BARAVALLE, Carlo
Nato il 21 genn. 1826 a Como, studiò a Milano e poi a Gorla Minore, dove fu allievo di Giuseppe Sirtori, ancora sacerdote. In seguito si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza nell'università di Padova. Per aver partecipato a moti studenteschi nel 1848 fu arrestato e escluso da tutte le università dell'impero austriaco.
Seguitò comunque a studiare privatamente e si dedicò alla letteratura e alla satira in particolare, verso la quale lo portavano il suo carattere, l'educazione ricevuta e le vicende personali. Oltre a tradurre dal francese le satire del Boileau, ne compose egli stesso di argute e vivacissime, dall'ispirazione moralistica affine a quella del Parini, che gli valsero larga popolarità, sotto lo pseudonimo di Anastasio Buonsenso.
Esse furono pubblicate, spesso sfidando la censura austriaca per la massima parte in vari periodici nulanesi, come Il Pungolo illustrato, diretto da Leone Fortis, L'uomo di pietra, Cosmorama, Quel che si vede e non si vede, Solitudine.
Le prime satire in versi apparvero nel 1856 sul Pungolo: I Fannulloni, La Borsa, Le Odierne Magie. Seguirono nel 1857: La Mantenuta e Satire in versi; negli anni seguenti altre liriche moralistiche o patriottiche apparivano, oltre che sui periodici, su opuscoli e pubblicazíoni d'occasione, oggi introvabili. Solo talvolta il B. le raccoglieva in volume, come Cosette del core (Milano 1863) e Sonetti (Milano 1865).
In esse quasi sempre l'ispirazione educativa e politica prevale, a danno della finitezza formale; le sue doti di verseggiatore arguto sono soffocate in una produzione disorganica e frettolosa, spesso improvvisata. La letteratura cessò ben presto di essere la sua sola occupazione, poiché, dopo la liberazione della Lombardia, T. Mamiani, ministro della Pubblica Istruzione, gli offrì la cattedra di letteratura nei licei di stato.
Il B. insegnò a Milano in vari licei (quindicianni al Beccaria), all'Accademia di lettere e scienze, al politecnico, alla scuola agraria e in collegi privati: dovunque svolse un'apprezzata attività di educatore. Per due anni fu anche consigliere comunale e assessore per l'istruzione superiore, ma rifiutò poi di essere rieletto, per non transigere coi propri princìpi, schiettamente democratici e anticlericali.
Dopo un periodo di relativo silenzio, dovuto a queste molteplici occupazioni, tornò all'attività poetica, con Una parabola (1874), Un'ora serena (1877), La leggenda della pellagrosa (1878), La leggenda del maestro rurale (1879), Capricci satirici (1882), Fioretti educativi di un vecchio maestro (1891), composizioni in versi apparse a Milano su giornali o in opuscoli.
In queste opere, ancora di tono educativo sociale, ma spesso di stanca ispirazione, avvertiamo il suo carattere integro, nemico di ogni ipocrisia, piuttosto incline alla solitudine e diffidente verso gli aspetti moderni della società.
Nel 1896 si era ritirato dall'insegnamento ufficiale; continuò la sua opera solo in qualche collegio femminile fino alla morte, avvenuta l'11 febbr. 1900 a Milano.
Della sua dispersa produzione, gran parte fu raccolta da L. Corio (direttore del periodico milanese La famiglia e la scuola al quale, nel 1876, il B. aveva collaborato) nel volume Pagine sparse, da lui pubblicato, con altri, a Milano nel 1903.
Bibl.: A. De Gubernatis, Diz. biogr. degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, pp. 94-95; F. Cameroni, C. B. educatore e scrittore, in La Vita internazionale, VI (1903), p. 339; Pagine sparse di C. B., a cura di T. Massarani, L. Corio e G. Weiss, Milano 1903 (cfr. la prefazione Cenni critico-biografici, alle pp. I-LIX); T. Massarani, Anastasio Bonsenso, in Nuova Antologia,16 febbr. 1903; B. Croce, La letteratura della nuova Italia, V, Bari 1950, pp. 215 s.; Diz. del Risorgimento Naz., II, p. 169; Enciclop. Ital., VI, p. 111.