carie
Processo cronico a carattere distruttivo di un tessuto duro. C. dentale: malattia del dente caratterizzata essenzialmente dalla disgregazione e dalla distruzione dello smalto (c. di 1° grado), della sottostante dentina (c. di 2° grado), con formazione di cavità (c. penetrante, di 3° grado) ed eventuale compromissione della polpa dentaria (gangrena e necrosi della polpa, c. di 4° grado). La sua patogenesi è complessa e solo in parte nota: notevole rilevanza hanno i fattori microbici (azione della flora acidogena quando essa non sia contrastata da una sistematica igiene della bocca), quelli costituzionali (insufficiente resistenza strutturale del dente), alimentari (scarso apporto di fluoro con le acque e gli alimenti). Si cura rimuovendo meccanicamente le parti necrotiche e chiudendo, dopo opportune medicazioni, la cavità con cementi o con amalgami metallici. La c. non curata può dar luogo a complicazioni locali (pericementite, ascessi) e generali (malattie focali, setticemia). C. ossea: distruzione delle trabecole ossee per localizzazione di infezione tubercolare, con lesioni necrotiche lamellari e distacco di frammenti (sequestri) ossei, dipendenti dalla occlusione trombotica dei piccoli vasi sanguigni. Le sedi della c. ossea possono essere le più varie, ma alcune sono caratteristiche (c. costale, c. vertebrale o morbo di Pott, ecc.). Il trattamento nelle forme più lievi è medico e consiste nella terapia specifica antitubercolare; in quelle più gravi richiede interventi chirurgici o l’adozione temporanea di apparecchi gessati o di protesi ortopediche.