CARBONE (VIII, p. 953; App. II, 1, p. 504; III, 1, p. 306)
Estrazione e preparazione. - A seconda della natura del giacimento il c. può essere estratto a cielo aperto oppure mediante pozzi e gallerie. Il primo caso si applica specie quando lo strato di terreno che ricopre il giacimento e che dev'essere asportato per scoprire il c. non sia troppo alto in rapporto allo spessore ed estensione del giacimento. L'asportazione dello strato superficiale di copertura si compie di solito con draghe mobili e il c. si recupera con mezzi meccanici.
Il sistema a cielo aperto consente sensibili economie ed elevate produttività. Si applica largamente nella Rep. Sudafricana, negli SUA, nelle due Repubbliche tedesche, in Australia, Siberia, ecc.
Se il giacimento è profondo esso viene raggiunto mediante pozzi e la coltivazione dello strato si esegue con tagliatrici e trasporti meccanici seguendo sistemi a fronte corto o preferenzialmente a fronte lungo, perché quest'ultimo consente produttività elevate, riduce i costi; richiede però forti investimenti di capitale. Oggi si tentano anche sistemi di abbattimento idraulico.
Il c. estratto risulta di pezzatura diversa e può contenere percentuali anche sensibili di componenti estranei (sterili) che vanno allontanati perché in molti casi gli acquirenti richiedono c. di pezzatura determinata, di qualità sempre migliore; e ciò specie l'industria metallurgica, per la quale oltre alla granulometria sono molto importanti il tenore di sostanze minerali e la percentuale di zolfo.
Per ridurre lo sterile del c. si usano sistemi diversi a seconda della natura e del tipo di c., della pezzatura, dell'impiego al quale il c. è destinato, dell'ubicazione e delle condizioni della miniera.
Per il c. in pezzatura relativamente grossa si ricorre a crivelli nei quali il c., immerso in acqua, si muove su una superficie perforata; durante il movimento esso viene assoggettato all'azione di pulsazioni prodotte, per es., da una corrente d'aria ascendente, ciò che favorisce la stratificazione dei materiali: gl'inerti più pesanti in basso, il c. più leggero in alto. Oggi si ricorre più frequentemente a lavaggio in mezzi densi costituiti, per es., da una sospensione di magnetite in acqua: immergendo il c. in un liquido a densità compresa fra quella del c. (1,2 ÷ 1,3) e quella delle impurezze (2 ÷ 2,5), queste vanno al fondo, mentre il c. galleggia.
Nel caso di c. in particelle minute il lavaggio si compie in cicloni o la depurazione si esegue per flottazione.
I c., specie quelli destinati alla preparazione di coke, vengono spesso miscelati in modo da meglio rispondere ai requisiti richiesti.
Costituzione. - Le ricerche sui c. sono state rivolte in questi ultimi anni all'acquisizione di una più profonda conoscenza della struttura intima dei loro costituenti e delle loro proprietà al fine di poter meglio valutare l'attitudine dei vari c. alla distillazione, alla gassificazione e alla trasformazione in prodotti liquidi.
Si sono utilizzate tutte le tecniche analitiche più recenti, da quelle microscopiche (microscopia ottica ed elettronica), a quelle fisiche (diffrazione a raggi X, spettroscopia infrarossa, risonanza magnetica nucleare), a quelle chimiche (analisi dei gruppi funzionali, estrazione con solventi, azione dei vari reagenti, analisi cromatografica, ecc.).
Queste ricerche hanno consentito nei litantraci (la classe più importante di c. fossili) d'individuare componenti petrografici (detti anche macerali in analogia coi minerali, i componenti delle rocce inorganiche); tali componenti, ben distinguibili al microscopio e talora anche a occhio nudo, e che costituiscono la parte fondamentale dei c., sono riunibili in 3 gruppi ai quali sono stati assegnati da una commissione internazionale i nomi di vitrinite, exinite, inertite.
La vitrinite costituisce il gruppo più importante dei macerali dei litantraci; predomina nelle frazioni più brillanti, e a volte sono in essa presenti frammenti nei quali sono distinguibili le strutture dei vegetali d'origine. Sotto l'azione del calore la vitrinite diventa plastica e rigonfia; dalla quantità di essa presente in un c. fossile dipende la possibilità di ottenere per distillazione un buon coke. Dal punto di vista chimico la vitrinite ha struttura fondamentalmente aromatica: il 70 ÷ 80% del suo carbonio (che è pari a 80 ÷ 85%) è sotto forma di composti aromatici ad anelli condensati (mediamente a tre anelli; la quantità di composti a 5 o più anelli è trascurabile); in molti anelli sono presenti gruppi metilici. La parte restante del carbonio è in prevalenza sotto forma di composti idroaromatici. La maggior parte dell'idrogeno presente nella vitrinite fa parte di gruppi alchilici (per lo più metilici) e metilenici (−CH2−) anziché di composti aromatici; la maggior parte dell'ossigeno è sotto forma di ossidrili fenolici e di gruppi carbossilici, mentre azoto e zolfo entrano, di solito, a formare anelli eterociclici.
Il gruppo dell'exinite comprende costituenti meno abbondanti nella maggior parte dei c. fossili; presentano di solito resti di polline, di spore, di resine, di pellicole di foglie, più o meno conservatesi durante il processo di formazione del carbone. Dei componenti macerali è quello più ricco in idrogeno e in sostanze volatili; col riscaldamento diviene prima molto plastico e poi si decompone completamente, perciò la sua presenza risulta molto importante per i c. destinati alla produzione di gas per le proprietà rigonfianti e per la produzione di sostanze volatili.
L'inertite proviene dalle parti legnose e dai tessuti morbidi dei vegetali d'origine del c. che hanno subìto trasformazioni profonde; è infatti ricca di carbonio (oltre 90%) e povera d'idrogeno; come indica il nome, è completamente inerte, e non rammollisce col riscaldamento; nella distillazione del c. essa contribuisce largamente alla formazione del residuo solido (coke) e a contenere la dilatazione e a irrigidire la massa plastica.
Le caratteristiche chimiche e fisiche dei macerali sono funzione del grado di carbonificazione subìto dai vegetali e le differenze fra essi si attenuano con il crescere di tale grado.
Molte delle caratteristiche tecnologiche di un c. dipendono dal rapporto dei costituenti macerali presenti, oltre che dall'età del combustibile; così, per es., modificando tale rapporto si possono variare il comportamento del c. alla distillazione e le caratteristiche del coke che ne risulta.
Classificazione. - Dal punto di vista del commercio, specie internazionale, del c. è divenuto sempre più necessario poter disporre di un sistema di classificazione che consenta l'individuazione di combustibili di diversa provenienza ma di analoghe caratteristiche e quindi utilizzabili per uno stesso scopo con uguale risultato.
Diverse sono state le classificazioni proposte e adottate nei diversi paesi (alcune di tipo scientifico, altre di tipo commerciale); esse si basano su caratteristiche aventi riflessi più o meno diretti sugl'impieghi ai quali il c. è destinato (produzione di gas, di coke, combustione diretta) e quindi i parametri di solito considerati sono: sostanze volatili, potere rigonfiante, potere agglomerante, ecc.
Il Comitato per il c. della CEE ha raccomandato nel 1956 una classificazione, detta "internazionale", che ha cercato di tener conto dei sistemi vigenti nelle varie nazioni; tale classificazione si applica ai cosidetti c. duri, cioè con potere calorifico superiore a 5700 kcal/kg (riferito ai c. privi di ceneri e con l'umidità d'equilibrio con l'ambiente a 30 °C e 96% di umidità relativa).
Tale classificazione è riportata in tabella.
I c. sono divisi in classi (in base al tenore di sostanze volatili per i c. che ne contengono meno del 33% e per gli altri in base al potere calorifico), in gruppi (in base alle loro proprietà agglomeranti e in sottogruppi in base alle proprietà cokificanti. Ciascun c. viene a essere individuato da un numero di codice di tre cifre delle quali la prima (che può andare da 1 a 9) indica la classe, la seconda (da 0 a 3) il gruppo e la terza (da 0 a 5) il sottogruppo. È previsto che tale classificazione possa essere integrata con altre cifre che dovrebbero servire a individuare caratteristiche chimiche dei carboni.
I numeri romani che figurano nella classificazione individuano zone (delimitate da linee più marcate) contenenti c. con numero di codice diverso, contraddistinti da analoghe caratteristiche e ugualmente idonei a uno stesso impiego e precisamente: I antracite; II c. magri; III c. grassi (per 1/4); IV c. semigrassi e grassi (per 3/4) a basso e medio tenore di sostanze volatili; VA c. da coke per miscela a basso tenore di sostanze volatili; VB c. da coke veri e propri (da usare senza miscelarli); VC c. per uso promiscuo (da gas e da coke); VIA e VIB c. grassi da vapore a lunga fiamma; VII c. secchi (a lunga fiamma).
Per le ligniti è stata proposta una classificazione che individua i termini con un numero di codice risultante dalla classe (da 10 a 15), determinata dal tenore di acqua totale posseduta dal c. così come proviene dalla miniera e dal gruppo, legato alla percentuale di catrame fornito dalla lignite (riferita al c. secco e senza ceneri).
Bibl.: D. W. Van Krevelen, Coal, Amsterdam 1961; W. Francis, Coal, its formation and composition, Londra 19612; H. H. Lowry, Chemistry of coal utilization (supplementary volume), New York 1963; A. A. Agroskin, Chemistry and technology of coal, Gerusalemme 1966.
Distribuzione geografica delle riserve, della produzione e del consumo di carbone. - Dall'esame della composizione del bilancio energetico mondiale secondo le fonti primarie, si riscontra nel periodo 1960-73 una costante diminuzione del consumo di c.: nel 1960 il c., compresa la lignite, contribuiva con un'aliquota del 48,4%, mentre nel 1973 era passata al 29,8% (vedi tab. 2). Tra le fonti alternative il petrolio ha assunto il ruolo precedentemente svolto del c., soprattutto per le produzioni di energia secondaria come la termoelettricità, a causa di una politica di bassi prezzi delle compagnie petrolifere nel periodo 1960-70 che a sua volta determinava una crisi dell'economia carbonifera di molti paesi, in particolare di quelli appartenenti alla CEE.
Alla diminuzione del consumo di c. concorrevano inoltre l'applicazione delle leggi contro l'inquinamento atmosferico, i progressi realizzati nella riduzione delle cariche di coke degli altiforni e infine la progressiva sostituzione dei derivati della carbochimica con quelli della petrolchimica in molti settori della chimica di base. Di conseguenza l'attività di estrazione procede a rilento: in effetti essa ha subito un sensibile regresso in quasi tutti i paesi dell'Europa occidentale, nei quali le condizioni naturali e la politica di offrire energia a bassi prezzi, per incrementare la produzione industriale, ha portato a una progressiva chiusura delle miniere di c.; l'industria carbonifera, grazie anche alle favorevoli condizioni naturali, con un costante aggiormamento delle tecniche d'estrazione ha potuto contenere meglio l'avanzata delle fonti alternative negli SUA, nell'URSS e nella Polonia, consentendo di mantenere un maggior equilibrio tra le diverse voci del bilancio energetico e di destinare una quota abbastanza consistente della produzione all'esportazione: l'estrazione del c. si è inoltre sviluppata considerevolmente nella Cina e nella Unione Indiana per sostenere i piani di sviluppo industriale, avvalendosi prevalentemente di risorse interne; alla stessa esigenza risponde lo sviluppo dell'industria carbonifera della Repubblica del Sudafrica, mentre quella del Canada e dell'Australia intendono realizzare grossi profitti puntando sul vertiginoso aumento del consumo di c. del Giappone, loro maggiore acquirente, ma anche sulle notevoli possibilità di esportazione offerte dai mercati europei dopo la crisi petrolifera. Quindi, malgrado la diminuzione del consumo relativo di c. rispetto alle altre fonti d'energia, la produzione mondiale continua a crescere: dai 1900 milioni di t del 1958-62, si è passati a 2011 milioni nel 1965 e 2177 nel 1974 (vedi tab. 2).
La situazione delle riserve mondiali di c. ha subito costanti aggiornamenti, grazie all'intensificarsi dell'attività di prospezione nelle aree di ecumenizzazione recente dell'Asia continentale, dell'America Settentrionale e dell'Oceania: nel 1974 le riserve certe ammontavano a 591,2 miliardi di t, cioè una quantità sufficiente a coprire il fabbisogno attuale annuo per oltre 260 anni; se a queste si aggiungono quelle possibili e quelle probabili si arriva a un valore complessivo, teoricamente inesauribile, di 10.754 miliardi circa.
Nell'America Settentrionale gli SUA e il Canada, nel loro insieme, posseggono circa il 32% delle riserve certe, in genere di c. di ottima qualità e ottima resa per usi termici e per la cokefazione; l'apporto più consistente proviene dagli SUA con una produzione di 539 milioni di t circa nel 1974, estratte in larga misura dal grandioso giacimento appalachiano; i continui progressi segnati dalla produzione canadese, che dai circa 7 milioni di t nel 1960 è passata a circa 17 milioni nel 1974, sono da imputare all'intensificarsi dell'estrazione dei giacimenti della Columbia Britannica, scoperti da tempo, ma divenuti economicamente sfruttabili solo recentemente.
L'entità delle risorse carbonifere dell'America latina, già di per sé modeste, non ha subito grosse variazioni, a eccezione del Brasile, dove sono ubicate l'82% delle riserve certe; anche l'attività di sfruttamento non si è modificata sensibilmente e la produzione complessiva nel 1974 è stata di 13 milioni di t circa, di cui oltre la metà provenienti dal Brasile. L'industria carbonifera dei paesi dell'Europa occidentale è da oltre un decennio in costante declino: le sfavorevoli condizioni dei giacimenti e una completa liberalizzazione dell'afflusso del petrolio e dei carboni esteri comportavano una drastica riduzione della produzione; quindi prima il Belgio, poi la Rep. Fed. di Germania, i Paesi Bassi, la Francia e ultimo il Regno Unito, procedevano a una progressiva chiusura dei pozzi e quindi alla riconversione delle regioni carbonifere. Dai 440 milioni di t circa che si producevano in media nel periodo 1958-62, nel 1974 la produzione della Comunità dei nove è passata a circa 244 milioni di t, con una riduzione di oltre il 40%. Tale evoluzione aggravava notevolmente il grado di dipendenza energetica dalle risorse esterne; nel 1974 il mercato energetico della CEE si approvvigionava dall'esterno nella misura del 62,3% del suo consumo apparente.
Anche nei paesi del COMECON l'importanza relativa del c. nel bilancio energetico è diminuita; comunque, sull'esempio degli SUA, per mantenere una certa diversificazione delle fonti energetiche e per non disattendere le notevoli disponibilità interme, il concorso del c. ai vari bilanci energetici si aggira su valori mediamente superiori al 30%; la produzione più consistente proviene dall'URSS, che possiede circa il 23 oó delle riserve mondiali certe e oltre il 50% di quelle complessive, con circa 473 milioni di t nel 1974; l'industria carbonifera sovietica presenta ottime prospettive per il futuro: la progressiva meccanizzazione dei tagli e l'aumento delle miniere a cielo aperto, dovrebbero far espandere la produzione anche in vista delle possibilità d'esportazione offerte dai paesi occidentali e dal Giappone; inoltre l'apertura della ferrovia Baikal-Amur dovrebbe consentire la piena valorizzazione degl'ingenti giacimenti di carbone da coke della Iacuzia meridionale. Ancora più intenso è il processo di espansione che ha interessato negli ultimi anni l'industria carbonifera della Polonia: nel 1974 era al quarto posto nella graduatoria mondiale con una produzione di 162 milioni di t; l'estrazione, come nell'Alta Slesia, avviene in genere a profondità maggiori rispetto a quelle dei giacimenti statunitensi e sovietici, ma si tratta prevalentemente di c. da coke di ottima qualità; nel 1974 sono stati esportati circa 40 milioni di t, di cui oltre 9 milioni nell'URSS, 3,8 milioni nella Rep. Fed. di Germania, 3 milioni in Italia.
In Asia la produzione più consistente è da tempo quella della Repubblica Popolare di Cina che nel 1974, con circa 380 milioni di t si collocava al terzo posto nella graduatoria mondiale. Le stime sulle riserve cinesi sono ancora poco accurate, ma gli ultimi risultati dell'attività di prospezione lasciano intravedere il possibile ritrovamento di giacimenti di un'entità tale da porle ai primi posti nella graduatoria mondiale; attualmente il giacimento più importante è quello dello Shenhsi: esso si articola in una serie di formazioni che si dipartono da Ta tung, nello Shanhsi, e proseguono ininterrottamente fino a Ping ting shan nell'Honan; comunque l'attività di sfruttamento è condotta con maggiore intensità nella provincia mancese del Liaoning, nel Chilin e nell'Heilungkiang, dalle quali proviene oltre il 30% della produzione nazionale. Un sensibile aumento della produzione si è verificato anche nell'Unione Indiana: dai circa 53 milioni di t nel periodo 58-62 è passata a circa 84 milioni di t nel 1974; la consistenza delle riserve è discreta, ma si tratta prevalentemente di c. non cokefacibili.
La produzione di c. del Giappone, ormai quasi dimezzata rispetto al 1960, dev'essere largamente integrata dalle importazioni; dei circa 50 milioni di t importate nel 1973, oltre il 40% provenivano dall'Australia, il 35% dagli SUA, ecc., e si trattava in gran parte di c. da coke destinato all'enorme fabbisogno del settore siderurgico. In Africa, corrispondentemente all'ubicazione delle riserve, i massimi valori della produzione si hanno nella Repubblica del Sudafrica, con circa 65 milioni di t nel 1974, e nella Rhodesia con 3,5 milioni di t; sviluppatasi parallelamente alle altre attività minerarie, la produzione della Repubblica del Sudafrica, che rappresenta circa il 90% di quella africana, proviene principalmente dal Transvaal, da giacimenti che presentano buone condizioni di sfruttamento; si tratta però di c. poco adatto alla cokefazione che viene tuttavia largamente impiegato per usi termici, soprattutto dopo l'embargo del petrolio arabo, e che concorre nella misura di circa il 70% al bilancio energetico nazionale. In Australia, i recenti ritrovamenti nel Queensland (Bowen Basin) e l'intensificarsi dell'attività di sfruttamento nelle miniere del Nuovo Galles del Sud (Sidney Basin) hanno consentito di triplicare la produzione nel periodo 1960-74; le favorevoli condizioni naturali hanno richiamato l'interesse di capitali giapponesi, per cui la competitività dei prezzi raggiunta tramite massicci investimenti, consente al c. australiano di accedere oltre che ai porti giapponesi anche a quelli europei.
Bibl.: E. Massi, Le riserve di fonti d'energia delle grandi aeree economiche, Milano 1967; G. Spinelli, Il carbone statunitense nel mercato della CEE, Roma 1967; U. S. Bureau of Mines, Mineral Yearbook 1971, Washington 1973; L'avenir du charbon, in The Petroleum Economist, 1974, pp. 61-3; World Energy Conference, World Energy Conference Survey (1974), New York 1975.