CARDINALE (lat. cardinalis, da cardo "cardine")
I "cardinali di Santa Romana Chiesa" sono gli alti prelati che costituiscono il sacro collegio, e fungono insieme da elettori, consiglieri e ministri del romano pontefice. Sono o dovrebbero essere in numero di 70, distinti nei tre ordini cardinalizî di vescovi, preti e diaconi. L'istituzione dei cardinali preti si fa risalire ai primi secoli della Chiesa; ma i primi documenti compaiono solo nella prima metà del sec. IV, quando i termini di presbyter e diaconus cardinalis, s'incontrano negli atti del concilio roma110 di S. Silvestro e in quelli di Nicea (325). È vero che soffro l'Impero romano e, più tardi, nel Medioevo si chiamarono cardinali i sacerdoti più eminenti addetti alle chiese principali, come quelle di Milano, Costantinopoli, Ravenna, Colonia, ecc.; tuttavia a Roma, fin dal sec. V, questo nome era riservato ai sacerdoti addetti alle chiese titolari, dette anche semplicemente tituli o tituli cardinales (v. titolo), cioè alle 25 o 28 chiese appartenenti al vescovo di Roma, nelle quali era divisa l'amministrazione ecclesiastica dell'Urbe, considerate perciò quasi altrettante diocesi. Fin dal sec. IX (costituzione De iure cardinalium di Giovanni VIII dell'873), i presbyteri cardinales erano giudici ecclesiastici e avevano la sorveglianza della disciplina ecclesiastica in Roma, con l'obbligo di riunirsi una volta al mese, di punire la violazione della legge, di comporre i conflitti fra ecclesiastici e laici in seno alla corte papale, ecc. Nel sec. XI i cardinali preti sono 28, cioè 7 per ciascuna delle quattro basiliche, di S. Maria Maggiore, di S. Pietro in Vaticano, di S. Paolo sulla via Ostiense e di S. Lorenzo in campo Verano.
I cardinali diaconi sorsero in relazione alla divisione della città. Secondo il Liber Pontificalis la divisione di Roma in sette regiones o rioni risale a S. Clemente (anni 88-97), sebbene sia ugualmente attribuita ai suoi successori Evaristo (a. 99-108) e Fabiano (a. 236-250); a ciascuna di queste regioni presiedeva uno dei sette diaconi, cui incombeva specialmente la cura dei poveri e l'assistenza al vescovo di Roma nelle sacre funzioni. Più tardi furono chiamati diaconi cardinales, e il loro numero nel sec. XII era salito a 18.
Crescendo poi la mole degli affari e moltiplicandosi le funzioni religiose solite a compiersi dal vescovo di Roma, i papi chiamarono presso di sé i vescovi delle diocesi più vicine per farsi assistere nelle cerimonie più solenni, e in genere per aiuto e consiglio. Già sulla fine del sec. VIII si trova confermata da Stefano III (a. 768-772) l'"antica consuetudine" secondo la quale "i sette cardinali vescovi ebdomadarî dovevano ogni domenica celebrare a vicenda la messa solenne all'altare di S. Pietro nella basilica Laterana".
Il numero dei cardinali, che nel Medioevo variò da 40 a 54, fu portato da Sisto V con la costituzione Postquam verus del 3 dicembre 1586 (tuttora in vigore) a 70, cioè 6 vescovi, 50 preti, 14 diaconi, sebbene i titoli cardinalizî disponibili per i tre ordini siano 75; ne consegue che vi è sempre qualche titolo vacante.
La dignità cardinalizia, già grande nella Chiesa fin dalle sue origini, crebbe di molto da quando fu riservata ai cardinali per i decreti di Nicola II (1059) e di Alessandro III (1179) l'elezione del papa e il governo della Chiesa durante la sede vacante; nel frattempo si venne sostituendo la loro autorità a quella dei sinodi romani, mentre nei concistori (v.) essi partecipavano alla discussione di tutte le principali cause deferite al papa. Più tardi fu nominato un cardinale a presiedere ciascuno dei principali uffici o dicasteri ecclesiastici (v. curia romana). Infine, prima Eugenio IV con la costituzione Non mediocri (1438), poi Leone X con la bolla Supernae (1514) proclamarono il diritto di precedenza dei cardinali su tutte le altre dignità della Chiesa.
La nomina dei cardinali rimase però sempre riservata al papa, escluso qualsiasi intervento del potere civile, sia pure sotto forma di semplice presentazione. I requisiti per gli eligendi sono ancora press'a poco quelli stabiliti dal concilio di Trento, sess. XIV, c. I: oggi però, a norma del Codex iur. can., non è ammesso neppure all'ordine dei cardinali diaconi chi non sia stato promosso al sacerdozio. I cardinali sono eletti e pubblicati nel concistoro segreto, e subito dopo l'elezione hanno il diritto di voto attivo e passivo e godono di tutti i privilegi elencati nel Codex, lib. II, cap. III, c. 239. Nel pomeriggio dello stesso giorno ha luogo negli appartamenti pontifici l'imposizione della berretta ai nuovi cardinali, che riceveranno il cappello rosso dalle mani del papa nel prossimo concistoro pubblico. Seguono nel prossimo concistoro segreto le due cerimonie dell'"apertura" e della "chiusura della bocca", la consegna dell'anello e assegnazione del titolo a ciascun cardinale. Se l'eletto risiede fuori d'Italia, lo zucchetto rosso gli viene consegnato a nome e per incarico del papa da un membro del corpo delle Guardie nobili, e la berretta rossa da un ablegato pontificio, mentre il nuovo cardinale s'impegna con giuramento a recarsi personalmente a Roma entro un anno per ricevere il titolo e il cappello cardinalizio. Nei principali stati cattolici l'imposizione della berretta rossa è riservata ordinariamente ai rispettivi capi del governo. Si può dare il caso di cardinali eletti in pectore: il papa decide cioè e pubblica la nomina, ma con riserva di rendere noto in un secondo momento il nome dell'eletto. Il cardinale in pectore, una volta proclamato, ha l'anzianità che gli spetta secondo la data della sua creazione in pectore, non secondo quella della sua proclamazione nominale. Se questa poi è preceduta dalla morte del papa ogni creazione in pectore è nulla.
Alla dignità cardinalizia vanno congiunti speciali diritti e privilegi: fra altri minori, essa gode, per es., del privilegium fori, ossia d'un tribunale riservato al papa, dal quale soltanto i cardinali possono essere giudicati o deposti; solo i cardinali possono essere legati a latere, ossia speciali inviati del papa nelle occasioni più solenni; nelle rispettive chiese titolari anche i cardinali preti e diaconi esercitano una giurisdizione quasi-episcopale, conferiscono beneficî ecclesiastici, hanno il trono sormontato da baldacchino. Come principi sovrani, essi dovrebbero seguire immediatamente il sovrano, almeno negli stati cattolici. A essi soli spetta l'appellativo di "eminenza"; hanno diritto al piatto cardinalizio, cioè a un assegno annuo fisso da parte del papa. Ai cardinali vengono affidate le "protettorie", ossia la protezione di ordini e congregazioni religiose, di santuarî, istituti, ecc., ufficio regolato dai decreti di varî papi, particolarmente da Innocenzo XII.
I cardinali, infine, formando il senato del papa, costituiscono il sacro colleggio, cioè una vera persona morale collegiale, godendo tutti uguale diritto di voto. Vi presiede il cardinale decano, che è il vescovo di Ostia pro tempore, sostituito, quando occorra, dal sottodecano, che è il vescovo di Porto. Capi d'ordine sono detti i cardinali più anziani di ciascuno dei tre ordini in cui il sacro collegio è ripartito. Le rendite sono amministrate dal cardinale camerlengo. Funge da segretario l'assessore della Congregazione concistoriale. In seno al sacro collegio avvengono le promozioni per anzianità e opzioni, ossia per il diritto di passaggio da un ordine inferiore e per un altro superiore, da una diaconia a un'altra, non però dall'una all'altra diocesi suburbicaria. L'opzione è regolata da disposizioni tassative del diritto canonico (Codex iur. can., can. 236).
Bibl.: Oltre ai trattati del Panvinio, Barbatia, Albano, Villadiego, raccolti nel Tractatus universi juris, XIII Venezia 1587, cfr. G. Botero, Dell'ufficio del cardinale, Roma 1599; L.A. Muratori, De cardinalium institutione, in Antiq. Ital., Milano 1741; L. Cardella, Memorie storiche dei cardinali della S. R. C., voll. 8, Roma 1792; per altri autori antichi cfr. U. Chevalier, Répertoire des sources hist. du M. A., I, pp. 881-83. Per la parte del diritto cfr. Ferraris, Prompta bibliotheca can., Montecassino 1845, art. Cardinales; F. Scaduto, Sacro Collegio, in Il Digesto italiano, XXI, Torino 1891, pp. 29-67; A.C. Jemolo, Elementi di diritto ecclesiastico, Firenze 1927.