Caprona
. Castello del Valdarno pisano, eretto sulle ultime propaggini del monte Verruca, ricordato da D. in If XXI 95, con un'espressione ritenuta autobiografica dalla maggior parte dei critici e degli storici. Per raffigurare infatti il suo timore nel lasciare il riparo tra li scheggion del ponte che attraversa la bolgia dei barattieri, ove si era rifugiato per sfuggire alle minacce dei diavoli, D. si abbandona a un ricordo: così vid'ïo già temer li fanti / ch'uscivan patteggiati di Caprona, / veggendo sé tra nemici cotanti; e probabilmente non è casuale il riferimento autobiografico: D. non ha trovato di meglio per esprimere il suo timore attuale, che rifarsi a un'esperienza precedente.
Il fatto qui ricordato è un episodio della guerra che Firenze e la Taglia guelfa sostennero prima con Arezzo poi con Pisa nel 1289. Il castello di C. infatti, già tenuto dai guelfi pisani di Nino Visconti, alleati coi Lucchesi, era stato riconquistato dalle forze dell'arcivescovo Ubaldini e di Guido da Montefeltro, allorché, tornati vincitori degli Aretini nella battaglia di Campaldino (24 luglio 1289), i Fiorentini, con rinforzi senesi e pistoiesi, accorsero in aiuto del Visconti e dei Lucchesi. Cinto di assedio, il castello di C. capitolò dopo pochi giorni 16 agosto 1289: e non si ha notizia di ulteriore riconquista ghibellina.
Il temer dei vinti a C. era giustificato in quanto essi poco prima avevano cooperato con l'arcivescovo Ubaldini all'abbattimento del governo del Visconti, il quale tuttavia non si vendicò sugli sconfitti.
La partecipazione di D. alla presa di C. è molto discussa in quanto si basa su quest'unica testimonianza, che però è ritenuta valida dalla maggior parte degli storici; inoltre, se si ammette che D. sia stato presente a Campaldino (v.), non c'è motivo di dubitare della sua partecipazione a questa successiva azione guerresca. Gli antichi commentatori non portano note significative al passo, mentre biografi danteschi quali il Del Lungo, il Bassermann, lo Zingarelli, danno molto credito a questa testimonianza. Solo il Bartoli, pur non mettendo in discussione il ricordo ‛ visivo ' di D., nega una sua partecipazione alla battaglia: a suo avviso, questi, riposatosi dalle fatiche di Campaldino, si sarebbe recato a C. per vedere il palio lì celebrato dai Lucchesi per la festa di s. Regolo; ma la sua ricostruzione dei fatti è ironicamente smantellata sia dal Del Lungo, sia dal Bassermann. Quest'ultimo giunge a supporre che l'amicizia fra D. e Nino Visconti, che vela di malinconica nostalgia e di accorato rimpianto il loro incontro nella valletta dei principi (Pg VIII 52-84) sia sorta proprio durante l'assedio di C.; di questo avviso è anche lo Zingarelli. Ma la tesi è molto difficile da sostenere: certo si può benissimo esser stabilito un rapporto tra i due in questa occasione, o ancor meglio durante l'esilio fiorentino del Visconti, ma al punto attuale delle nostre conoscenze non possiamo far altro che gratuite supposizioni.
Bibl. - I. Del Lungo, D. ne' tempi di D., Bologna 1888, 171-173, 274-275; Bassermann, Orme 114-118, 120, 128, 611; G. Lajolo, Indagini storico politiche sulla vita e sulle opere di D.A., Torino 1893 (recens. di M. Barbi, in " Bull. " I [1894] 5); Zingarelli, Dante 263, 971; Davidsohn, Storia II 1482.