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CARACCIOLO, Bartolomeo, detto Carafa

di Carlo De Frede - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)
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CARACCIOLO, Bartolomeo, detto Carafa

Carlo De Frede

Nacque dall'omonimo Bartolomeo, nobile, napoletano, e da Teodora del Gaudio di Sessa intorno al 1300. Appartenne alla nobiltà del "seggio" di Nido e la rappresentò nel Parlamento convocato da re Roberto nel 1332; probabilmente nella stessa veste fu presente anche alla firma del trattato stipulato in Napoli il 17 giugno 1341 per sancire la lega antimperiale del Regno con Firenze ed altre città dell'Italia centrosettentrionale. Il 26 nov. 1343 il C. fu nominato maestro razionale; quando poi, nel 1344, giunse a Napoli il legato pontificio Aimeric de Chalus per attendere alla riforma amministrativa del Regno, fu chiamato a far parte del suo consiglio. Morto il maestro razionale Guglielmo da Gioia, il legato volle che il C. gli succedesse nella carica ", sollecitando e ottenendo da papa Clemente VI una raccomandazione perché la regina Giovanna approvasse quella decisione. Non è chiaro se il C. partecipasse o meno all'oscuro assassinio di Andrea d'Ungheria marito della regina (18-19 sett. 1345); sembra comunque che egli fosse tra coloro che il 6 marzo 1346 furono denunciati sotto tortura dal siniscalco Raimondo da Catania, e che, arrestato, riuscisse a fuggire, scampando così all'esecuzione capitale. Comunque dal 27 genn. 1348, durante la spedizione ungherese, il C. fece parte del governo provvisorio di Napoli insieme con Giovanni Barrili e altri sei maggiorenti cittadini.

Il C. morì in Napoli il 7 dic. 1362 e fu sepolto nella chiesa di S. Domenico Maggiore, dove era ricordato da un'epigrafe, oggi perduta, riferita da C. D'Engenio Caracciolo (Napoli sacra, Napoli 1624, p. 283).

Queste notizie biografiche sono le uniche accertabili e tra loro coerenti. L'Ammirato e l'Aldimari (e sulle loro tracce qualche moderno studioso), partendo dall'iscrizione tombale che appartiene sicuramente al C., mentre ebbero il merito di ricercare e pubblicare alcuni notevoli documenti, non seppero discernere, tra essi, quelli che si riferivano a una sola e medesima persona. Essi dilatarono così la biografia del C. fino ad attribuirgli precedentemente le cariche di giustiziere nel 1307 e nel 1309; le quali, richiedendo una maturità di carriera e di vita, porterebbero la sua nascita almeno verso il 1250. Lo stesso personaggio sarebbe stato poi gratificato di una pensione nel 1330 (nel cui diploma vien detto già vecchio). Ora, se non è assurdo che una tale persona possa essere vissuta fino al 1362, è impossibile che alla stessa si riferiscano coerentemente il diploma del 20 dic. 1330 (in cui il re Roberto, considerato che il C. era allora "ad seniorem iam deductus aetatem ac numerosae prolis onere pergravatus", gli concede una pensione in premio dei suoi servigi), una nomina di maestro razionale tredici anni dopo e infine tutte le vicende in cui troviamo presente un uomo che non poteva essere decrepito. Il Caracciolo giustiziere sotto Carlo II e vecchio nel 1330 dovrebbe pertanto essere altra persona dal C. maestro razionale nel 1343, e probabilmente proprio il suo omonimo padre.

Nel C. si può riconoscere, come già fece il Capasso, senza però ben determinarne la biografia, l'autore di quella parte (II) della cosiddetta Cronaca di Partenope (i capp. 58-71 nell'edizione a stampa del 1526), che è un breve compendio della storia napoletana dalla fondazione della monarchia alla morte di Roberto d'Angiò: l'autore si rivela col nome di "Bartolomeo Caracciolo detto Carafa" alla fine del compendio, che egli chiama Breve informazione, dedicandolo a Luigi di Taranto, secondo marito di Giovanna I: "La supradicta breve Informacione tracta de deverse coroniche ve fay a vuy nostro Singniore Re Loysi lo vostro fedelissimo vassallo Bartholomeo Caraczolo dicto Carrafa, cavaliere de Napoli". Tale rubrica finale è presente in tutti i manoscritti, tranne in tre (o meglio in due, perché uno di essi è mutilo in fine della seconda parte) e nelle edizioni a stampa. Nel compendio si rievocano i sovrani e le vicende del Regno, ricavate, per l'espressa affermazione che si è vista, da varie cronache; tra le quali fu riconosciuta come fonte principale un Sommario latino, composto dopo la morte di Carlo I, tradotto e ampliato nella Breve informazione (ma il Monti ha poi revocato in dubbio questa derivazione). Più certo e interessante è il fatto che il C. abbia utilizzato documenti, che erano in suo possesso, come il famoso pactum giurato dal duca Sergio ai Napoletani.

La dedica fatta dall'autore a Luigi di Taranto ci permette di collocare l'opera tra il 1348 C. il 1362; anzi, se si considera che verso la fine si accenna, come a persona vivente, a Filippo VI di Valois, che regnò fino al 1350, la composizione cadrebbe non oltre quell'anno. Del resto, anche se l'opera si mantiene nei limiti cronologici del regno di Giovanna I, non c'è dubbio che sia nata in quel risveglio culturale dell'epoca di Roberto, quando il re con la sua passione letteraria diede un impulso vivissimo agli studi. Fu in quest'atmosfera che anche la coscienza cittadina si risvegliò e con essa il senso e l'amore del passato, spingendo i Napoletani, e non ultimo il C., a ricercare e a tramandare i documenti e le memorie antiche.

Fonti e Bibl.: Sul C. vedi S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, II, Firenze 1651, pp. 161 s., e B. Aldimari, Historia geneal. della famiglia Carafa, I, Napoli 1651, pp. 97-104. L'Aldimari riporta il diploma della nomina di maestro razionale e riporta altresì il documento (che si è riferito all'omonimo padre di lui) del 20 dic. 1330 (non 1º sett. 1332, come scrisse l'Ammirato, che citava a memoria) che, attribuendo al destinatario un'avanzata vecchiaia, esclude che lo stesso, giustiziere nel 1307, fosse poi morto nel 1362. Sulla collaborazione col legato Aimeric de Chalus e sull'improbabile partecipazione alla congiura contro Andrea d'Ungheria, si veda E. G. Léonard, Histoire de Jeanne Ière reine de Naples,comtesse de Provence, I, Monaco-Paris 1932, pp. 367, 418, 524, 530, 718; e il documento del 9 giugno 1344 pubblicato da F. Cerasoli, Clemente VI e Giovanna I di Napoli. Docc. ined. dell'Arch. Vat. (1343-1352), in Arch. stor. per le prov. napol., XXI (1896), p. 250. Sulla sua presenza nel reggimento provvisorio del 1348 si vedano i Diurnali del duca di Monteleone, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XXI. 5, a cura di M. Manfredi, p. 9; e M. Schipa, Contese sociali napol. nel Medio Evo, in Arch. stor. per le prov. napol., XXXII (1907), pp. 533 s. G. M. Monti, in Storia della Univers. di Napoli, Napoli 1924, p. 98, confondendolo con il Caracciolo arcivescovo di Bari (sul quale si veda F. Uglielli-N. Coleti, Italia sacra, VII, Venetiis 1771, col. 643), attribuì al C. l'insegnamento nello Studio, non senza ricordarlo come autore della Breve informazione; ma poi si corresse nel successivo lavoro: La "Cronaca di Partenope" (premessa all'ediz. critica), in Ann. del Semin. giurid. econom. della Univ. di Bari, V (1932), pp. 25 s., ritenendo tuttavia come unica persona il Caracciolo giustiziere e il C. (o, secondo noi, il padre e il figlio). Quest'ultimo studio del Monti è fondamentale per la sistemazione critica dei problemi testuali della Cronaca e dei suoi autori, superando i precedenti lavori, tra i quali non si può tacere di quello di B. Capasso (in Le fonti della storia delle provincie napolitane, a cura di E. O. Mastroianni, Napoli 1902, pp. 131-134). Dal Monti sono elencati anche i codici e le edizioni a stampa della Cronaca (ed. crit. di A. Altamura, Napoli 1974) e i riferim. bibl. ad essa e all'autore della Breve informazione. Infine sul C. e sullo sfondo culturale in cui è collocabile si veda C. de Frede, Da Carlo I d'Angiò a Giovanna I, in St. d. Napoli, III, Napoli 1969, pp. 217-219, 241, 244, 253.

Vedi anche
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detto détto agg. e s. m. [lat. dĭctus, dĭctum]. – 1. In funzione di participio, oltre agli usi di dire, sono da notare le frasi: è presto d., si fa presto a dire, non è cosa tanto facile come sembra; propriamente d.; così d. (v. cosiddetto);...
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detta détta s. f. [der. di dire, part. pass. detto]. – 1. Atto del dire, cosa detta, nella locuz. a detta di ..., a detta sua e sim., cioè «secondo ciò che dice ...»: a detta di tutti; a detta di chi se ne intende; a detta degli esperti....
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