COSTA, Carlo Adriano
Nacque probabilmente a Chieri, ove i Costa della linea di Arignano possedevano un palazzo, sito nel quartiere Vairo, nei pressi del convento di S. Agostino. La data esatta della sua nascita è rimasta ignota, essa risulta tuttavia collocabile tra il 1551 e il 1562. Quintogenito di otto fratelli, era figlio del conte Bongiovanni, consignore di Polonghera, Arignano, Borgo e Fortepasso, e di Margherita dei conti Scaglia di Verrua.
Le vicende della sua esistenza si inseriscono a pieno nel quadro dell'azione politica intrapresa dal giovane duca Carlo Emanuele I sin dalla sua ascesa al trono (1580). In particolare esse si collegano alle iniziative da questo assunte per riaffermare l'autonomia e salvaguardare l'integrità dello Stato sabaudo, costantemente minacciate dalle aspirazioni egemoniche di Francia e Spagna. Pur in carenza di specifica documentazione, la presenza in successivi decreti di nomina del C. ad incarichi di corte, di reiterati richiami ai servigi da lui resi nelle "guerre passate seguitando sempre con le armi la persona et fortuna" del duca induce a ritenere che il C. abbia preso parte alle spedizioni militari organizzate da Carlo Emanuele in Provenza e nel marchesato di Saluzzo ed ai vari episodi dello scontro tra Francia e Spagna in cui anche il piccolo Stato sabaudo venne coinvolto. L'appartenenza ad un'antica ed illustre famiglia piemontese e le brillanti prove militari gli valsero i primi incarichi ufficiali, ed innanzitutto la nomina a maggiordomo ordinario dell'infanta Caterina d'Asburgo-Spagna, che Carlo Emanuele I aveva sposato a Saragozza l'11 marzo 1585. La venuta di donna Caterina aveva introdotto nella corte sabauda il lusso e l'etichetta spagnoli, vanificando le regole di austerità imposte dal duca nel 1582. Nell'ambito di essa il C. ebbe dunque il compito di sovrintendere a tutto quanto concerneva il servizio della duchessa "in ordine alla tavola e casa", alternandosi, in turni di tre mesi, con altri tre dignitari, aventi analogo incarico. Dopo la morte dell'infanta (7 nov. 1597), il C., pur non ricevendo nell'immediato altre nomine ufficiali, rimase probabilmente vicino all'ambiente di corte, svolgendo forse anche missioni diplomatiche di particolare delicatezza.
In questa fase della sua vita si colloca pure il matrimonio con Leonora Madruzzo di Challant, figlia terzogenita di Gian Federico Madruzzo e di Isabella di Challant. La firma del contratto ebbe luogo il 29 maggio 1602, le nozze vennero celebrate a Torino il 19 giugno dello stesso anno. La sposa, già dama della duchessa Caterina, ricopriva la carica di governante ("cameriera maggiore") delle principesse Margherita, Isabella, Francesca Caterina e Maria, figlie di Carlo Emanuele. Per l'occasione ebbe in dono dal duca la somma di 4.000 scudi d'oro che avrebbero dovuto aggiungersi alla dote di 5.000 scudi stabilita dai Madruzzo. In realtà le pesanti difficoltà finanziarie in cui si dibatteva lo Stato sabaudo ne ritardarono o addirittura impedirono il versamento, che comunque a tutto il marzo 1615 non risulta effettuato. Intanto, dopo aver acquistato (12 dic. 1601) un'ulteriore porzione del feudo di Polonghera dal cugino Ludovico di Arignano, il C. otteneva dal duca di Savoia l'investitura per i feudi di Polonghera, Arignano, Borgo e Fortepasso e il titolo comitale (27 apr. 1605). In tale anno egli aveva infatti raccolto anche la successione dei beni e diritti feudali che, dopo la scomparsa del fratello maggiore, Filiberto Renato (10 maggio 1591), erano toccati al figlio di questo, Bongiovanni, deceduto in data imprecisata ma collocabile tra il maggio 1604 e l'aprile 1605. Il 20 sett. 1605, "in considerazione dei meriti suoi e dei suoi avi", il C. venne nominato, in sostituzione del defunto conte Bertodano, maggiordomo dei principi e delle principesse, figli del duca. Inizia da questo momento la rapida ascesa del C. che lo porterà, nel giro di pochi anni, ad essere uno dei personaggi più influenti della corte sabauda.
A partire dal 1608 egli viene destinato, in sostituzione del conte Filiberto Gerardo Scaglia di Verrua, quale ambasciatore sabaudo presso la S. Sede. Il C. risiedette a Roma dal 6 febbr. 1608 al 25 sett. 1610; di tale permanenza rimane traccia nelle lettere da lui spedite a Torino con una periodicità quasi giornaliera ed indirizzate al duca e allo stesso Verrua.
Rilevante ne appare l'interesse in quanto consentono di valutare, da un punto di osservazione privilegiata quale era la corte pontificia, i tentativi di Francia e Spagna per un reciproco riavvicinamento, che, tra l'altro, minacciava di realizzarsi a scapito degli impegni già assunti da ciascuna delle due potenze con il duca di Savoia. Le relazioni del C. contengono accenni alla volontà spagnola di evitare le progettate nozze dell'infanta con il principe di Piemonte, Vittorio Amedeo, favorendo un eventuale matrimonio di questo ultimo con una principessa inglese. Il C. riferisce inoltre sulle manovre messe in atto dalla Spagna per ottenere che il veto papale alla nomina la liberasse dall'impegno di sostenere il conferimento al cardinal Maurizio di Savoia del ricchissimo arcivescovado di Siviglia.
I meriti acquisiti in tale frangente gli valsero la nomina a consigliere di Stato, conferitagli il 25 maggio 1608 proprio "in considerazione dell'esperienza, intelligenza e saggezza dimostrate nelle varie missioni nelle quali era stato impiegato dal duca negli affari di Stato". Lasciata Roma, ove gli subentrò il conte Luigi Lorenzo Birago San Martino di Vische, il C. rientrò in Piemonte nell'ottobre 1610. La posizione di rilievo ormai occupata dal conte di Polonghera nell'ambito della corte sabauda trova conferma nel nuovo incarico che gli venne concesso nel gennaio 1613 e che egli mantenne sino alla morte. Ponendosi infatti la necessità di costituire la "Casa" del cardinal Maurizio, ossia una sua propria corte strutturata secondo il modello di quella ducale ma autonoma rispetto ad essa, il C. venne chiamato (3 genn. 1613) a farne parte in qualità di "cavallerizzo mayor" del giovane principe. Egli assumeva in tal modo il compito di sovrintendere a tutto ciò che riguardava le scuderie del cardinal Maurizio e di dirigerne il personale. Le funzioni del cavallerizzo maggiore venivano dunque a coincidere per ampia parte con quelle assegnate dal cerimoniale della "Casa" ducale alla carica di "gran scudiere". E con il titolo di "gran scudiero del serenissimo Principe cardinale" viene designato il C. in taluni documenti ufficiali.
Frattanto nel dicembre 1612 la morte del duca di Mantova, Francesco Gonzaga, aveva sollevato il problema della successione.
In particolare si erano poste, per Carlo Emanuele I, le premesse per rivendicare, in nome dei diritti della figlia Margherita, vedova dei Gonzaga, e della nipote Maria, la consegna del Monferrato, ritenuto feudo femminile. La necessità per i Savoia di acquisire un territorio che, incuneandosi profondamente entro i possessi sabaudi, minacciava da vicino la sicurezza della stessa capitale, determinò la decisione di procedere all'occupazione militare del marchesato, una volta fallite le trattative diplomatiche (aprile 1613). All'iniziale successo di Carlo Emanuele, si opposero la reazione politica della Francia e l'intervento militare spagnolo. Il 18 giugno il duca di Savoia fu costretto a restituire le piazzeforti conquistate. La brusca conclusione della spedizione non pose tuttavia fine alla vertenza, destinata a trascinarsi, tra patteggiamenti e nuove riprese delle ostilità, sino al 1615. Ad acuire la tensione venne l'improvvisa decisione (ottobre 1613) del governatore spagnolo di Milano, marchese Hinoyosa, di interrompere le trattative e fortificare Volpiano, località a soli sedici chilometri dalla capitale sabauda.
In tale delicato frangente, il C. venne designato quale governatore di "Torino, suo territorio et distretto" (23 dic. 1613). Con questo incarico il duca gli conferiva poteri politici e militari sulla città ed in particolare gli affidava la difesa della cittadella. In coincidenza con la prima spedizione militare del duca di Savoia nel Monferrato, ebbe inoltre inizio una fitta corrispondenza tra il C. ed Alessandro Tassoni, protrattasi almeno sino al febbraio 1615. Al C., conosciuto durante la sua permanenza a Roma e ormai divenuto personaggio autorevole della corte sabauda, il letterato modenese, ex segretario del cardinale Colonna, si rivolge probabilmente con l'intento di ottenere un impiego presso il cardinale Maurizio.
L'intervento del C. consentì al Tassoni di far pervenire al duca e al cardinale un esemplare dell'opera Varietà di pensieri, dato alle stampe nel 1612. Tale omaggio è argomento della lettera con cui, tra il marzo e l'aprile 1613, lo scambio epistolare ha inizio o comunque assume una cadenza regolare. Di tale carteggio sono pervenute unicamente le lettere del Tassoni. In esse il letterato assume le vesti di virtuoso della politica e di buon cronista, riferendo sugli echi suscitati a Roma dalle imprese militari e dalle iniziative diplomatiche antispagnole di Carlo Emanuele I. Ed all'attenzione del duca sono in ultima analisi destinati gli scritti che il Tassoni indirizzò al Costa. Tale epistolario, giungendo ad abbracciare il periodo della redazione delle Filippiche, appare documento importantissimo per conoscere il pensiero politico del Tassoni e l'azione da lui svolta nel corso del conflitto tra Savoia e Spagna. Esso tuttavia si rivela di scarsa utilità per quanto attiene alla biografia del Costa.
Il C. morì il 16 ott. 1616. L'annuncio della sua scomparsa è contenuto in una lettera indirizzata, il 17 ottobre, dal cardinale Maurizio al duca.
Tale testimonianza pone fine alle incertezze presenti in vari autori, dal Bergadani al Manno, per quanto concerne l'individuazione della data di morte. Non avendo il C. lasciato discendenti diretti, il 28 ottobre dello stesso anno venne concessa al fratello minore ed erede, Ludovico Amedeo, l'investitura per i beni posseduti dal defunto nel territorio di Arignano, poi completata il 24 nov. 1617 da quella per i feudi di Polonghera, Borgo e Fortepasso con relativo titolo comitale. Infine il 1º dic. 1616 Carlo Emanuele I, per espresso desiderio del cardinal Maurizio, nominò quale successore del C. nella carica di "gran scudiero" il conte Carlo Solaro di Moretta.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Arch. Costa, mm. 2, 4, 7, 10, 14, 30, 38, 43; Ibid., Arch. Camerale, Patenti Controllo Finanze, 1604 in 1605, f. 62; 1612 in 1614, f. 84; 1614, f. 26; 1614 in 1615, I, f. 5 e II, f. 19; 1617 in 1618, f. 22; Ibid., Bilanci, n. 259 bis m. I; Ibid., Arch. di corte, Lettere ministri Roma, m. 23; Ibid., Lettere principi diversi, m. 11 (cardinal Maurizio di Savoia); Ibid., Cerimoniale e cariche di corte, m. 1 e 2; A. Tassoni, Lettere a C. C., a cura di B. Gamba, Venezia 1827; Id., Lettere a C. C., Venezia 1856; Il manifesto di A. Tassoni intorno le relazioni passate tra esso ed i principi di Savoia, a cura di R. Bergadani, Torino 1906; Torino, Bibl. naz., A. Manno, Il patriziato subalpino, III(datt.), 8, pp. 339 s.; E. Ricotti, Storia della monarchia piemontese, IV, Firenze 1865, p. 391; G. Rua, Poeti alla corte di Carlo Emanuele I, Torino 1899, pp. 175 s.; Id., A. Tassoni e Carlo Emanuele I, in Giorn. stor. della lett. ital., XXXII (1898), pp. 281-326; R. Bergadani, Commento storico al Manifesto di A. Tassoni, Torino 1906, pp. 15 s.; Id., Carlo Emanuele I di Savoia, Torino 1926, p. 66.