CARBOIDRATI (VIII, p. 945)
Nella serie innumerevole di composti organici che fanno parte delle piante e degli animali, il gruppo dei carboidrati occupa un posto preminente, del tutto singolare. I carboidrati sono i soli composti in diretta relazione con la fotosintesi clorofilliana per mezzo del loro capostipite che, secondo l'ipotesi del Baeyer, confermata recentemente dalle esperienze di G. Klein, è l'aldeide formica CH2O. Dai carboidrati derivano tutte le altre sostanze organiche che si trovano nei vegetali e soltanto da prodotti vegetali derivano più o meno direttamente tutti i numerosi composti organici che si trovano negli animali.
Ogni atomo di carbonio di qualunque composto organico biologico ha dunque fatto parte, in un tempo più o meno remoto, di una molecola di anidride carbonica prima, e di una molecola di idrato di carbonio poi. Quando - in conseguenza di un fenomeno di ossidazione (respirazione, fermentazione, combustione) - esso sarà rientrato nel mondo minerale in forma di anidride carbonica non potrà più essere ripreso nel ciclo vitale se non ritornando a far parte di una molecola di idrato di carbonio.
Dall'entità della produzione fotosintetica degl'idrati di carbonio dipende quindi direttamente l'entità della materia organica vegetale e animale che esiste sulla terra: se detta produzione cessasse la terra diventerebbe un deserto e si spegnerebbe la vita.
A queste considerazioni sull'importanza dei carboidrati nel ciclo naturale del carbonio, come anelli di congiunzione del mondo inorganico col mondo organico, è da aggiungere che, anche nella vita dell'uomo, gl'idrati di carbonio hanno un'importanza fondamentale sia come alimenti (zuccheri, amido), sia come costituenti essenziali del legno, della carta, di molte fibre tessili e anche di molti esplosivi (cellulosa).
Alla voce carboidrati vennero descritte la struttura e le reazioni dei principali carboidrati; ora si descriverà come, in seno alle piante, i carboidrati si originano, si trasformano, migrano, costituiscono delle riserve e come queste vengono mobilizzate.
Fotosintesi dei carboidrati. - La fotosintesi dei carboidrati si produce soltanto nelle parti verdi delle piante, e quindi sopra tutto nelle foglie. Il pigmento verde, o clorofilla, è distribuito allo stato liquido o colloidale in cellule del parenchima su alcune formazioni protoplasmatiche granulari: i cloroplasti. Nelle foglie di molte piante la fotosintesi si rivela con la comparsa di granuli di amido in seno ai cloroplasti. La presenza dell'amido si può riconoscere facilmente scottando prima la foglia con acqua bollente, poi estraendo la clorofilla con alcool e infine trattando la foglia, divenuta incolora, con una soluzione diluita di iodio che colora i granuli di amido in blu cupo.
Nelle foglie di parecchie piante (frumento, Allium, Iris, Musa, ecc.): il processo di fotosintesi non conduce alla formazione di amido, ma di zuccheri: saccarosio, fruttosio, glucosio, ecc.
È stato dimostrato, per alcune di queste piante, che se si intensifica il processo di fotosintesi - ad esempio, aumentando la concentrazione dell'anidride carbonica presente - nelle loro foglie compaiono granuli di amido. Lo stesso risultato si ottiene mantenendo le foglie stesse in una soluzione di zucchero. Ciò ha fatto pensare che anche nei casi in cui il primo prodotto riconoscibile della fotosintesi è l'amido, la sua formazione sia preceduta da quella transitoria di zuccheri semplici dai quali, com'è noto, l'amido si forma facilmente nelle piante per eliminazione di molecole di acqua.
L'intensità del processo fotosintetico può venir misurata nelle foglie dal loro aumento di peso, o, meglio, dalla quantità di anidride carbonica che assorbono o dalla quantità di ossigeno che sviluppano.
L'ordine di grandezza della produzione fotosintetica degl'idrati di carbonio si aggira tra uno e due grammi per ora e per metro quadrato di superficie foliare.
Dalle misure dell'intensità del processo fotosintetico, fatto avvenire nelle condizioni più diverse, si è potuto stabilire l'influenza che su di esso esercitano i suoi fattori essenziali che sono, oltre alla clorofilla, l'anidride carbonica, l'acqua, la luce, la temperatura.
Influenza della quantità di clorofilla. - La quantità di carbonio assimilato da una determinata superficie foliare nell'unità di tempo non pare sia sempre proporzionale alla quantità di clorofilla presente.
Se si confrontano foglie di piante diverse a contenuto press'a poco eguale di clorofilla per unità di superficie, si trova che la loro attività assimilatrice presenta, in condizioni eguali, valori dello stesso ordine di grandezza. Se invece si sperimenta con foglie in via di ingiallimento e quindi molto povere in clorofilla, si trova che in esse la clorofilla presenta, per unità di peso di pigmento, un'attività da 100 a 200 volte maggiore di quella che manifesta normalmente nelle foglie verdi.
Influenza della concentrazione dell'anidride carbonica nell'aria. - Di tutti i fattori essenziali del processo fotosintetico clorofilliano, l'anidride carbonica è quello che in natura è presente in misura relativamente più scarsa. L'aria normale contiene appena 0,03% di anidride carbonica. Aumentandone gradatamente il contenuto si nota un aumento graduale dell'intensità del processo fotosintetico. L'aumento sembra cessare quando la concentrazione dell'anidride carbonica assume un valore circa cento volte maggiore di quello di partenza.
Questo fatto ha avuto riflessi pratici e si è tentato, tanto dentro le serre che sui campi, di aumentare la produzione della sostanza organica arricchendo di anidride carbonica l'aria a contatto delle piante. I risultati delle esperienze furono positivi, ma soltanto in casi eccezionalissimi la cosiddetta concimazione carbonica dell'aria può presentare vantaggio economico.
Influenza dell'acqua. - L'acqua è una delle materie prime del processo della fotosintesi dei carboidrati: in questi circa il 60% del loro peso è costituito di elementi derivati dall'acqua. La quantità di acqua che deve essere presente perché si produca la reazione sintetica è enormemente maggiore di quella che entra in reazione. La cellula clorofilliana deve essere attraversata da un flusso di vapor d'acqua che è circa otto volte maggiore di quello che si ha nella normale evaporazione della foglia, cioè quando questa non sia in attività fotosintetica.
Influenza della qualità e della quantità delle radiazioni luminose. - La trasformazione del sistema: anidride carbonica + acqua nel sistema: idrato di carbonio + ossigeno è una reazione endotermica. Essa in natura avviene soltanto nelle cellule viventi fornite di cloroplasti e con l'intervento della luce solare. L'energia luminosa viene immagazzinata sotto forma chimica dall'idrato di carbonio e può venir liberata sotto forma di calore quando l'idrato di carbonio o i suoi prodotti di condensazione vengono ritrasformati mediante ossidazione nel sistema: anidride carbonica + acqua. Tutti i calori prodotti dalla combustione di sostanze organiche, compreso il calore animale che deriva dalla combustione lenta di sostanze organiche nell'organismo animale, ripetono la loro origine dal sole. Quando si bruciano delle foglie o delle stoppie si libera sotto forma di calore l'energia solare immagazzinata da pochi mesi; quando si brucia del carbon fossile si libera dell'energia solare immagazzinata da milioni di anni.
Le radiazioni comprese, nello spettro solare, tra le righe B e C di Fraunhofer - cioè le radiazioni rosse e gialle - sono dotate della massima attività fotosintetica, e sono pure quelle che la clorofilla assorbe in pieno. Se si sperimenta con radiazioni molto più deboli della luce solare, si riconosce che l'intensità del processo di fotosintesi cresce proporzionatamente con l'intensità della radiazione luminosa. Aumentando via via l'intensità luminosa si raggiunge un'intensità massima per il processo assimilatorio, e tale massimo è raggiunto per un'intensità luminosa che è circa metà della radiazione solare diretta. Da questo fatto deriva che l'intensità della radiazione solare può essere di regola e per le piante comuni ridotta a quasi metà senza che si rallenti il processo di formazione della sostanza organica. "La consociazione delle piante arboree ed erbacee, che ha tanta parte nell'economia rurale italiana, ha probabilmente in questo fatto la sua ragion d'essere". (Pratolongo).
Influenza della temperatura. - L'attività fotosintetica nelle foglie si annulla nelle piante comuni sia per temperature verso 0° che per temperature verso i 40°. Essa si dimostra in generale crescente per temperature crescenti da 5° a 30°. L'ottimo varia da specie a specie.
Migrazione dei carboidrati e costituzione delle riserve. - Una parte dei carboidrati di origine fotosintetica viene consumata nella respirazione, che può essere completa con formazione di anidride carbonica e acqua, o incompleta con formazione di acidi vegetali (malico, tartarico, citrico, ossalico, ecc.). Siccome la pianta verde chiude sempre il suo ciclo vitale con un notevole accumulo di sostanza organica, si deve ammettere che l'intensità dei processi respiratorî sia molto inferiore a quella dei processi sintetici.
Un'altra parte dei carboidrati viene impiegata per lo sviluppo degli organi della pianta cioè per la costruzione di nuove cellule e di nuovi tessuti. Per spiegare come la pianta si sviluppi in ogni sua parte bisogna ammettere che i prodotti della fotosintesi migrino e si diffondano per tutta la pianta. Se il prodotto della fotosintesi è l'amido, sostanza insolubile nell'acqua, la diffusione è preceduta dalla sua solubilizzazione e trasformazione in zuccheri per opera di enzimi.
I carboidrati solubili (saccarosio, glucosio e fruttosio) seguono nella loro migrazione, quale via principale, i vasi cribrosi del libro, ma in parte anche si diffondono da cellula a cellula.
Quando la pianta è giunta al suo completo sviluppo impiega i carboidrati, che le foglie continuano a produrre, per costituire delle riserve che si localizzano nelle diverse piante in organi diversi: semi, frutti, radici, tuberi, bulbi, fusti, o anche foglie.
La formazione delle riserve viene generalmente interpretata come la conseguenza di un fenomeno enzimatico che determina uno squilibrio osmotico. Nel punto dove si costituisce la riserva gli zuccheri semplici provenienti dalle foglie si condensano, per azione di enzimi, in polisaccaridi complessi a peso molecolare elevato e talvolta anche insolubili, di modo che la pressione osmotica locale diventa molto piccola e si produce un richiamo di altre molecole di zuccheri semplici dalle soluzioni circolanti nella pianta che hanno pressione osmotica più elevata.
Così si spiega come l'amido che si forma per fotosintesi nelle foglie della patata finisca con l'accumularsi nei tuberi sotterranei.
Non sempre i carboidrati che si accumulano nelle riserve sono della stessa natura di quelli che si sono formati nelle foglie. Nelle foglie di Helianthus tuberosus (topinambour) si riscontrano amido, saccarosio, glucosio e fruttosio: nei tuberi si trova quasi esclusivamente inulina, che è un polisaccaride levogiro scindibile in molecole di fruttosio.
In alcune piante esiste una zona determinata molto ristretta dove ha luogo un cambiamento improvviso nella natura degli zuccheri provenienti dalle foglie. Così nella bietola, gli zuccheri semplici che dalle foglie scendono attraverso il picciolo, quando arrivano al colletto della radice si trasformano quantitativamente in saccarosio.
Analogamente nella cicoria, gli zuccheri riduttori delle foglie si trasformano in inulina attraversando il colletto.
Trasformazioni molto singolari dal punto di vista chimico si hanno nella pianta di frumento. Dalle ricerche di H. Colin risulta che mentre le foglie contengono soltanto zuccheri (saccarosio, glucosio e fruttosio) nello stelo gli zuccheri si trasformano in un polisaccaride, la levosina, costituita di molecole di fruttosio, e infine nella cariosside si ha formazione di amido, che, com'è noto, è costituito di molecole di glucosio.
Trasformazioni graduali dei carboidrati si hanno invece nelle riserve dei bulbi. Nei bulbi di cipolla dapprima prevalgono gli zuccheri semplici, poi prevale il saccarosio; nei bulbi di giacinto prevale dapprima il saccarosio, poi la destrina e infine l'amido. Nel sorgo e nel mais le riserve costituite nella massima parte da saccarosio si accumulano transitoriamente nel fusto e sono destinate a finire, almeno in parte, nei semi, prevalentemente in forma di amido.
Anche negli alberi, specie in quelli fruttiferi, si costituiscono delle riserve di carboidrati nelle radici, nel fusto e nei rami, e dall'entità di tali riserve dipende la quantità della successiva loro produzione in fiori e in frutti. L'agave immagazzina per tutta la vita le riserve nelle sue foglie carnose: quando all'età di circa 50 anni fiorisce e forma i semi, le riserve migrano verso l'apparato fiorale, le foglie avvizziscono e la pianta muore.
Mobilizzazione delle riserve idrocarbonate. - Nel periodo in cui le riserve vengono utilizzate dalla pianta si producono, in generale, migrazioni e reazioni inverse di quelle che hanno condotto alla formazione delle riserve. I polisaccaridi (amido, inulina, mannani, galattani, saccarosio, ecc.) per azione di enzimi idrolizzanti vengono risolti negli zuccheri semplici che li costituiscono.
Una parte di questi zuccheri viene consumata nella respirazione e un'altra parte fornisce agli embrioni il materiale per svilupparsi e trasformarsi in germogli. Per seguire le trasformazioni che subiscono i componenti delle riserve in tale lavoro costruttivo bisogna far avvenire la germinazione o la germogliazione in assenza della luce, allo scopo di evitare la formazione della clorofilla, perché in presenza di quest'ultima sarebbe impossibile distinguere i prodotti provenienti dal metabolismo delle riserve da quelli formati per fotosintesi.
Nei tuberi di topinambour durante la germogliazione l'inulina viene trasformata in zuccheri riduttori che contengono per quattro parti di fruttosio una di glucosio; ma in seguito, nel nuovo caule sotterraneo che prende origine dal tubero, il glucosio prevale fortemente sul fruttosio. Nel caso delle bietole, le foglie del secondo anno si formano a spese del saccarosio della radice, ma in dette foglie il saccarosio risulta trasformato quasi completamente in zuccheri riduttori. Le cariossidi del frumento utilizzano per lo sviluppo dell'embrione le riserve amilacee dell'albume che vengono solubilizzate e trasformate in maltosio dall'amilasi.
Bibl.: A. Mayer, Agrikulturchemie, I, Heidelberg 1901; F. Czapek, Biochemie der Pflanzen, Jena 1922; M. Molliard, Formation des substances ternaires, Parigi 1921; id., Utilisations des substances ternaires, ivi 1923; G. André, Chimie Agricole, ivi 1921; C. Ravenna, Chimica vegetale, Bologna 1926; A. Menozzi, U. Pratolongo, Chimica agraria, I, Milano 1931.