ARIENTI, Carlo
Pittore. Il Mazzini, da Londra, nel 1841, nel suo saggio francese sulla pittura in Italia scriveva: "C. A. milanese è tanto più degno di meraviglia in quanto che, prima di giungere a farci stupire con la sua Virginia, con la Morte di Rizzio, con la Beatrice Tenda, con la Donna greca che stringe la spada in difesa del figlio e con la Morte di Bernabò Visconti (quadri tutti apparsi sotto gli auspici della scuola moderna), egli passò per tutti i gradi del classicismo, dell'imitazione servile e del manierato. Né siede in quel posto che per virtù d'una rara costanza nel rifiutare, acceso di volontà e di patriottismo, ogni anteriore sua fatica dovuta ad altre esigenze dei tempi". Ma il Mazzini vedeva nella pittura, prima che l'arte, la patria. L'A. nacque ad Arcore in Brianza, il 21 luglio 1801, e suo padre botanico fu nel 1809 chiamato a Mantova dal Governo italico a dirigere le piantagioni di quei reali possessi. Nel Palazzo ducale e nel Palazzo del re l'Arienti cominciò a darsi all'arte, copiandone a matita gli affreschi insigni. Nel 1814, mortogli il padre, andò a Milano; il Sabatelli lo accolse a Brera, un mecenate gli diede una magra pensione, con la quale poté dal '24 al '28 vivere a Roma. Tornato a Milano, dopo grandi strettezze, poté vendere al governatore conte Harbing la Donna greca, nel 1833, e ottenere di dipingere pel marchese Visconti la Morte di Bernabò, pel conte Porro Schiaffinati la Congiura dei Pazzi, per l'imperatore Ferdinando I La strage degl'innocenti e i chiaroscuri che per la venuta di lui a Milano coprirono nel salone delle cariatidi a Palazzo reale gli affreschi napoleonici dell'Appiani; infine, per Carlo Alberto, l'Amedeo VIII. Questo quadro gli permise di passare dall'Accademia di Brera, dove già suppliva il Sabatelli, all'Accademia Albertina di Torino, nel 1843, come titolare di pittura. E per lo stesso Carlo Alberto nel 1845 dipinse il Barbarossa, che è ancora nel Palazzo reale di Torino e dove egli ritrasse sé stesso nella figura di Galiando Aulari col berretto rosso in testa. Quest'acconciatura, si dice, lo mise in sospetto presso la polizia politica; ed egli, già delicato e timido di natura, più s'immalinconì, dandosi a quadri di soggetto sacro, come gli Angioli del Calvario, più pallidi e grigi e falsi che mai. Il solo degli allievi torinesi dell'A. poi venuto in fama fu Enrico Gamba. Nel 1860 andò a dirigere l'Accademia bolognese di belle arti, allora ricostituita. Portò con sé un monte di tele di soggetto classico, medievale, religioso, finite e da finire. Ma a Bologna, dove pure trovò conforto di fedeli amicizie, primo il poeta Luigi Mercantini professore d'estetica, lavorò poco. Due tele, la Barca di Caronte e Un episodio della Lega Lombarda, dipinse per re Vittorio Emanuele, e crediamo siano ancora al Quirinale. Nel 1869 fu colto da emiplegia; morì il 21 marzo 1873. Nel camposanto bolognese è sepolto accanto alla sua seconda moglie, Lorenzina Pisani. Agli Uffizî è il suo autoritratto.
Bibl.: C. Masini, Vita del comm. Carlo Arienti pittore della R. Casa, Bologna 1873; G. Rovani, Le tre Arti, Milano 1874.