CARITI (Χάριτες)
Divinità femminili greche (dette in latino Gratiae) della gioia, della bellezza, della grazia, di tutto ciò che rasserena e orna la vita dell'uomo. Erano figlie di Zeus e di Eurinome; il principale centro del culto era a Orcomeno, in Beozia (Paus., ix, 38, 1). Dopo l'età omerica le C., prima di numero imprecisato, furono fissate nel numero di tre, con i rispettivi nomi di Aglaia, Euphrosyne, Thalia. Il culto delle C. era molto diffuso e numerosi erano in Grecia i templi a esse dedicati; spesso le C. erano unite, nel culto e nelle raffigurazioni, alle Hòrai (v.).
Per il periodo arcaico le fonti ci ricordano molte rappresentazioni delle C.: a Sparta due C. e due Hòrai fungevano da cariatidi del trono di Apollo Amyklàios, opera di Bathykles di Magnesia (Paus., iii, 18, 10): lo stesso Bathykles aveva eseguito e collocato nel tempio dell'Apollo Amyklàios le statue delle C., come suo personale anàthema (Paus., iii, 18, 9). Il grande simulacro di Apollo eseguito per il santuario di Delo da Angelion e Tektaios, reggeva con la mano un piccolo gruppo delle tre C. (Paus., ix, 35, 3). Statue arcaiche delle C. erano anche nel pronao dello Heraion di Argo (Paus., ii, 17, 3). Nel tempio delle C. a Elis Pausania (vi, 24, 6) ricorda gli xòana delle dee: erano dorati, con le parti nude in marmo: le dee recavano, come attributi, una rosa, un astragalo, un ramoscello di mirto. C. d'oro, probabilmente in rilievo o a sbalzo, opera di Boupalos, erano sulla statue di Nemesis nel tempio della dea a Smirne (Paus., ix, 35, 6) e lo stesso Boupalos era autore di un gruppo delle C. che era nel palazzo di Attalo a Pergamo (Paus., l. c.). A Erythrai, nell'Acaia, davanti al tempio di Atena Poliàs, erano le statue in marmo delle C. e delle Hòrai, opera di Endoios (Paus., vii, 5, 9). A età imprecisata sono da assegnare le statue delle C. che erano nel tempio di Atena Itonia, presso Coronea (Paus., ix, 34, 2). Fra i monumenti arcaici superstiti ricordiamo anzitutto il rilievo della Collezione di Antichità di Monaco, ispirato forse al gruppo di Angelion e Tektaios. Le tre C. procedono in fila: quella di centro si svolge di prospetto, le altre due sono di profilo; tutte e tre vestono il lungo chitone e la C. di centro anche il mantello; le tre dee reggono con la mano sinistra un lembo della veste e alzano la mano destra in un gesto rituale. È questa la tipologia arcaica delle dee che si presentano in fila, vestite e non collegate fra loro. Secondo questo schema arcaico ritroviamo le C. in rilievo sul kàlathos della cariatide del tesoro degli Cnidi a Delfi, con la rappresentazione di Apollo che riceve l'omaggio di Hermes e delle Canti. Sono probabilmente da identificare con le C. le tre dee che, sul vaso François, al Museo Arch. di Firenze, scortano il carro di Apollo; purtroppo delle figure delle dee non resta che la metà inferiore del corpo. Alla fine del VI sec. va assegnato un noto rilievo dell'acropoli di Atene, dalla vivace policromia, nel quale tre donne, vestite secondo la tipologia delle kòrai, avanzano danzando verso sinistra tenendosi per mano, precedute da Hermes (?) che suona il flauto: è molto probabile che si tratti delle Cariti. Al 480 a. C. circa va assegnato il celebre rilievo di Thasos con Hermes e le C.: le tre dee conservano una tipologia arcaica e vestono secondo la moda ionica: procedono in fila verso destra, recando, come attributi, tenie, fiori, un vasetto portaprofumi. Probabilmente una Carite è quella che, nello stesso rilievo, si prepara a incoronare Hermes. Verso il 470-460 dobbiamo collocare l'originale del noto rilievo Chiaramonti (654) con le tre C., che avanzano verso sinistra tenendosi per mano, motivo questo già visto nel rilievo policromo dell'Acropoli e ormai definitivamente acquisito nell'iconografia delle C.; la Carite di centro si volge verso lo spettatore e ha una caratteristica acconciatura a ricciolini in forma di chiocciola: le altre due C. sono di profilo. Le prime due vestono il severo peplo dorico, la terza il costume ionico-attico, con chitone e himàtion. Molto probabilmente questo rilievo risale a un originale dello scultore beota Sokrates che sappiamo autore di un gruppo delle C., collocato in Atene presso i Propilei (Paus., i, 22, 8). Le C. e le Hòrai formavano il coronamento del trono dello Zeus di Fidia a Olimpia (Paus., v, 11, 7) e Policleto aveva raffigurato le C. sulla corona del grande simulacro di Hera argiva (Paus., ii, 17, 4). Forse al V sec. appartiene il quadro con le C. vestite, opera di Pythagoras di Paro, ricordato da Pausania (ix, 35, 7). Dagli ultimi decennî del V sec. in poi, le C. vengono spesso collegate alle immagini di Ecate e sono raffigurate in atto di danzare, tenendosi per mano, intorno allo Hekatàion, con un motivo nuovo e grazioso. Ricordiamo, ad esempio lo Hekatàiòn della Collezione Lamberg a Vienna: le tre C. sono fanciulle in chitone e himàtion che chiudono nel loro girotondo la severa, triplice Ecate. A volte le C. danzano attorno a un pilastro, come nell'esemplare con dedica di Leontios. Molto incerta è invece l'identificazione come C. delle tre bellissime danzatrici con kàlathos che circondano la colonna con foglie di acanto trovata a Delfi e variamente interpretata. Le tre fanciulle vestono un corto chitone e sono probabilmente semplici danzatrici. Un rilievo greco da Ercolano raffigura le C. e le Ninfe che si tengono per mano in un unico χορός; le C. vestono chitone e himàtion (mentre le ninfe hanno il peplo) e sono contraddistinte dai rispettivi nomi incisi sull'orlo inferiore del rilievo. In generale però, per tutto il IV sec., è molto difficile discernere, nei vari rilievi, le C. dalle ninfe, dalle Agraulidi o dalle semplici danzatrici. Forse al IV sec. va riferito il quadro di Nearchos con Afrodite fra le C. e gli Eroti (Plin., Nat. hist., xxxv, 141). Nell'Odeion di Smirne vi era una pittura di Apelle raffigurante una delle C. vestita: il che induce a ritenere che, alla fine del IV sec., non si fosse ancora affermata la tipologia delle C. nude che è propria dell'ellenismo (Paus., ix, 35, 6). È infatti al principio del III sec. che, derivando probabilmente da un originale pittorico, risale l'originale del celebre gruppo delle "tre Grazie" nude, noto in più copie (Siena, Louvre, Vaticano, Cirene). Le tre dee sono nude e si abbracciano: la Carite di centro volge la schiena allo spettatore e appoggia la mano sinistra sulla spalla di una compagna, mentre tende il braccio destro verso la mano della terza C.; in mano le tre dee hanno fiori, frutti, spighe. Questo celebre gruppo restò canonico, quale raffigurazione delle C., per tutto l'ellenismo e l'età romana (e fu ripreso nel Rinascimento e in età neoclassica). Numerosissime sono infatti, in età romana, le riproduzioni di questo gruppo in rilievi, sarcofagi, mosaici, monete, anelli, lampade, vetri, ecc. Particolarmente interessanti le riproduzioni in pitture pompeiane e in una pittura di Catania. In età romana le C. ricompaiono vestite soltanto su sarcofagi e in rilievi di stile arcaizzante. Nei sarcofagi le C. assistono alle cerimonie nuziali, recando in mano cofanetti, oggetti d'ornamento, ecc. (esempî: Ermitage; S. Lorenzo a Roma). Nei rilievi arcaistici le C. vestono secondo la moda ionica arcaica e procedono tenendosi per mano in uno stilizzato passo di danza (cfr. cratere del Museo dei Conservatori; altare dei dodici dèi al Louvre; rilievi del Pireo; rilievo di Cracovia con Dioniso e le C.; rilievo del Louvre con Eracle e le Canti) (v. arcaistico, stile).
Monumenti considerati. - Trono di Apollo Amyklàios: C. Picard, Manuel, Période Archaïque, fig. 4; cariatide del tesoro degli Cnidi, Delfi: La Coste Messelière, Delphes, tav. 59; vaso François: Furtwängler-Reichhold, Griech. Vasenmal., tav. 1; rilievo dell'Acropoli: H. Schrader, Marmorbildwerke von Akropolis, tav. vi; rilievo di Thasos: Brunn-Bruckmann, 61; F. Gercke, Griech. Plastik, tav. 57; Hekataion Lamberg: Sitte, in Oesterr. Jahreshefte, 1910, tavv. iii-iv; pilastro di Leontios: Clarac, Répertoire des sculptures, tav. 632 E, n. 1472 B; colonna di Delfi: La Coste Messelière, Delphes, tavv. 165-171; rilievo di Ercolano: S. Reinach, Répertoire des Reliefs, iii, 66; gruppi delle "tre Grazie" di Siena, del Louvre, del Vaticano, di Cirene: G. Becatti, in Bull. Com., 1937, figg. 1-3, tavv. i-iv; per l'elenco delle repliche del medesimo gruppo, v. ivi, p. 46, nota 15; pitture pompeiane: ivi, figg. 5-6; pittura di Catania: Monum. Inst., ii, 47; sarcofago dell'Ermitage: Monum. Inst., iv, 9; sarcofago di S. Lorenzo a Roma: Röm. Mitt., 1906, tav. 14; cratere del Museo dei Conservatori: S. Jones, Catalogue, 39, tav. 15; altare dei xii dèi al Louvre: S. Reinach, Répertoire des Sculptures, i, 65, 13; rilievi del Pireo: G. Becatti, op. cit., p. 41, nota 3; rilievo di Cracovia: S. Reinach, Répertoire des Reliefs, ii, 125; rilievo del Louvre: Röm. Mitt., 1897.
Bibl.: T. Krause, Musen, Gratien, Horen, Halle 1871; A. Furtwängler, in Ath. Mitt., 1878, p. 182 ss.; E. Pottier, in Bull. Corr. Hell., V, 1881, p. 351; A. Furtwängler, in Roscher, I, c. 879 ss., s. v. Chariten; H. Léchat, in Bull. Corr. Hell., XIII, 1889, p. 467 ss.; G. C. Richards, in Journal Hell. Stud., XI, 1890, p. 284; Echer, in Pauly-Wissowa, III, 1899, c. 2150 ss., s. v. Charites; G. Becatti, in Bull. Com., 1937, p. 41 ss.