CARIE (dal lat. caries)
Questa parola significa, in chirurgia, l'infiammazione cronica, il più spesso tubercolare, dell'osso, a carattere ulcerativo, con distruzione e rarefazione delle trabecole delle ossa, e si contrappone alla necrosi (dal gr. νεκρωσνς "morte"), o morte dell'osso, nella quale rimane inalterata la forma mentre scompaiono le parti molli: periostio e sostanza midollare. La stessa parola indica, in odontoiatria, un particolare processo distruttivo del dente descritto nella forma che segue.
Carie dentale.
La carie dentale ha afflitto l'umanità sin dai tempi più remoti, come attestano mascelle dell'età preistorica e notizie tramandate dalle più antiche civiltà. I progressi dell'odontoiatria permettono di eliminare una gran parte delle conseguenze del processo carioso e di ostacolarne la progressione, ma non sono ancora riusciti a prevenirlo per l'incertezza che ancora oggi regna intorno al suo meccanismo d'azione.
Secondo Miller, la carie è il risultato d'un processo chimico-parassitario, il quale consiste nella soluzione di sali inorganici per opera della fermentazione acida, e nella successiva digestione batterica delle sostanze organiche.
In superficie si riscontra un'infezione mista di carattere variabilissimo, invece negli strati profondi, dove le condizioni di vita meno favorevoli determinano una maggiore selezione tra i germi, la flora batterica si compone di anaerobî facoltativi, quasi esclusivamente di streptococchi associati a stafilococchi e a batterî lattici. Molte specie microbiche contenute nella bocca in unione all'azione fermentativa degl'idrati di carbonio, possono determinare la carie dentale. Perché esse possano agire sui tessuti dentali è necessario che condizioni particolari, generali e locali, ne diminuiscano la resistenza e li predispongano alla localizzazione del processo carioso. I fattori costituzionali (ereditarietà, sesso, età, ecc.) agiscono prevalentemente, e secondo taluni esclusivamente, nel periodo di sviluppo dei denti. Inoltre la resistenza dello smalto varia da individuo a individuo, e, nello stesso individuo, a seconda dei varî periodi della sua vita e delle sue condizioni generali di salute (carie delle gravide, dei diabetici, sifilitici, tubercolotici). Le ricerche sperimentali sulla permeabilità dei tessuti duri del dente sembrano comprovare rapporti anatomici e fisiologici intercorrenti tra i varî tessuti del dente, e l'esistenza d'un certo metabolismo anche nello smalto.
Recentemente il Beretta (1927) sulla base dell'osservazione clinica e dei risultati sperimentali da lui ottenuti, comprovanti come la costituzione chimica dello smalto non sia invariabile, ma si modifichi con l'età, ha dato fondamento a una nuova teoria, la teoria trofomicrobica della carie. Essa risulterebbe da due fenomeni combinati, l'uno che agisce dall'interno apportando una modificazione nello smalto per le vie attraverso le quali avviene il ricambio, e l'altra, di natura esterna, rappresentata dalle azioni microbiche che si svolgono nei punti dove lo smalto indebolito nella sua resistenza fisiologica non offre più una sicura barriera alle azioni enzimatiche dei batterî e soccombe in alcuni punti di ritenzione. Cosicché i processi cariosi del dente sarebbero subordinati alle stesse leggi che spiegano e governano altre malattie del corpo umano in rapporto alle particolari condizioni di struttura e di funzione dell'organo. Tra le cause locali sembra assumano speciale importanza i punti di ritenzione che si stabiliscono sulla superficie dello smalto a mezzo di fossette, di solchi e di cavità, spesso in rapporto con anomalie di sviluppo, oppure che si determigano sulle superficie prossimali dei denti dove è più facile l'accumulo di etriti alimentari e la loro successiva fermentazione. La ritenzione dei detriti alimentari viene facilitata da anomalie di posizione dei denti, dall'atrofia o distruzione della gengiva interdentaria, da otturazioni e lavori prostetici irrazionali, ecc. Un'innegabile importanza tra queste cause locali spetta pure alla qualità dei cibi in quanto che alimenti grossolani (pane scuro) richiedono una masticazione più forte e portano pertanto una maggiore irrorazione sanguigna e una migliore auto-pulizia dei denti. La forma di nutrizione inopportunamente raffinata, propria della moderna civiltà urbana, è certamente una delle concause che rendono sempre più necessario l'uso di mezzi artificiali (igiene personale e interventi profilattici da parte del medico) per prevenire l'insorgenza e l'espansione del processo carioso.
La carie dentale (fig. 1) procede dall'esterno all'interno, intacca dapprima un punto dello smalto, e lo disgrega, mettendo a nudo la dentina sottostante. Per il suo minor contenuto di sali minerali e per i tubuli che la attraversano dalla periferia alla polpa, la dentina consente al processo distruttivo di avanzare più rapidamente in superficie e soprattutto in profondità, formando la cavità cariosa. Spesso a una piccola perdita di sostanza dello smalto più resistente corrisponde una più ampia distruzione della dentina. Sotto lo sforzo della masticazione, o per il solo progresso della malattia, lo smalto si frattura e rende così evidente nella sua vera estensione la cavità cariosa. Questa ha forma più o meno irregolare, è ripiena di detriti, è rivestita alle pareti d'uno strato di dentina rammollita, pigmentata e infetta. Favorita dalla direzione dei tubuli dentinali, la carie si approfonda sempre più, raggiunge la polpa dentale (carie penetrante) e distrugge i tubuli duri della corona. La polpa, esposta all'attacco dei germi della cavità buccale, non tarda a subirne processi d'infiammazione, di necrosi e di cancrena.
Anatomia patologica. - Nel dente colpito da carie distinguiamo quattro zone differenti dal punto di vista anatomo-patologico (fig. 2). La zona più esterna, rappresentata dalla cavità cariosa piena di prodotti di disfacimento dei tessuti duri dentali, di residui alimentari, di epitelî desquamati ecc. (zona di distruzione). Al di sotto di questa, la zona dove l'attivo processo di decalcificazione rammollisce la dentina; i tubuli dentinali vengono deformati, dilatati e in parte distrutti; le fibrille di Tomes sono rigonfiate, contorte o spezzate (zona di rammollimento). Sottostante a questa è la zona d'invasione, rappresentata da dentina ancora normale nei cui tubuli peraltro si sono insinuati i germi. Come ultima abbiamo la zona di reazione, che forma un cono con il vertice rivolto verso la camera pulpare e che all'esame microscopico si presenta di colore biancastro, omogeneo, pressoché trasparente per obliterazione dei tubuli dentinali da parte di granuli calcari atipici, i quali stanno a indicare un processo reattivo di difesa degli odontoblasti alla invasione microbica.
Le statistiche sono concordi nel dimostrare la carie dentale come la malattia più diffusa, tanto che è raro trovare ancora persone immuni da carie. l popoli che consumano carboidrati (per esempio gli eschimesi) sono immuni da questa malattia, e specialmente la popolazione rurale dei paesi meridionali mostra una diffusione della carie di gran lunga inferiore a quella dei paesi nordici.
Complicazioni. - Attraverso l'orifizio radicolare il processo può passare ai tessuti peridentali; se si esteriorizza, si esaurisce in breve tempo senza danno per il paziente; se interessa le ossa mascellari può determinare gravi osteo-flemmoni; se invade le vie sanguigne può esser causa di setticemia; se la flogosi assume decorso cronico attorno agli apici radicolari i tessuti peridentali reagiscono con produzioni iperplastiche formando il cosiddetto granuloma apicale, la cui funzione difensiva cessa nel caso frequente che esso degeneri o s'infetti, rendendo possibile il passaggio in circolo di tossine e di germi.
Diagnosi. - Allo stato normale le parti sensibili del dente sono riparate dalle eccitazioni esterne per mezzo della calotta dello smalto, ma se questa viene in qualche punto distrutta, le fibrille dentinali scoperte trasmettono gli stimoli alla polpa, e se il processo distruttivo ha messo a nudo la polpa, questa avvertirà al massimo grado ogni eccitazione anche lieve. Perciò, finché il processo morboso interessa solo lo smalto, nessuna sensazione molesta sarà risentita dal paziente; col progredire dei fatti distruttivi venendo scoperta la dentina, il paziente accuserà dolori procurati da stimoli chimici (sostanze dolci, acide, salate), fisici (alimenti e bevande a temperatura superiore o inferiore a 37°), e meccanici (particelle di alimenti duri che penetrino nella cavità, curadenti, ecc.).
Nella carie non penetrante il dolore non insorge spontaneo, e cessa quando ha finito di agire lo stimolo. La carie, se non è opportunamente curata, più o meno rapidamente s'approfonda fino ad attaccare la polpa. Le pareti rigide e inestensibili che la contengono le impediscono d'espandersi; per il turgore infiammatorio, dalle terminazioni nervose strettamente compresse si avrà una sensazione dolorosa, proporzionata all'entità dell'infiammazione. A provocare il dolore contribuiscono i processi di neurite a carico dei nervi della polpa infiammata. Perciò in una pulpite acuta i dolori insorgono per la minima causa, e anche spontaneamente. Basta il contatto dell'aria inspirata, il passaggio da un ambiente freddo a uno caldo, o viceversa, l'ingestione d'una bevanda a temperatura di poco superiore o inferiore a 37°, la pressione di un briciolo di alimenti penetrati nella cavità cariosa, il vuoto fatto nella bocca dall'atto del succhiamento o qualunque altra causa la più lieve e la più banale che comunque eserciti, o provochi, o aumenti una compressione della polpa infiammata, per determinare o esacerbare un violento accesso di dolore. Specie di notte, quando il paziente si corica, i dolori si fanno più intensi, poiché nella posizione orizzontale l'aumentato afflusso di sangue al capo provoca pure una maggiore congestione dai vasi pulpari e quindi una più forte compressione della polpa medesima entro la cavità che la contiene. Siccome poi le modificazioni avvenute nella polpa non si dileguano immediatamente dopo allontanata la causa determinante, il dolore persiste per un certo tempo (per minuti, per ore e anche per giorni) anche dopo cessato lo stimolo.
Il dolore può raggiungere tale intensità da poter essere considerato uno dei più vivi che sia dato provare; specie se insorgono processi di neurite può estendersi ai denti vicini, irradiarsi all'orecchio nel caso di denti inferiori, alla tempia e all'occhio se si tratta di denti superiori, talora interessare tutte e tre le branche del trigemino, il collo, il braccio ecc.
Terapia. - Non essendo possibile, per la struttura istologica dei tessuti dentali, lo svolgersi di processi di riparazione biologica, la cura della carie consiste essenzialmente nell'allontanamento dei tessuti malati, nella disinfezione della cavità così formata, e nel riempimento di essa con materiali d'otturazione.
Nella carie non penetrante si asporta lo smalto e la dentina rammollita e infetta, arrivando al tessuto sano e dando alla cavità forma appropriata ad accogliere e a ritenere il materiale di otturazione. Praticata la disinfezione della dentina, si ottura la cavità con cementi o amalgame metalliche o oro o porcellana, e s'ottiene la perfetta ricostruzione della parte mancante del dente che riacquista la sua completa validità funzionale.
Nella carie penetrante, prima dell'otturazione bisogna asportare la polpa infetta e infiammata, abolendone la sensibilità col provocarne la morte, o una temporanea anestesia.
Bibl.: J. Redier, Traité de la carie dentaire, parigi 1905; C. Brugnatelli, Eziologia della carie dentale, Milano 1913; A. Beretta, Delle condizioni anatomiche del dente rispetto all'origine della carie, Bologna 1914; B. Gottlieb, Aetiologie und Prophylaxe der Zahncaries, in Zeitschrift für Stomatologie (1921); O. Walkhoff, Lehrbuch der konservierenden Zahneilkunde, Berlino 1921; A Beretta, La composizione chimica dello smalto si modifica con l'età, in La stomatologia (1926); M. L. Ward, The American Text-Book of operative dentistry, Philadelphia 1926; A. Beretta, Teoria trofo-microbica dei processi cariosi del dente, Bologna 1927; id., Elementi di odontoiatria e protesi dentaria, Bologna 1929; A. Chiavaro, Semeiologia fisica e diagnostica odontoiatrica, Torino 1929; A. Kantorowicz, Klinische Zahnheilkunde, Berlino 1929; R. Nogue e A. Gaillard, Traité de stomatologie, Parigi 1914-1929.
Fitopatologia. - La voce carie qualifica un'alterazione o decomposizione dei tessuti, più o meno profonda, per azione specialmente di organismi estranei, e sintomaticamente non molto diversa dalla cancrena secca (v.). Sono note la carie bianca, o marciume bianco, degli acini d'uva, dovuta al fungo Charrinia diplodiella (v.), e la carie del tronco, frequente in molti alberi, come l'olivo (in alcune località volgarmente detta lupa), la vite (detta pure volgarmente esca), ecc. La carie del tronco è dovuta allo sviluppo di micelî fungini, appartenenti soprattutto a specie della famiglia Poliporacee (Fomes, Stereum, Polyporus, ecc.).
La carie del grano o anche golpe, buffone, carbone puzzolente (fr. carie du blé, nielle; sp. tizoncillo; ted. Steinbrand, Stinkbrand; ingl. bunt, smut-ball) è una delle malattie più dannose, dovuta all'azione di un fungo Basidiomicete della famiglia Tilletiacee (Tilletia tritici e T. levis), il quale sviluppatosi insidiosamente nella pianta durante il suo accrescimento, finisce per localizzarsi e sporificare dentro gli ovarî, rendendosi solo allora visibile. Le cariossidi parassitizzate sono piccole, deformi, leggiere, si rompono facilmente lasciando uscire la massa polverosa delle spore, bruno-scura e di odore sgradevole. Per prevenire il malanno, si usa la cosiddetta disinfezione della semente, destinata a uccidere le ustilagospore che eventualmente aderissero all'esterno dei chicchi.