo per Londra, i due cantanti non riuscirono ad accontentare il pubblico del Her Majesty's Theatre e l'impresario B. Lumley, che li aveva scritturati, a stento, dopo molte controversie, si decise a pagar loro cinquecento sterline per le cinque volte che avevano malamente cantato. Al ritorno in patria il B., ebbe ancora meno voce e questo affievolimento, si accentuò sempre più nel 1857: al Teatro Apollo di Roma l'opera nuova di E. Petrella, Elnava, cadde per colpa del B. e l'Ernani fu accolto con tiepido successo, mentre La Punizione di G. Pacini riuscì appena a salvarsi da una solenne caduta. Rientrati a Firenze, dove il buon ricordo e la stima un tempo acquisita non erano ancora spenti, i coniugi B. parteciparono a un grande concerto in onore di Pio IX, in visita a quella città; poi, al Teatro della Pergola, cantarono I Vespri siciliani e Il Trovatore. Il successo non mancò e l'anno 1857 si chiuse con migliori speranze, tanto più che il B. era stato richiesto dal Teatro S. Carlo di Napoli e l'Albertini scritturata alla Scala di Milano, dove, oltre ai Vespri Siciliani e alla Giovanna d'Arco di G. Verdi si sarebbero eseguite due opere nuove: la Ione del Petrella e il Berengario di V. Lutti. Ma il B. dovette ritirarsi da Napoli, perché indisposto e senza voce. Nella primavera del 1858 al Teatro Regio di Torino egli riuscì ad avere ancora successo con Il Trovatore e I Lombardi alla prima crociata; poi con l'aiuto della moglie, aprì la stagione della fiera di Udine cantando I Vespri sicilíani, Lucrezia Borgia e I due Foscari di Verdi; l'anno 1858 terminò passabilmente a Rovigo, dove il B. e sua moglie si prodigarono nelle opere consuete e più sicure del loro repertorio verdiano. Nel 1859 essi accettarono una scrittura per l'Academy of Music di New York, ma non piacquero agli Americani. Rientrati in patria, la loro carriera volse definitivamente al declino. Ritiratisi a Firenze, dove vissero in grande ristrettezza, il B. cantò ancora una volta come baritono nell'Ernani al Teatro Pagliano nel 1883 (poco prima di morire e, come riporta il Gara, fu uno "spettacolo pietoso"), mentre l'Albertini si diede all'insegnamento del canto. A Firenze il B. morì il 22 genn. 1883.
Il B. fu soprattutto un artista istintivo, un ricercatore di effetti, ma anche un sincero e innamorato cultore della melodia, tenore di grazia e non di forza, come già dall'inizio della carriera lo aveva battezzato la critica napoletana; egli fu caro alle folle in particolar modo, anche se troppe volte soggetto ad abbassamenti di voce e a indisposizioni, quindi discontinuo. L'Albertini, artista di ben altra tempra, ambiziosa e fiera, quanto brava e sicura di sé, lo influenzò non poco, aiutandolo e spronandolo, ma forse anche obbligandolo a continuare una carriera da cui avrebbe dovuto desistere prima che la voce gli divenisse troppo cupa e velata.
Fonti e Bibl.: La Patria, 5 nov. 1847; Gazzetta di Firenze, 8 genn. 1848; Gazzetta musicale di Milano, dal 1847 al 1858, passim; Il Genio, dal 19 ag. 1853 al 10 genn. 1854, passim; F. H. J.Castil-Blaze, Théâtres lyriques de Paris - L'Opéra Italien de1548 à 1856, Paris 1856, pp. 450, 462, 465; G. Monaldi, Pietro Rovani e il tenore B., in Il Messaggero, 23 febbr. 1930; P. Arrigoni - A. Bertarelli, Ritratti di musicisti ed artisti di teatro... Catalogo descrittivo, Milano 1934, p. 23; A. Luzio, Carteggi verdiani, I, Roma 1935, p. 13; E. Gara, Gli interpreti, in Giuseppe Verdi, Milano 1951, p. 173; Id., C. B., in Encicl. d. Spettacolo, II, coll. 58 s.; C. Schmidl, Diz. universale dei musicisti, I, p. 130; Diz. Ricordi della Musica e dei Musicisti, Milano 1959, p. 117.