VERCELLONE, Carlo Antonio (in religione Carlo Giuseppe)
– Nacque a Sordevolo, nella diocesi di Biella, il 10 gennaio 1814, figlio di Giovanni; non è noto il nome della madre.
Nel 1829 chiese di entrare nella congregazione dei Chierici regolari di S. Paolo, detti barnabiti, nel collegio di S. Dalmazzo a Torino e fu inviato al noviziato di S. Bartolomeo degli Armeni a Genova, dove il 3 novembre dello stesso anno vestì l’abito religioso e mutò il proprio nome in quello di Carlo Giuseppe, mentre il 4 novembre 1830 professò i voti solenni. Rientrato a Torino per gli studi filosofici, vi rimase fino all’ottobre del 1832 e poi fu destinato a Roma, dove compì gli studi teologici e, dove, sotto la guida dell’egittologo barnabita Luigi Maria Ungarelli, si dedicò in particolare allo studio delle lingue orientali e alle ricerche bibliche. Il 18 aprile 1835 fu ordinato suddiacono e il 14 ottobre dello stesso anno tornò a Torino, dove era stato destinato come lettore di teologia per gli studenti barnabiti. Il 28 maggio 1836 fu ordinato diacono e il successivo 17 luglio venne ordinato sacerdote nella chiesa torinese dell’Immacolata dal cardinale Placido M. Tadini, arcivescovo di Genova, che aveva già conosciuto il religioso e aveva come segretario il fratello del barnabita, don Ambrogio Vercellone. Nell’ottobre dello stesso anno Tadini presentò il barnabita al re Carlo Alberto per la cattedra di Sacra Scrittura e di filologia ebraica all’università di Genova, ma il padre generale si oppose, avendolo destinato come insegnante di teologia al collegio di S. Alessandro ad Alessandria. L’anno successivo passò con lo stesso incarico allo studentato del collegio del Gesù di Perugia, con tanto di leges e con l’impegno di elaborare almeno due ricerche scritte all’anno, da leggersi in tornate accademiche plenarie. Nell’ottobre del 1839 fu inviato al collegio-convitto Maria Luisa di Parma come direttore spirituale e nell’ottobre del 1843 riprese l’ufficio di insegnante di teologia a Torino. L’anno successivo passò al collegio dei Ss. Biagio e Carlo ai Catinari di Roma, dove ricoprì l’incarico di superiore dal 1847. A lui si devono i diari con le testimonianze della forzata coabitazione nella città eterna tra i barnabiti e i garibaldini durante il breve periodo della Repubblica Romana tra l’aprile e il giugno del 1849. Nel 1850 il capitolo generale della congregazione lo elesse assistente generale e fu vicario generale durante l’assenza da Roma del preposto generale Luigi Maria Albicini. Nel capitolo generale del 1853 fu eletto procuratore generale e continuò a mantenere l’insegnamento nelle scienze sacre. Fu confermato nella carica fino al 1859, anno in cui fu chiamato a ricoprire anche l’incarico di cancelliere generale. Divenne membro delle accademie di archeologia e di religione cattolica Arcadia e Tiberina, e nel luglio del 1850 fu annoverato tra i consultori della sacra congregazione dell’Indice.
In seguito a un parere ricercatogli segretamente da papa Pio IX e accolto molto favorevolmente, il 20 gennaio 1859 fu nominato scrittore onorario della Biblioteca Vaticana e l’8 marzo 1860 fu chiamato a prendere parte a una commissione costituita appositamente per l’esame degli errori vigenti a quel tempo. Il 12 aprile 1861 il prefetto della sacra congregazione degli Studi lo chiamò a far parte del Collegio filologico dell’Università romana e il 6 gennaio 1862 fu annoverato tra i consultori della congregazione speciale di Propaganda Fide per i riti orientali. Lasciò l’ufficio di procuratore generale dell’ordine nel capitolo generale del 1865 e alla fine dello stesso anno ricevette la patente di professore onorario dell’Università di Vienna.
La sua attività nel campo degli studi fu varia e iniziò presto. Già il 23 settembre 1835 fu chiamato a presiedere un atto dell’Accademia Gerolimiana, recitandovi la prefazione e un’orazione alla presenza del cardinale Luigi Lambruschini e di monsignore Giuseppe Gasparo Mezzofanti; e mentre era direttore spirituale nel collegio di Parma ebbe l’opportunità di studiare i codici ebraici della raccolta di Giambernardo De Rossi e scrisse Sopra l’epoca della prima origine e varietà delle lingue del dott. Giambernardo De Rossi contro Vitringa (Roma 1840), trattò Della storia d’Italia ad uso delle scuole. Parte I: contenente alcuni cenni sui più antichi popoli d’Italia e dalla fondazione di Roma all’istituzione della Repubblica (Parma 1842).
Diverse sono le recensioni dovute alla sua penna negli stessi anni e in campo filologico produsse articoli e dissertazioni. Nel campo della storia antica il 5 luglio 1862, in una seduta dell’Accademia dell’Arcadia nella sala della protomoteca capitolina, lesse un discorso sulla presenza dei ss. Pietro e Paolo a Roma.
Si conserva inoltre un suo parere richiestogli dalla S. Sede sul libello Il mechitarista di Venezia (Venezia 1852); per la congregazione dell’Indice stese due voti favorevoli, uno alla traduzione francese del Nuovo Testamento fatta da Jean-Baptiste Glaire (7 gennaio 1860) e l’altro alla traduzione francese di una parte dell’Antico Testamento, cioè dal libro della Genesi al IV libro dei Re (10 maggio 1862). Mentre il 12 luglio 1860 tenne un discorso sulla Histoire generale des langues semitiques di Ernest Renan, in cui confutò alcune delle affermazioni del critico francese; e nel 1867 pubblicò in «Omaggio cattolico ai Principi degli Apostoli» il De novo quodam errore per Pium IX Pont. Max. profligando. Phaleucion.
Spese però le maggiori energie nell’ambito della Sacra Scrittura. Dal 1851 aveva iniziato a trattare le questioni della Volgata e della versione greca della Bibbia nelle avvertenze Sulla genuina edizione della Bibbia Volgata (Roma 1851) e Sulla genuina edizione della Bibbia Volgata e su quella pubblicatasi in Torino da Giacinto Marietti (Torino 1852). Sullo stesso argomento scrisse inoltre diverse dissertazioni.
In questo contesto si colloca nel 1857 l’edizione per ordine di Pio IX dell’opera del cardinale Angelo Mai, H PAΛAIA KAI KAINH ΔIAƟHKH Vetus et Novum Testamentum ex antiquissimo codice vaticano (o Codice Vaticano B), composta sotto gli auspici di Leone XII e stampata tra il 1828 e il 1838, ma non pubblicata per la morte di Mai, a cui Vercellone pose mano e aggiunse una dotta prefazione in forma di lettera al lettore, pubblicata a parte nel 1859. Vercellone non dissimulò i difetti dell’opera, per altro riconosciuti a suo tempo dallo stesso cardinale, e la corresse, attingendo alle note dell’autore stesso. Ciò portò nel 1868 all’edizione del primo di sei volumi del Bibliorum sacrorum graecus Codex Vaticanus, auspice Pio IX [...] editus, in collaborazione con il monaco basiliano Giuseppe Cozza-Luzi. Il secondo volume (Genesis-Josue) seguì nel 1869, poco prima della morte del barnabita, e gli altri nel 1870, 1871, 1872 e 1881, che furono preparati da Cozza-Luzi con la collaborazione del barnabita Gaetano Sergio e poi del canonico Enrico Fabiani. L’opera trovò un acerrimo censore nel teologo e filologo Konstantin von Tischendorf e attirò le severe riserve del filologo Karl Krumbacher.
Per altro, nel 1858 Vercellone aveva avviato la stampa della sua opera maggiore, che gli valse l’elogio di papa Pio IX: le Variae lectiones Vulgatae latinae editionis Bibliorum.
Fornita di eruditi prolegomeni, l’opera raccoglieva dagli antichi codici le lezioni varianti all’edizione sisto-clementina della Volgata e rappresentava perciò un preludio e una preparazione all’edizione critica della stessa Volgata. Un primo volume comprendeva le varianti del Pentateuco (edito nel 1860) e un secondo volume raccoglieva le varianti presenti nei libri di Giosuè, Giudici, Ruth e i quattro libri dei Re (edito nel 1864). L’opera fu interrotta dalla morte dell’autore, mentre del volume III erano già stati stampati – ma non pubblicati – i primi otto capitoli del I Libro delle Cronache, e i capitoli IX e X furono preparati da Sergio.
Un frutto di questa fatica fu la Biblia sacra Vulgatae editionis, pubblicata da Vercellone nel 1861. Furono i benedettini a riprendere e ampliare l’opera di Vercellone, incaricati a ciò da una delibera della Pontificia Commissione Biblica, approvata da papa Pio X nel 1907 con la conseguente costituzione della Commissione per la revisione della Volgata.
I suoi contributi in campo biblico vennero pubblicati in varie riviste e parte di essi fu da lui raccolta nelle Dissertazioni accademiche (Roma 1864).
Sarebbe ingiusto misconoscere il contributo dato da Vercellone nel campo degli studi storici, liturgici, eruditi o filosofici; e proprio con la filosofia ebbero a che fare in gran parte i ‘voti’ – molti dei quali sono andati persi – richiestigli dalla congregazione dell’Indice, tra cui quelli sulle opere di Vincenzo Gioberti e di Antonio Rosmini.
Nel campo più particolare della storia e della letteratura dell’ordine religioso di appartenenza redasse una Biografia di P. Ungarelli B (Roma 1845), tenne nel 1846 un discorso su alcuni scritti inediti dello stesso e si occupò della prefazione e dell’apparato critico delle Praelectiones de Novo Testamento et historia Vulgatae Bibliorum editionis a Concilio Tridentino (Roma 1847) sempre di Ungarelli. Così come curò l’edizione della Historia Congregationis di Antonio Gabuzio (Roma 1852) e pose mano a raccogliere e a ordinare in cinquanta volumi i manoscritti del cardinale Giacinto Sigismondo Gerdil, dandone alle stampe alcuni. Dello stesso affrontò le Institutiones philosophicae, sia in una dissertazione nel 1851 sia in un suo studio del 1867 e tenne un discorso su Gli ultimi quattro anni della vita del Card. Giacinto Sigismondo Gerdil (Roma 1863). Stese alcuni Cenni della vita del R. P. D. Sebastiano Colomme B (Milano 1857) e curò l’edizione del De officio et moribus commentariolum B. Alexandri Saulii (Roma 1866).
Nel 1866 Pio IX avrebbe voluto crearlo cardinale, ma il barnabita, di natura schivo e riservato, ricusò umilmente tale onore, richiamando l’attenzione del papa sul confratello Luigi Maria Bilio, che venne nominato al suo posto. Eletto nuovamente assistente generale nel capitolo generale del 1867, fu chiamato a ricoprire incarichi importanti nei lavori preliminari del Concilio ecumenico Vaticano I, convocato il 29 giugno 1868. La morte lo colse nei Ss. Biagio e Carlo ai Catinari a Roma il 19 gennaio 1869, all’età di cinquantacinque anni.
Altre opere. Collegii Litterati Paulliani Leges, Perusiae 1839; Lettere di S. Carlo Borromeo a Carlo Emanuele I. Con introduzione, in L’Armonia della Religione colla Civiltà, ottobre 1857.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico dei Barnabiti, ms. d X1 9, Stato Personale della Congregazione dei Chierici Regolari di S. Paolo dalla elezione del R.mo Padre Generale D. Luigi Albicini fatta il XXIX aprile MDCCCLIII fino al dì VII settembre MDCCCLXI, vol. I, pp. 84-84bis; Fondo Vercellone-Roberti, ms. G. Roberti, Vita del P.D. Carlo Vercellone.
A. De Niccolini, In morte del p. C. V. barnabita, Livorno 1869; G.M. Sergio, Notizie intorno alla vita ed agli scritti del P.D. C. V. della Congregazione de’ Barnabiti, Roma 1869; L. Biginelli, Biografia del P. V., Torino 1870; G. Colombo, Profili biografici di insigni barnabiti, Lodi 1871, pp. 8-10; L.M. Levati - I.M. Clerici, Menologio dei Barnabiti, I, Genova 1932, pp. 198-201; G. Roberti, Delle cose accadute nel Collegio dei SS. Biagio e Carlo a’ Catinari nei giorni della Repubblica Romana, 9 febbraio-2 luglio 1849, e di una cronaca manoscritta del P. C. G. V., Roma 1935; Id., Una luminosa gloria del Biellese. Il P.D. C. G. V., in Illustrazione biellese, V, 2, febbraio 1935; G. Boffito, Scrittori Barnabiti o della Congregazione dei Chierici Regolari di San Paolo, 1533-1933. Biografia, bibliografia, iconografia, IV, Firenze 1937, pp. 162-175; S. Pagano, C. V. e la condanna delle opere di Vincenzo Gioberti, in Barnabiti Studi, IV (1987), pp. 7-62.