GONDI, Carlo Antonio
Nacque a Firenze il 24 luglio 1642 da Giovan Battista e da Maria Maddalena Buonaccorsi. Il padre, capo della segreteria di Stato e membro del Consiglio segreto del granduca, era stato a lungo ambasciatore residente in Francia, paese con cui i Gondi avevano forti legami, specie da quando, nella seconda metà del Cinquecento, un ramo della famiglia vi si era stabilito divenendo poi molto influente a corte. Nel 1660 il G. fu emancipato dal padre e poco dopo decise di abbracciare lo stato ecclesiastico. A metà del febbraio 1664 Alessandro VII gli conferì un canonicato nella chiesa metropolitana di Firenze, vacante per la morte di Girolamo Fiorini. Fu poi abate; secondo il Corbinelli (p. 139) - la fonte più informata in quanto direttamente ispirata dal G. - questo titolo, conferitogli da Clemente IX con bolla del 20 maggio 1675, gli venne da una commenda su un'abbazia nella diocesi francese di Ossune; ciò tuttavia contrasta con il fatto che la lettera di istruzioni con la quale nel 1671 fu inviato in Francia come ambasciatore residente lo designava già come "abate Gondi" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, filza 2662). In seguito egli ricalcò quasi pedissequamente le orme del padre, essendo stato a lungo ambasciatore residente in Francia per il granduca di Toscana, poi segretario di Stato e membro del Consiglio segreto dello stesso granduca.
La sua carriera diplomatica iniziò il 3 ott. 1671, quando Cosimo III lo inviò in Francia come ambasciatore residente presso quella corte in sostituzione di Girolamo da Rabatta, che aveva chiesto di tornare in patria. Giunse a Parigi il 13 novembre. Degli undici anni di ininterrotta permanenza in Francia il G. ha lasciato una cronaca puntuale e anche vivace: non vi fu spedizione militare, visita ufficiale, avvenimento mondano di cui non informasse la corte di Toscana. E le cose da esporre furono molte in quegli anni dominati dalla forte personalità di Luigi XIV, che dopo la morte del cardinale G. Mazzarino aveva assunto direttamente il governo, ponendo la Francia all'offensiva in campo militare e diplomatico, per stabilirne e consolidarne l'egemonia in Europa.
La prima questione di cui il G. fu chiamato a occuparsi fu però di carattere patrimoniale: la salvaguardia dei diritti della granduchessa di Toscana Margherita Luisa d'Orléans all'eredità della madre, morta senza testamento. Dal 1° luglio al 10 ag. 1672 lasciò Parigi per seguire il re nella spedizione contro i Paesi Bassi, inviando a Firenze resoconti quasi giornalieri sugli spostamenti e le azioni militari. Il granduca e la corte di Toscana seguivano con apprensione le operazioni, temendo che potessero nuocere alla numerosa colonia di mercanti fiorentini stabiliti a Bruges e in altri centri delle Fiandre, e invitarono il G. a farsi interprete di queste preoccupazioni presso Luigi XIV.
Altro argomento che occupò a lungo la corrispondenza del G. con la corte toscana furono le numerose, minute controversie del re con la Repubblica di Genova, alleata della Spagna. Gli interventi di Luigi XIV in territorio italiano avevano lo scopo di aprire nuovi fronti nella guerra contro la Spagna, che aveva per posta l'egemonia sull'Europa. A questo scopo egli tentava di continuo di indurre il granduca di Toscana ad abbandonare il secolare allineamento alla Spagna per abbracciare l'alleanza francese. Ma il granduca, pur interessato a mantenere cordiali rapporti con la Francia, non intendeva denunciare apertamente il tradizionale rapporto con la Spagna, e si manteneva in una prudente e cauta posizione di attesa. Tenne questo atteggiamento anche in occasione della ribellione antispagnola di Messina (1674). La città, cacciata la guarnigione spagnola, si era messa sotto la protezione della Francia, i cui aiuti militari permisero agli insorti di resistere per molti mesi. Luigi XIV offrì allora al granduca di Toscana, per mezzo del G., una sorta di tutela sulla città, in attesa che fosse deciso il suo destino. Cosimo III rifiutò per non compromettere i rapporti con la Spagna, ma sempre per mezzo del G. chiese e ottenne di partecipare alle trattative di pace a Nimega (febbraio 1679). Altra questione che occupò il G. furono le trattative per la concessione al granduca del trattamento regio, che avrebbe posto fine ad annosi contrasti di precedenza con i Savoia. A questo scopo il G. compilò un memoriale, che in diverse occasioni tra il 1672 e il 1679 presentò a Simon Arnauld de Pomponne, ministro della corte di Francia. Ottenne un risultato parziale nel 1677, quando Luigi XIV accettò di rivolgersi al granduca nella corrispondenza ufficiale con l'appellativo di "mon frère".
Inoltre il G. fu uno dei principali referenti nella delicata questione dei rapporti tra Cosimo III e la moglie Margherita Luisa d'Orléans la quale, dopo una convivenza burrascosa con il granduca, ai primi del 1675 aveva finalmente ottenuto il permesso di tornare in Francia. Il G. fu incaricato di seguire nei dettagli la questione: all'esordio della sua missione in Francia sollecitò a più riprese l'intervento di persone autorevoli, come la marchesa du Deffand o lo stesso re, per placare le irrequietezze della granduchessa; poi, dopo che fu deciso di permetterle il ritorno in Francia, ricercò un monastero adatto ad accoglierla (il soggiorno a vita in un monastero era la condizione posta alla Orléans per tornare in patria). Fu infine scelto il monastero benedettino di Montmartre e lo stesso G. concordò con la badessa le modalità dell'ospitalità, vincendone la diffidenza. Infine egli fu incaricato esplicitamente di sorvegliare comportamento e frequentazioni della granduchessa, riferendo in dettaglio a Firenze. Spinse il proprio zelo al punto di pagare informatori, per poter riferire al granduca non solo gli spostamenti e le relazioni sociali della moglie, ma anche il suo abbigliamento e il contenuto delle sue conversazioni.
Il 1° giugno 1680 mutò la veste di ambasciatore residente in quella di inviato straordinario per porgere a nome del granduca le congratulazioni per il matrimonio del delfino. Nella primavera del 1682 fu richiamato in Toscana, lasciando il disbrigo degli affari correnti al suo segretario Domenico Zipoli, e con patente dell'11 maggio 1682 fu nominato segretario di Stato; dal 1696, in seguito alla morte di Francesco Panciatichi, divenne primo segretario (entrambe le cariche erano già state detenute dal padre). Nella nomina del G., uomo di chiesa, a una carica di natura tecnico-giuridica gli storici hanno visto uno dei segni rivelatori dello scadere del livello della politica nel Granducato, nonché del crescente disinteresse per gli affari di governo da parte del granduca Cosimo III, che sceglieva i suoi collaboratori non in base alla competenza, ma al grado di familiarità e di fiducia di cui godevano presso di lui.
Come primo segretario di Stato il G. fu cooptato nel Consiglio di Stato, nel quale i più stretti collaboratori del granduca, oltre a esaminare le suppliche dei sudditi e disporre istruttorie che permettessero al sovrano di decidere sulle varie istanze, tenevano la corrispondenza con gli ambasciatori e formulavano le lettere di istruzioni. Si può quindi dire che il G. ebbe mano negli affari più importanti del Granducato, interni e internazionali. Nell'aprile 1686 il granduca lo inviò a Roma al seguito di Francesco Maria de' Medici, suo fratello, che vi doveva ricevere il cappello cardinalizio. Nel 1688 e nel 1696 fu invece incaricato di accompagnare in viaggi a Venezia e in Lombardia il gran principe Ferdinando.
Il G., molto legato alla famiglia, si servì della sua carica per procurare incarichi pubblici al fratello Ferdinando Alessandro, poi al nipote Giovan Battista Gaetano e anche a lontani cugini. A Firenze, nonostante lo stato ecclesiastico, abitava in casa del fratello. Trascorreva anche frequenti periodi nella sua villa di campagna a San Cresci Valcava, ove non di rado ebbe ospite lo stesso granduca. Ebbe una notevole cultura, come dimostra l'inventario della biblioteca, significativo per consistenza e composizione (Arch. di Stato di Firenze, Mannelli Galilei Riccardi, filza 253, ins. 1). Gli interessi culturali, uniti all'orgoglio di appartenere a una delle famiglie più illustri di Firenze, lo indussero nel 1716 a scrivere una Storia della famigliaGondi, dedicata al nipote Giovan Battista Gaetano, conservata in diverse copie manoscritte (l'autografo è ibid., ins. 3). Ma il suo lavoro più meritorio su questo piano fu l'effettuazione di vasti spogli di archivi pubblici e privati di Firenze, i cui risultati inviò in Francia alla cugina Paola Gondi dei duchi di Retz; di essi Jean Corbinelli, anch'egli fiorentino trapiantato in Francia, si valse per la Histoire généalogique de lamaison de Gondi, stampata a Parigi nel 1705 con dedica a Paola di Retz.
Il G. morì a Firenze il 19 marzo 1720; fu sepolto nella cappella di famiglia, in S. Maria Novella. Nel testamento, rogato il 16 genn. 1709, lasciò erede universale l'unico nipote maschio, Giovan Battista Gaetano, figlio del fratello Federico Alessandro.
Fonti e Bibl.: La fonte più autorevole per la biografia del G. è la citata Histoire généalogiquedela maison de Gondi di [J.] Corbinelli, che tuttavia giunge solo al 1705. Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, filze 4670-4676 (carteggi del G. come residente in Francia: corrispondenza con il granduca); 4767-4769 (corrispondenza con i segretari); Mannelli Galilei Riccardi, filze 258-284 (versione completa dei carteggi, in semplice ordine cronologico); Inventari, 295, Indice della Segreteria vecchia, tomo 19, Legazione di Francia, sub data 1671 (un sunto dei carteggi citati); Archivio Mediceo del principato. Inventario sommario, Roma 1951, ad ind. (per il suo carteggio come segretario di Stato); Firenze, Arch. privato della famiglia Gondi (su cui: R. Ridolfi, Gli archivi de' Gondi, Firenze 1928, pp. 32-34: carteggio con Paola Gondi dei duchi di Retz, con copie di documenti e spogli archivistici); S. Salvini, Catalogo cronologico de' canonicidella chiesa metropolitana fiorentina, Firenze 1782, p. 133; H. Acton, Gli ultimi Medici, Torino 1956, ad ind. (sotto il nome errato di Jean François Paul); F. Diaz, Il Granducato di Toscana. IMedici, Torino 1976, pp. 470 s.; J. Boutier, Les Notizie diverse de Niccolò Gondi (1652-1720), in Mélanges de l'École française de Rome, XCVIII (1986), pp. 1101, 1114.