RANA, Carlo Andrea
RANA, Carlo Andrea (Carlo Amedeo). – Nacque a Susa il 6 novembre 1715 (Brayda - Coli - Sesia, 1963, p. 131), figlio di Carlo Francesco, regolatore delle regie gabelle, di famiglia originaria di Moncalieri, nel Torinese, tradizionalmente collocata nei quadri dell’amministrazione civile finanziaria. Ottenne la patente di ingegnere topografo il 21 aprile 1738 e divenne sostituto del maestro di matematica nelle scuole del battaglione di artiglieria l’anno seguente (patente 21 aprile 1739).
In assenza di un comprovato curriculum scolastico, è verosimile che tali cariche gli venissero attribuite per il servizio reso al re Carlo Emanuele III come componente di un gruppo di ingegneri topografi, attestato nel 1737.
La sua carriera si svolse prevalentemente nell’ambito dell’ingegneria militare, comprendendo un arco operativo molto ampio: dal progetto di strutture difensive alla didattica nelle scuole, alla teoria della scienza militare e alla sua applicazione, nelle molteplici opere a stampa, pubblicate in volumi collettanei destinati ai discenti o in piccoli preziosi esercizi di stile destinati alle gerarchie militari e agli amatori. Parallelamente, come si vedrà, si dedicò a progetti architettonici anche di un certo livello e impegno, sempre nell’ambito delle commesse di corte.
Questa commistione è tipica dei professionisti del progetto nel Piemonte del secondo Settecento, dove l’influenza di figure come Guarino Guarini, sul cui trattato di fortificazioni (1676) Rana sembra essersi formato da autodidatta, e Bernardo Antonio Vittone, continuatore dell’architettura civile del primo, segnò più di una generazione di architetti.
La lunga carriera in ambito militare è scandita dalle nomine: per sedici anni (1739-55) maestro sostituto di matematica presso le scuole teoriche e pratiche di artiglieria e fortificazione; per altri venticinque anni (1755-80) maestro di matematica presso la scuola teorica e di artiglieria e fortificazioni; al termine di questo mandato, al momento della messa in quiescenza, ottenne il titolo di architetto civile e militare di sua maestà (patente 11 gennaio 1780).
Il coinvolgimento nelle vicende dell’architettura civile è testimoniato inoltre dalla carica elettiva all’interno del Congresso di architettura, dal 1773 al 1799, e del Congresso degli edili, tra il 1773 e il 1779.
La produzione teorica di Rana, conseguenza delle sue lezioni, nelle quali per primo, secondo la testimonianza dello storico e studioso di araldica Giuseppe Manno, «insegnò l’arte sua in italiano», riguardò le nuove soluzioni per la gestione dell’arte della guerra sul territorio, in rapida evoluzione a seguito delle innovazioni dell’artiglieria e della movimentazione degli eserciti. Il Nuovo sistema di fortificare (Torino 1758) venne sviluppato da Rana insieme all’équipe dei docenti della scuola nei volumi, in parte rimasti sotto forma di manoscritto, Direttore generale degl’insegnamenti matematici (1778-82), che raccolgono i testi delle lezioni e la cui parte relativa alla topografia si dovrebbe a Rana e a Ignazio Andrea Bozzolino.
Allo stesso arco cronologico risale Dell’architettura militare per le regie scuole teoriche d’artiglieria, e fortificazione (Torino, Stamperia reale, 1778-1782), opera collettiva in sei libri e quattro tomi coordinata da Alessandro Vittorio Papacino d’Antoni, direttore della scuola, subito tradotta in francese, tedesco e inglese e ristampata nel 1815 alla riapertura della scuola dopo la chiusura in epoca napoleonica, di cui Rana compila Della fortificazione irregolare. Il contributo di Rana riguarda essenzialmente lo sviluppo della disciplina topografica e cartografica, derivante dall’attenta applicazione delle tecniche dell’artiglieria alle caratteristiche e all’analisi territoriali, sperimentata in occasione delle ispezioni del sistema di Fenestrelle, nel Torinese (1773), e delle conseguenti proposte di potenziamento del forte.
In alcune occasioni Rana affidò il modo di presentare le nuove soluzioni di difesa dal fuoco nemico mediante la moltiplicazione e il corretto orientamento dei bastioni a rappresentazioni grafiche curiose e inedite, come nel caso dell’incisione destinata al trattato sopra citato, nell’edizione del 1815, che fa corrispondere l’andamento della cinta muraria a un trofeo d’armi, dove scudo, archi, frecce e scimitarre rappresentano le corrette posizioni in cui collocare la massa di fuoco rispetto al sistema difensivo.
La bizzarra resa grafica di problemi caratterizzati da una forte componente pragmatica, come nel caso della disciplina militare, riconduce alla cultura visiva barocca e tardobarocca, sperimentata dallo stesso Rana sia in occasione di progetti di architettura, sia in altre opere incise, come la raccolta L’Alfabeto in prospettiva, vale a dire composto dalle prime lettere delle denominazioni di ventuno abbozzetti scenografici d’architettura civile rappresentanti gli oggetti per ordine alfabetico. Architettura per ricreamento di C.A. Rana in Torino (Torino 1760-1770). Le ventuno incisioni all’acquaforte risentono dei lavori degli scenografi di corte, come i Galli Bibiena (incaricati fino agli anni Quaranta) o Filippo Juvarra (nel 1730 coinvolto anche nei lavori di ricostruzione del teatro Regio, poi portati a termine da Benedetto Alfieri), oltre che di spunti provenienti da Vittone, come la commistione gotico-classica sperimentata in quegli anni per il restauro del Duomo di Asti e applicata da Rana nell’Ergastolo.
A questi anni, e ancora all’influenza di Juvarra e Vittone, risale l’avvio dell’attività di Rana nel campo dell’architettura effimera, con Macchine per fuochi di gioia nel 1753 a Torino e nel 1775 a Susa.
Un forte distacco da Vittone, sconfitto da Rana nel concorso per l’assegnazione del progetto, si verificò nella parrocchiale del S. Rosario a Strambino (presso Ivrea), progettata nel 1763 o 1764 e conclusa nel 1786.
Il grande volume, che parte da una pianta ellittica alla quale si accostano simmetricamente le cappelle laterali, tipica dei modi vittoniani, ed è dotato di una cappella absidale collocata superiormente al piano di calpestio con accesso mediante scaloni di ispirazione guariniana, si sviluppa con una copertura a costoloni di straordinaria leggerezza, dalla quale risulta una volta vasta e slanciata, segnata da membrature e cornici che accentuano il ruolo dell’ardita struttura, quasi sinuosa e lontana dall’austero sistema di giustapposizioni di pieni e vuoti caratteristico di Vittone.
Ancora nel campo religioso, del 1773 furono la prosecuzione del progetto di Vittone per la parrocchiale di S. Salvatore a Borgomasino (1775), in continuità con i progetti originari, e un altro e più rilevante completamento in Susa: quello della cappella, attestata già nel Theatrum Sabaudiae (1682), di Nostra Signora delle Grazie. Della cappella originaria Rana accentuò la centralità, innalzandone il tiburio su quattro arconi, che proseguono nei pilastri angolari, articolati in specchiature e cornici, e nei pennacchi.
Il piccolo volume interno è caratterizzato dalle linee continue delle cornici che ne percorrono ininterrotte l’invaso, anche – a trompe l’œil – nel retablo dell’altare. Continuità che è possibile leggere anche con la soluzione della facciata, plastica in quanto controparte dell’interno, ma austera poiché abbandona il sistema degli ordini affidandosi completamente alla solidità delle competenze costruttive del suo autore e, in qualche modo, alla pratica militare.
A una simile interpretazione si presta la cappella per il forte di Fenestrelle, dello stesso arco cronologico, corrispondente ai progetti di riplasmazione del forte ed esplicitamente destinata ai militari. Anche in questo caso, l’assenza di ordini all’interno e le semplici paraste modellate plasticamente nella facciata ne fanno un saggio di pura costruzione che ha permesso di parlare di ‘barocco militare’.
Una breve e unica parentesi nel campo della decorazione, che si ricongiunge all’attività di disegno e incisione, riguarda il completamento dal 1778, in prosecuzione dei lavori di Francesco Martinez, delle sepolture reali nei sotterranei della basilica di Superga, con l’accentuazione del movimento chiaroscurale e, un decennio dopo, la distribuzione dei tumuli negli stessi sotterranei.
Agli anni 1787-90 risale l’avvio dei lavori dell’ultima rilevante opera di Rana, la parrocchiale di Settimo Rottaro, nel Torinese. A pianta rettangolare, in forma di oratorio con cappelle laterali e copertura a botte, la chiesa riprende, semplificandoli alquanto, i principi di Strambino, mantenendo la centralità dell’evidenza strutturale e del continuum del sistema di cornici e paraste all’interno e all’esterno e rinunciando alla modellazione plastica degli spazi, ma ribadendo la tensione verticale sottolineata dal volume distaccato del campanile, che ripete il progetto della torre Civica di Torino (1788).
Nel campo civile, ancora in un contesto di concorso, è da segnalare il progetto per l’ampliamento di palazzo Madama a Torino, voluto da Vittorio Amedeo III dal 1788 per trasformarlo in un complesso residenziale dove alloggiare i discendenti della dinastia. A questo scopo vennero interpellati sia Rana sia Ludovico Quarini, che predisposero entrambi articolati progetti. I disegni di Rana sono andati perduti, tuttavia l’accurata disamina delle due proposte per voce del Congresso degli edili e l’assegnazione a lui dell’incarico permettono di assumere per la sua proposta un maggiore pragmatismo nella distribuzione degli ambienti destinati alla residenza e ai rituali di corte, a fronte di una maggiore magniloquenza e dispendiosità dei progetti del suo avversario.
I lavori non furono tuttavia realizzati, così come quelli per la torre Civica, interrotta all’altezza dell’orizzontamento del palazzo del Comune, ancora in concorrenza con Quarini e altri, su un progetto ancora caratterizzato, formalmente, da strascichi dell’estetica dell’ombreggiatura di matrice barocca, dal pittoresco modello della lanterna di mare e, praticamente, da forte operatività e controllo dell’esecuzione, come attestato dalle minute istruzioni fornite per il reperimento dei materiali e per la realizzazione di strutture e decorazioni.
Dopo il suo ritiro dall’attività professionale, nel 1790, Rana rimase in carica come componente del Congresso di architettura fino al 1799 e morì a Susa il 10 dicembre 1804.
Fonti e Bibl.: Documentazione su Roma è presente in Archivio di Stato di Torino, Camerale, Patenti Controllo Finanze; Camerale Piemonte, Segreteria di Guerra, Patenti e Commissione; Ministero di Guerra e Marina, Carte Antiche d’Artiglieria; Registri delle Regie Provvidenze; Sez. I; Roma, Istituto storico e di cultura dell’Arma del Genio; Settimo Rottaro, Archivio parrocchiale; Strambino, Archivio parrocchiale; Torino, Archivio storico del Comune; Biblioteca reale, Militari, 150, 288.
C. Brayda, C.A. R., ingegnere militare e regio architetto, in Torino. Rassegna mensile municipale, 1939, n. 8, pp. 3-9; Id. - L. Coli - D. Sesia, Specializzazioni e vita professionale nel Sei e Settecento in Piemonte, in Atti e rassegna tecnica della Società degli ingegneri e degli architetti in Torino, n.s., XVII (1963), 3, pp. 73-173; C. Brayda, Le antiche famiglie dei Rana di Susa (1587-1835), in Segusium. Ricerche e studi valsusini, 1968, n. 5, pp. 29-39; F. Viglieno Cossalino, C.A. R., architetto in Piemonte, Ivrea 1969; U. Bertagna, Il centro di comando nelle sue tipologie essenziali: Palazzo Madama e la Reggia nei progetti di riplasmazione di fine secolo, in Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna 1773-1861 (catal.), a cura di E. Castelnuovo - M. Rosci, Torino 1980, pp. 1092-1108; A. Bonnardel - J. Bossuto - B. Usseglio, Il gigante armato. Fenestrelle fortezza d’Europa, Torino 1999; D. Gariglio, Guida «alle Fenestrelle». La grande muraglia delle Alpi, Collegno 1999; Rappresentare uno Stato. Carte e cartografi degli stati sabaudi dal XVI al XVIII secolo, a cura di R. Comba - P. Sereno, Torino 2002; R. Pommer, Architettura del Settecento in Piemonte. Le strutture aperte di Juvarra, Alfieri e Vittone, a cura di G. Dardanello, Torino 2003, pp. 91 s.; M. Viglino Davico - E. Dellapiana, Gli edifici religiosi dopo il Concilio di Trento, in Valle di Susa. Tesori d’Arte, Torino 2005, pp. 95-105; C. Franchini, C.A. R., in Ead. et al., Architetti e ingegneri militari in Piemonte tra ’500 e ’700. Un repertorio biografico, Torino 2008.