Poeta (Stoccolma 1740 - ivi 1795). Cresciuto in ambiente borghese e pietista, ma venuto presto in contatto, grazie al suo ingegno, con i circoli aristocratici, con artisti quali J. T. Sergel ed E. Martin e infine con la Corte, lasciò i più o meno casuali impieghi nella capitale per dedicarsi a quella vita scapigliata e gaudente che gli offriva la Stoccolma del secondo Settecento. Al di là della letteratura illuminista e didascalica attinse soprattutto alla vita vissuta la materia della sua poesia, incentrata tutta nella celebrazione dell'amore, del vino, del canto. "Poesia musicale" fu detta da lui stesso, e in effetti se il B. non inventò lui stesso la musica delle sue liriche, perché a esse adattò melodie popolari, canzonette francesi, arie di opere e perfino canti liturgici, attingendo a Haendel, a Gluck, a Haydn, a Pergolesi e a tanti altri, si può dire non scrisse un verso senza sentirlo scandito sopra un tema musicale o sopra un tempo di danza. I suoi primi componimenti d'occasione cominciarono a circolare anonimi in edizioni popolari: canzoni conviviali, parodie della Bibbia in quadretti drammaticamente mossi, caricature dei riti, dei simboli, dei titoli delle settecentesche società segrete, idillî, lettere rimate: dove, tra gli svolazzi mitologici alla moda e la grazia incipriata del rococò, s'accampa tutta una folla di figure ritratte dal vero. Dopo un decennio d'intensa attività creatrice (1760-70) anche la sua musa rapidamente declinò. Tra il 1780 e il 1791 i debiti lo portarono sull'orlo del fallimento. Nel 1794 fu, a sua richiesta, affidato a un curatore; e solo gli ultimi anni del tramonto videro la sua opera raccolta ordinata e pubblicata: Fredmans epistlar ("Le epistole di Fredman", 1790) e Fredmans sånger ("Canti di Fredman", 1791).