CARITONE
(Χαρίτων). - di Afrodisia nella Caria, scriba dell'avvocato Atenagora, autore del romanzo in otto libri Τὰ περὶ Χαιρέαν καὶ Καλλιρόην (Le avventure di Cherea e Calliroe).
Il Rohde e quasi tutti i critici vedevano in C. uno degli ultimi romanzieri greci e lo credevano vissuto nel sec. V d. C. Ma il papiro Fayum i e il papiro Oxyrh., VII, 1019, tutti e due della fine del sec. II o del principio del III, che contengono passi del romanzo caritoniano, non permettono ormai più di dubitare che l'autore abbia scritto nel sec. II o alla fine del sec. I. Così la cronologia dei romanzieri greci è capovolta: C. è uno dei primi scrittori di romanzi, e forse il primo di quelli di cui ci resta l'opera intera (è ancora contestabile la sua anteriorità cronologica rispetto a Senofonte Efesio).
Il romanzo di C. ha un superficialissimo fondamento storico: caratteristica comune ai più antichi romanzi (p. es. Romanzo di Nino). L'azione, d'amore e d'avventure, si svolge dopo la spedizione degli Ateniesi in Sicilia, tra il 413 e il 408 a C.; Calliroe è figlia di Ermocrate, il celebre stratego siracusano. Abbondano gli anacronismi: p. es. Artaserse II, che ha larga parte nell'opera, salì al trono solo nel 404. Ma, come generalmente nei romanzieri (es. tipico Eliodoro), manca ogni colorito storico, ogni interesse per costumi di popoli forestieri, per usi e avvenimenti remoti.
Lo stile è semplice e corretto, ma ben lontano dalla semplicità sofistica di Eliano e Filostrato. Non mancano gli elementi rettorici e così pure non mancano i monologhi e le lettere, che siamo soliti trovare in ogni romanzo. Sono invece una caratteristica di C. i molti passi omerici citati, anzi intercalati al testo, di cui fanno parte integrale. Sono imitati, per lo stile e anche per qualche notizia particolare, Erodoto, Tucidide, Senofonte; il principio del romanzo imita il principio delle Storie erodotee. Sono del tutto illusorî i riflessi virgiliani che qualcuno ha voluto trovarvi. Notevole è la cura nell'evitare lo iato e nel ricercare certe clausole ritmiche. In complesso, questo è uno dei romanzi greci meno prolissi e meno noiosi; lo scrittore, nella sua aurea mediocritas, ha una sua fisionomia simpatica e riesce a interessare più di quello che parrebbe; il suo racconto senza troppe pretese, liscio, un po' piatto, si può paragonare con vantaggio ai concettini e alle metafore di Achille Tazio o all'insopportabile tono raziocinante e moraleggiante di Eliodoro. Qualche osservazione comica qua e là ravviva la narrazi0ne; e i lettori dei romanzieri greci, disavvezzi da sollievi di questo genere, non possono non farle buona accoglienza, soprattutto se fanno il paragone con Eliodoro, così infelice quando vuol far ridere.
Codici ed edizioni: Base del testo è il codice fiorentino (Conv. Soppr. 627) del sec. XIII o XIV, che va corretto una trentina di volte col cosiddetto codice tebano, palinsesto del sec. VII o dell'VIII, scoperto dal Wilcken nel 1898, e contenente solo una parte del romanzo; e poche altre volte con la tradizione dataci dai papiri. Sarebbe necessaria una nuova edizione critica dopo quella del Hercher, in Erotici scriptores, II, Lipsia 1859 (col testo atticizzato secondo i criterî del tempo), e quella del Hirschig, Erotici scriptores, Parigi 1856. I fogli del codice tebano furono pubblicati parzialmeite dal Wilcken, in Arch. f. Pap. Forsch.,1, 1901, pp. 227-254. Traduzione italiana moderna di A. Calderini (Torino 1913: con ampio studio introduttivo).
Bibl.: Per il testo, v. Zimmermann, De Charitonis codice Thebano, Tubinga 1922; id., Zur Überlieferung des Chariton-romans, in Hermes, LXIII (1928), p. 193 segg. Su C. in generale, E. Rohde, Der griechische Roman, 2ª ed., Lipsia 1900, p. 517 segg. Per la cronologia, v. Garin, in St. it. fil. class., XVII, p. 458 segg. Cfr. anche: Heibges, De clausulis Charitoneis, Münster 1911; Q. Cataudella, Riflessi virgiliani nel romanzo di Caritone, in Athenaeum, 1927, p. 302.