CARATTERI TIPOGRAFICI
. Sono parallelepipedi o prismi quadrangolari di metallo fuso, ordinariamente lega di piombo, antimonio e stagno. All'estremità superiore recano in rilievo le figurazioni delle lettere dell'alfabeto, i segni della punteggiatura o altro. I primi caratteri usati per la stampa non erano mobili, ma i versi delle pagine venivano incisi su tavole di legno. L'invenzione del carattere mobile risale al 1446 per merito di Giovanni Gutenberg di Magonza (1397-1468). Sembra però che l'arte della stampa fosse conosciuta in Cina fin dagli anni 712-756 e che le prime opere stampate con caratteri mobili siano apparse nell'anno 953. Il Gutenberg stesso formò i primi caratteri mobili su asticine di legno, ma il legno andando soggetto al variare delle condizioni atmosferiche, non dava, nella stampa, i risultati desiderati e rendeva difficile e inesatto l'allineamento. Egli sostituì quindi i caratteri mobili di metallo a quelli di legno; non però di metallo fuso: la fusione dei caratteri è piuttosto invenzione di Pietro Schöffer, amico e coadiutore del Gutenberg, che incise punzoni atti a battere matrici onde ottenere la fusione dell'asticina con la lettera in rilievo. I caratteri da stampa, oltre che per l'occhio e per l'asta (occhio che da strettissimo può estendersi al larghissimo e asta che da sottilissima può raggiungere grossezze massicce), si distinguono per classi, o famiglie. Le principali famiglie in cui sono distinti i caratteri tipografici in Europa sono: latini, gotici, greci, slavi. I primi caratteri creati dal Gutenberg furono d'occhio e di forma tedesca. Specie nei primi tempi la tipografia cercò di avvicinarsi alle scritture a mano o a quelle delle lapidi. Diffusa anche in Italia l'arte della stampa, si ebbero i primi caratteri nella forma latina e s'iniziarono così le numerose derivazioni del carattere lapidario romano. Molte sono le denominazioni dei caratteri latini a seconda delle variazioni apportate alla loro forma dai molti artisti calligrafi, incisori e fonditori di caratteri che nel corso di cinque secoli, dall'invenzione della stampa mobile, si sono succeduti. La prima forma di carattere latino si ebbe nella tipografia di Subiaco, fondata in Italia nel 1465 da Sweynheim e Pannartz da Magonza. Il carattere usato da questi tipografi è stato classificato per molto tempo col nome di Sant'Agostino, dall'edizione del De Civitate Dei stampata a Subiaco nel 1467. Lo stesso carattere venne più tardi distinto col nome di Silvio che serviva a classificarlo più nelle dimensioni che nello stile (v. corpo). Ad Aldo Manuzio va attribuita l'invenzione del carattere corsivo, classificato oggi per carattere aldino e anche italico; esso fu sicuramente disegnato dal bolognese Francesco Griffi incisore di caratteri tipografici e tipografo egli stesso, il quale lavorò per Aldo e per il Soncino.
La classificazione dei principali tipi di caratteri, dai quali si sono poi dedotti molteplici tipi derivati, può esser segnata come segue: aldini o italici, caratteri leggermente inclinati a destra, di tipo corsivo (attualmente alcune fonderie classificano per caratteri aldini quelli ad asta pienotta); bastarda, altro tipo di carattere corsivo che si differenzia dal corsivo inglese: si hanno la bastarda antica usata in Francia nel sec. XV; la bastarda spezzata, pure usata in Francia nel sec. XVIII e incisa da Pietro Moreau, e la bastarda inclinata, pure d'origine francese, incisa dal Fournier (1741). Bodoniani, incisi e fusi dal Bodoni, che ricordano molto il tipo lapidario romano: essi si dividono in due principali categorie: verticali e inclinati (v. bodoni). Calligrafici: caratteri che imitano la scrittura, essenzialmente corsivi. Alla famiglia dei calligrafici possono venire aggregati i cancellereschi, rondi, inglesi, americani, tutti di tipo corsivo. Egiziani: caratteri ad asta grassa, sia che abbiano occhio largo o stretto, allungato o corto; sono usati spesso per titoli e sottotitoli. Etruschi: sono comunemente distinti con questo nome i caratteri dall'asta marcata, tutta uguale, senza finezze, caratteri detti anche a bastone. Negli egiziani c'è come una lontana reminiscenza dei caratteri delle antiche iscrizioni greche; gli etruschi hanno una lontana parentela con le antiche iscrizioni fenicie. Numerose poi sono le variazioni apportate a questi tipi di carattere dall'inizio del loro uso per la stampa ai giorni nostri: tante, che si classificano gli: egiziani-inglesi, ionici, ecc. e gli etruschi-lapidarî e dorici, antichi e grotteschi. Elzeviriani: carattere usato dagli stampatori Elzevier ad Amsterdam, e che si vuole disegnato da Cristoforo Van Dyck; è un tipo di carattere latino dall'occhio assai piccolo. Gotici: carattere di forme strette, angolose, grave nell'aspetto, usato moltissimo nella scrittura degli antichi codici, fu il primo carattere adoperato per la stampa, e assunse poi forme svariatissime attraverso gli anni, le regioni e i tipografi. Questo primo tipo, che il Fournier riesumò, incise e fuse, è conosciuto col nome di mesogotico; mentre è detto semigotico un tipo di carattere dalle forme più latine che gotiche. Latini: vennero così denominati i primi caratteri usati per la stampa in Italia, incisi e fusi sulle forme della scrittura umanistica; le odierne derivazioni del carattere latino sono innumerevoli. Romani: i caratteri che si riallacciano in certo modo ai latini, agli elzeviriani, ai bodoniani e ai lapidarî. Veneziani: i caratteri primamente usati da Nicolò Jenson, stampatore a Venezia; costituiscono una delle forme più aggraziate di carattere romano adatto al lavoro tipografico. Nei caratteri "fantasia" abbiamo diverse diramazioni e denominazioni quali quelle di caratteri: filettati, fregiati, grotteschi, ombreggiati, rotondi, ecc. Le diverse fonderie di caratteri battezzano poi con nomi di proprio gusto le diverse forme di caratteri che man mano mettono in commercio. Limitatamente a fonderie italiane abbiamo gli appellativi: ambra, corallo, medievale, splendor, Bodonia, Vittoria, Hidalgo, suprème, neretta, ideal, ciclope, e nomi di personaggi illustri quali: Donatello, Vittorio, Schiller, Virgilio, Cairoli, Paisiello, Orlando, Edison, e nomi di città: Adria, Bari, Biella, Bologna, Dublino, Lione, Londra, Magenta, Padova, Salunzo, Vicenza, Voghera. Recentemente si vollero individuare i principali caratteri di pura marca italiana (Mostra del libro, Firenze 1928) e si ridussero a sei quelli di maggiore importanza e cioè: Inkunabula, che copia il tipo usato a Venezia nel 1477 dal tipografo Erardo Ratdolt, arredato di un corsivo. Esso è chiaro, leggiero, senza forti contrasti di chiaroscuro e ha la sua base geometrica in un quasi quadrato; il suo impiego richiede alquanto senso artistico nel compositore tipografo, poiché, per quanto elegantissimo, corrisponde a poche e regolate concezioni. L'umanistico o sinibaldi copiato e fuso da una ditta americana, da manoscritti di Antonio Sinibaldi fiorentino esistenti nella Biblioteca Mediceo-Laurenziana; di asta grave e con le code e le aste molto prolungate, riesce più elegante nei corpi grandi che nei piccoli. Il Ruano, messo recentemente in commercio da una fonderia di Torino, copiato dai modelli calligrafici eseguiti da Ferdinando Ruano (secolo XVI), modelli considerati fra i migliori che siano mai stati disegnati. Dei sette esemplari disegnati dal Ruano ne sono stati riprodotti due: uno di tipo cancelleresco, l'altro romano. La lettera cancelleresca del Ruano è diritta anziché pendente e il suo romano è compatto. Cosa originale per i calligrafi del suo tempo, il Ruano ha disegnato anche le lettere minuscole. La base geometrica del carattere Ruano è il rettangolo. Il Pastonchi porta il nome del suo ideatore: carattere chiaro dalla base geometrica quadrata, senza contrasti tra i fili e i pieni, elegante e pratico anche nel corsivo; è un carattere di facile impiego possedendo anche una certa vivacità nella forma corsiva. Il Paganini è un tipo veramente armonico, dai pieni sempre verticali, originale nell'asta del b, nella coda del g e nella distanza assai alta dei punti dell'i: forma composizione quieta e di largo respiro. Il Bodoni, in tutte le sue varietà, che formano ormai il capostipite della famiglia dei caratteri tipografici italiani.
I caratteri per i ciechi sono dovuti al francese Luigi Braille. I segni alfabetici sono rappresentati da punti impressi, e alquanto rilevati su un solo verso del foglio. I ciechi leggono tastando coi polpastrelli delle dita. Alcune fonderie fusero lettere dell'alfabeto usuale formate da puntini e da stamparsi in rilievo, ma all'atto pratico il semplice alfabeto Braille risultò il migliore. Oggi si stampano, con alfabeto Braille, anche libri dalle pagine di alluminio.
Caratteri per la musica. - Più economicamente si usa stampare la musica in litografia incidendo con speciali punzoni le note su lastre di zinco e facendo poi calcograficamente il trasporto su pietra. Da qualche tempo si compone anche la musica tipograficamente con caratteri mobili.
Caratteri di legno. - Si usano caratteri di legno inciso per le grandi iscrizioni dei manifesti o dei fogli di pubblicità, perché più maneggevoli dei caratteri di piombo.
Caratteri per legatoria. - I caratteri per legatoria vengono fusi in ottone, perché le impressioni in oro o a colori sulle legature dei libri sono eseguite a caldo, e quindi occorre una lega metallica che resista al calore. I caratteri per le iscrizioni del dorso sono ad asticina come quelli tipografici, quelli per le iscrizioni dei piatti sono di uno spessore che non supera i quindici millimetri.
Tacca dei caratteri. - Tutti i caratteri da stampa portano, o dal lato di testa o da quello di piede, una piccola tacca, o scannellatura, a un dato punto dell'asticina. La tacca serve a facilitare il lavoro del compositore; egli può così al solo tasto piazzare sul compositoio la lettera per il suo giusto verso.
Bibl.: F. Ruano, Sette alfabeti di varie lettere, Roma 1554; Th. e J. Bry, Alphabeta et characteres, iam inde a creato mundo ad nostra usque tempora, Francoforte 1696; A. Brogiotti, Indice dei caratteri, con inventori e nomi di essi, esistenti nella stampa Vaticana e Camerale, Roma 1628; Assensio y Mejorada, Geometría de la letra romana mayúscula y minúscula, ecc., Madrid 1780; J. J. Doht van Flensburg, Over de Elzeviers, Utrecht 1841; F. Ballhorn, Grammatography, a manual of reference to the alphabets of ancient and modern languages, Londra 1861; Th. F. Carter, The invention of Priunting in China, New York 1925; R. Bertieri, Calligrafi e scrittori di caratteri in Italia nel secolo XVI, in Risorgimento grafico, Milano 1927, nn. 7, 8, 9.