Vedi CAPUA dell'anno: 1959 - 1973 - 1994
CAPUA (Καπύη, Capŭa)
Città principale dell'entroterra campano, una delle più importanti d'Italia nell'antichità; corrisponde all'odierna S. Maria Capua Vetere (mentre l'odierna Capua, sul Volturno, corrisponde all'antica Casilinum dove si rifugiarono nell'840 gli abitanti dell'antica C.).
Il primitivo centro osco fu trasformato in città dagli Etruschi, pare nella seconda metà del VI sec. a. C.; conquistata dai Sanniti un secolo dopo, entrò nell'orbita di Roma dal 338 a. C. Dopo la battaglia di Canne (216 a. C.) passò ad Annibale, ma nel 211 venne riconquistata dai Romani e gravemente punita. Divenuta colonia nell'83 e riacquistata la cittadinanza nel 58, ritornò alla primitiva prosperità e tale si mantenne nei secoli successivi: il poeta Magno Ausonio (IV sec. d. C.) la considerava ancora l'ottava città dell'Impero. Alla fine del mondo antico subì devastazioni da parte dei barbari finché, distrutta quasi dai Saraceni intorno all'841, gli abitanti la abbandonarono e si trasportarono a Casilinum (oggi Capua). Il Cristianesimo vi penetrò. ben presto, anzi secondo la tradizione ad opera di S. Pietro.
La città giace in piano, come tanti altri centri campani (Atella, Acerra, Nola, Calazia): il suo perimetro in età sannitica e romana può ricostruirsi da vari elementi (necropoli, tracciato dell'Appia), ma ciononostante in modo poco sicuro; secondo una recente ipotesi, in età etrusca erano nettamente distinti il villaggio osco e la città etrusca, ed in età sannitica esisteva una distinzione topografica tra la zona etrusca e quella sannitica. L'impianto urbanistico pare dovuto agli Etruschi, con strade ad angolo retto; in seguito l'Appia, traversando la città, ne costituì un decumanus. Recenti scoperte mostrano abitazioni e strade perfettamente orientate, ma non collimanti precisamente, come di solito si pensa, con il tracciato moderno. Conosciamo dalle fonti letterarie i nomi dei due centri principali della città, Albana e Seplasia, nonché nomi di porte e di templi. I monumenti superstiti più notevoli sono l'anfiteatro, edificato nel II sec. d. C. che rivaleggia col Colosseo in grandezza ed importanza, il teatro, del quale restano pochi ruderi e che risale almeno al II secolo a. C. e subì continui rifacimenti, le terme, con criptoportico, incorporate nelle attuali Carceri, il Mitreo, del II-III sec. d. C., adorno di pitture con scene di iniziazione (v. Tavola a colori), un arco onorario o porta a tre fornici in mattoni, sull'Appia verso Capua nuova, due sepolcri monumentali sull'Appia verso Caserta, la cosiddetta Conocchia in mattoni e le cosiddette Carceri Vecchie. Scavi saltuari hanno spesso messo in luce ruderi di case private, di sepolcri, di edifici termali, di ville suburbane, e soprattutto hanno rivelato le necropoli sui vari lati della città, che risalgono alle diverse epoche della città stessa. Per la conoscenza dello sviluppo edilizio nel II e I sec. a. C. sono inoltre documento di grande importanza le iscrizioni che i "magistri Campani" ponevano a ricordo di opere da loro eseguite. Nell' immediato suburbio (fondo Patturelli) fu scoperto un santuario che risale almeno alla metà del IV sec. a. C. e che ha dato numerose terrecotte architettoniche, iscrizioni osche e statue muliebri in tufo (madri). Un altro grande santuario connesso con la città era quello di Diana sul monte Tifata di cui recenti studi rivelano molti elementi struttivi. Dell'età cristiana si conosce un cimitero, si ha notizia di altri, e recenti scavi hanno rivelato parte di un complesso basilicale. Dai vari ritrovamenti si deduce che C. importò in età arcaica e classica suppellettile di fabbricazione ellenica, ma essa fu anche un attivo centro di produzione e sviluppò una sua arte. Celebri furono nell'antichità i suoi bronzi, ed i vasi di tal materia che possiamo ascriverle mostrano un'attività che nasce almeno nel VI sec. a. C. e si estende a lungo nel tempo; anche la produzione di terrecotte architettoniche e di vasi fittili è locale e va dal VII sec. a. C. (bucchero campano) fino all'età romana, (ceramica a vernice nera con decorazione a stampo). C. ha dato un notevole contributo alla conoscenza della pittura sannitica, con i dipinti scoperti nelle tombe (ora in massima parte distrutti), ed un'impronta artistica locale si può cogliere nelle carattenstichc sculture in tufo del santuario Patturelli nonché nelle stele funerarie di età romana, conservate, in parte, nell'Antiquario locale e, in parte, nel Museo Campano dell'attuale Capua. La produzione d'arte a C., pur prendendo le mosse dal magistero ellenico (specie nei vasi di bronzo e nelle terrecotte architettoniche), pare sviluppare un particolare gusto naturalistico (notazioni vivaci, spunti coloristici, senso del volume) che l'accostano piuttosto all'Etruria, in un primo tempo, e poi all'arte di Roma.
Bibl.: J. Beloch, Campanien, Breslavia 1890, p. 295 ss.; Chr. Hülsen, in Pauly-Wissowa, III, c. 1555 ss.; J. Heurgon, Recherches sur l'histoire, la religion et la civilisation de Capoue préromaine, Parigi 1942 (ivi la bibl. precedente); L. Forti, in Memorie Accad. Archeol. Lett. e B. A. di Napoli, VI, 1942; A. de Franciscis, in Boll. d'Arte, XXXV, 1950, p. 153 ss.; id., in Riv. Archeol. Crist., XXVI, 1950, p. 133 ss.; id., in Boll. Magistero di Salerno, I, 1951, p. 20 ss. Per le recenti scoperte: Fasti Archaeologici, III, n. 3278; IV, n. 2236, n. 3824; V, n. 4194, n. 6072; VI, n. 4582; Not. Scavi, 1949, p. 87 ss.; 1952, p. 301 ss.; 1954, p. 269 ss.; 1956, p. 62 ss. Per le iscrizioni dei "magistri Campani": J. Heurgon, in Mél. arch. et hist., LVI, 1939, p. 5 ss.; A. de Franciscis, in Epigraphica, XII, 1950, p. 124 ss.; id., in Scritti in onore di A. Calderini e R. Paribeni, Milano 1956, III, p. 353 ss. Per il santuario del Tifata: A. de Franciscis, Templum Dianae Tifatinae, Caserta 1956. Per la centuriazione dell'agro di Capua: A. Gentile, La centuriazione dell'Agro Campano, Napoli 1955; F. Castagnoli, Ippodamo di Mileto e l'urbanistica a pianta ortogonale, Roma 1956, p. 44 ss. Per il Mitreo: A. Minto, in Not. Sc., 1924, pp. 353-375; J. Vermaseren, De Mithradienst in Rome, Nimega 1951. Per il materiale del Museo Campano: G. Patroni, Vasi e terrecotte del Museo Campano, 1897-99; H. Koch, Dachterrakotten aus Campanien, Berlino 1912; Fr. Weege, in Jahrbuch, XXIV, 1909, p. 99 ss. e specie pp. 103-113; A. Adriani, Sculture in tufo del Museo Campano, Alessandria d'Egitto 1933.