PILATI, Carlo Antonio
Scrittore politico, nato da famiglia italiana a Tassullo (Trento) il 28 dicembre 1733, ivi morto il 27 ottobre 1802. Studiò in Germania, a Salisburgo, a Lipsia, a Gottinga, dedicandosi particolarmente al diritto e alla storia. Ma attinse molto anche alla cultura italiana, alla tradizione del Machiavelli e del Sarpi e, tra i contemporanei, al pensiero del Muratori e del Genovesi. Tra gl'illuministi francesi predilesse Montesquieu. Dal 1758 al 1767, salvo brevi intervalli, visse a Trento.
Maturano in quegli anni le prime opere, L'esistenza della legge naturale impugnata e sostenuta (Venezia 1764) e i Ragionamenti intorno alla legge naturale e civile (ivi 1766), che dimostrano come il P. avesse mentalità giuridica più che vero ingegno filosofico. Era soprattutto un assimilatore: sensibile alle idee nuove che si agitavano nell'Europa settecentesca, le studiò, le amò, e divenne un apostolo della libertà religiosa e del progresso civile. La libertà religiosa è l'idea ispiratrice dell'opera che gli diede maggiore fama (Di una riforma d'Italia, Venezia 1767), ma che venne subito condannata dalla Chiesa. In questo scritto e nelle Riflessioni di un Italiano sopra la Chiesa (1768) emergono i tratti principali del pensiero politico del P.: subordinazione della Chiesa allo Stato, soppressione delle fraterie e dei privilegi ecclesiastici, istruzione del laicato. Nelle Riflessioni, come più tardi nella Hist. des révolutions (L'Aia 1782), vi è anche un tentativo d'indagine storica per dimostrare l'origine tutta umana di quelle istituzioni ecclesiastiche che si volevano abolite.
Nel 1767 il P. si trasferì a L'Aia, e poi a Coira, ove fondò un Giornale letterario, che doveva essere un veicolo di cultura europea, a Venezia, a Berlino presso Federico II. Ma il suo radicalismo gli creava dappertutto difficoltà. La vita errabonda continuò; ma ritornato in patria nel 1779 finì col trovarsi legato alle vicende della sua terra. Partecipò vivamente alle contese tra il partito vescovile e quello consolare, pose al servizio del secondo il suo anticurialismo, propugnò riforme anche scolastiche e giudiziarie. Più tardi, quando Bonaparte occupò il Trentino (1796), si schierò con i Francesi; ma ne rimase deluso e scontento.
Alcuni caratteri dell'opera del P. sembrano accostarlo ai giansenisti italiani; ma giansenista non fu; partecipò invece di quel movimento massonico che dall'Austria, attraverso la valle atesina, s'infiltrò in Italia, recandovi l'impronta della politica giuseppina e delle dottrine febroniane. Ma nel P. non c'è solo il propagatore dei lumi e del cosmopolitismo settecentesco; da quell'involucro si enucleano, gradualmente, una coscienza italiana e un pensiero nazionale.
Bibl.: F. Pasini, Cadendo il principato. Causa Pilati-Gervasi-Thun, in Annuario degli studenti trentini, 1900; Brol, P. a Venezia, in Pro cultura, III (1912); IV (1913); M. Rigatti, Un illuminato trentino del secolo XVIII: C. A. P., Firenze 1932.