CARBOCHIMICA
(App. IV, I, p. 368)
La c., la cui importanza è stata largamente superata dalla petrolchimica, è stata oggetto di un rinnovato interesse in concomitanza con la crisi petrolifera del 1973 che ha portato a difficoltà di approvvigionamento del greggio e a un suo notevole aumento di prezzo. Specie negli USA si è nuovamente cercato di utilizzare il carbone come fonte di prodotti per l'industria chimica. L'utilizzazione si basa su tre operazioni fondamentali: a) distillazione per ottenere coke (per usi metallurgici, per carburo, per elettrodi, ecc.) e, come sottoprodotto, catrame; b) gassificazione per produrre gas di sintesi con cui preparare composti organici liquidi (metanolo, alcoli, ecc.); c) liquefazione (per idrogenazione o per estrazione con solvente).
La distillazione ha perduto importanza; oggi il coke, come combustibile sia domestico che industriale, è molto meno richiesto soprattutto nell'industria siderurgica; di conseguenza è diminuita la disponibilità di catrame, fonte di idrocarburi aromatici.
La produzione di gas di sintesi da carbone ha trovato una notevole concorrenza in quello ottenuto da gas naturale o da frazioni petrolifere leggere per la maggiore semplicità (v. gas, in questa App.).
Un esempio notevole di produzione di composti chimici (carburanti, etilene, ammoniaca, ecc.) si ha nel processo Sasol che trova una giustificazione economica nella politica autarchica del Sudafrica che, disponendo di carbone, vuol evitare la dipendenza dal petrolio, d'importazione.
La liquefazione diretta (parziale) del carbone può avvenire in un'unica fase o in due stadi. L'ufficio del ministero dell'Energia (DOE) degli USA ha finanziato le ricerche per identificare le possibilità di sviluppo, da parte di società private, di processi di liquefazione su scala industriale. Agli inizi le ricerche sono state indirizzate all'identificazione dei fattori critici che regolano la liquefazione (natura dei carboni più adatti, granulometrie da adottare, quantità d'idrogeno, condizioni per l'ottimizzazione delle rese in prodotti solubili, sistemi di separazione dei liquidi prodotti, raccolta di dati su impianti pilota).
I primi sistemi sperimentati erano orientati all'adozione di condizioni ''severe'' (di temperatura, pressione, quantità d'idrogeno) per favorire la formazione di prodotti liquidi; queste condizioni davano però origine a elevate quantità di gas, a frazioni liquide di caratteristiche non molto buone, a elevato punto di ebollizione. Si è visto in seguito che con condizioni meno severe si potevano ottenere risultati migliori: formazione di componenti a minor peso molecolare; presenza nei prodotti liquidi di minori quantità di eteroatomi, specie zolfo, così da risultare più facilmente idrogenabili; necessità di apparecchiature meno costose e più semplici; consumi energetici più bassi, ecc. In queste condizioni meno severe il meccanismo del processo cambia, poiché l'idrogeno, anziché agire direttamente sul carbone, agisce più rapidamente sul solvente, fornendo strutture idroaromatiche labili, che decomponendosi provvedono poi a trasferire l'idrogeno al carbone. Il passaggio da solido a liquido dipende dalla disponibilità di un solvente capace di donare facilmente idrogeno, che viene catturato, rapidamente e in maniera efficace, dai radicali liberi che si formano dalla rottura della matrice del carbone provocata dal riscaldamento. I radicali che si formano nel riscaldamento vengono stabilizzati sottraendo un atomo d'idrogeno al solvente (in parte anche utilizzando l'idrogeno molecolare).
Il sistema che è stato provato su maggiore scala è quello studiato dalla Exxon, in partecipazione sia con il DOE che con enti privati (Electric Power Research Institute) anche stranieri (giapponese e tedesco). Dopo circa un decennio di ricerche su impianti pilota di piccole dimensioni, nel 1982 è entrato in funzione un impianto di ricerca, della capacità di 250 t/giorno di carbone, con una produzione di circa 600 barili di ''petrolio sintetico''.
Il carbone, macinato ed essiccato, viene miscelato col solvente, sotto pressione; la sospensione, addizionata d'idrogeno e preriscaldata a circa 450°C, attraversa, dal basso all'alto, un reattore tubolare, verticale (senza catalizzatore). La massa, dopo un tempo di attraversamento diverso a seconda del carbone trattato, viene decompressa gradualmente e poi distillata per separare i gas combustibili dai prodotti liquidi e solidi; il residuo che rimane nel distillatore passa poi a una distillazione sotto vuoto, dalla quale si ottiene un'altra frazione liquida. I prodotti liquidi più leggeri sono idrogenati e frazionati per distillazione. Il solvente, impoverito d'idrogeno, è rigenerato per idrogenazione. Il sistema consente di ottenere dal carbone, mediamente, circa il 50% in peso di prodotti liquidi e il 10% di prodotti gassosi.
Sono stati anche studiati diversi processi a due stadi: nel primo stadio dal carbone si ottiene una prima frazione liquida per riscaldamento a bassa temperatura, con basso consumo d'idrogeno; nel secondo stadio il carbone residuo viene trattato con idrogeno in presenza di catalizzatori; i processi a due stadi consentono di ottimizzare le condizioni delle due fasi.
In Germania, seguendo la vecchia tecnologia della IG (con la quale si ottennero rilevanti quantità di prodotti liquidi nel periodo 1930-45), la Ruhrkohle-Veba ha studiato un processo nel quale il carbone viene idrogenato in presenza di ossido di ferro, come catalizzatore, in più reattori, a 300 atm e 490°C, dove rimane complessivamente per circa 45 minuti. Distillando il prodotto così ottenuto, si ricava un olio leggero (〈200°C), uno medio (200÷325°C), uno pesante (>325°C) e un residuo che viene poi utilizzato per produrre idrogeno per gassificazione.
Tenuto conto della differenza dei prodotti liquidi ottenuti nei vari processi, in dipendenza sia dei carboni trattati che delle condizioni dei processi seguiti, e soprattutto delle differenze fra questi liquidi e i normali petroli, negli USA è stata condotta una ricerca per stabilire lo schema ottimale per ottenere dai liquidi a disposizione carburanti con le caratteristiche richieste dalle norme attuali. Le differenze fra questi liquidi e i petroli consistono in temperature d'ebollizione più basse, presenza di maggiori percentuali di composti ad anelli condensati, pochi composti paraffinici, presenza di eteroatomi, specie azoto e ossigeno, minore contenuto d'idrogeno.
Bibl.: D. D. Whitehurst, T. O. Mitchell, M. Farcusiu, Coal liquefaction, New York 1980; B. S. Lee, Synthetic fuels from coal, AIChE Symposium Series n. 14, ivi 1981; P. Nowacki, Coal liquefaction processes, ivi 1981; New approaches in coal chemistry, a cura di B. C. Bockrath e altri, Washington D.C. 1981.