CAPRIVI di Caprara di Montecuccoli, Georg Leo
Generale e cancelliere germanico, nato il 24 febbraio 1831 a Charlottenburg (Berlino), morto a Skyren bei Krossen il 6 febbraio 1929. La famiglia, di origine italiana, passata dapprima in Carniola, verso la fine del sec. XVII si trasferì in Slesia, dopo essere stata assunta, nel 1653, nella nobiltà austriaca. Il padre di Georg Leo, Julius Eduard, era consigliere di Corte d'Appello e membro della Camera dei Signori prussiana. Avviato alla carriera militare, il C. estese le proprie cognizioni e fu così prescelto per l'Accademia militare e l'ammissione allo S.M. (1861). Si segnalò col grado di maggiore nella guerra del 1866, ma più ancora nella campagna del 1870-71, in qualità di capo di S.M. del X Corpo d'armata. Promosso (1882) generale di Divisione, benché poco ambizioso e alieno dal mettersi avanti, richiamò a sé l'attenzione di Bismarck, che alla morte di Stosch lo propose a succedere allo stesso come capo dell'Ammiragliato. Vi rimase cinque anni (1883-88), e vi compì, soprattutto, opera organizzatrice. Per il grandioso sviluppo della flotta, sognato da Guglielmo II, occorreva un tecnico, e il C. fu perciò sostituito con un ammiraglio, e designato al comando del X Corpo d'armata, fino a quando, il 20 marzo del 1890, lo sorprese la scelta sovrana ad assumere la non facile successione di Bismarck. Questa scelta era il risultato d'un insieme di circostanze e d'intrighi, in cui aveva avuto parte prevalente il barone von Holstein, del Ministero per gli affari esteri, che già aveva contribuito a rovesciare Bismarck, e che riteneva di trovare in C. uno strumento docile ai proprî fini. Di confessione luterana, di modi semplici, conciso nel parlare, e impreparato alle lotte parlamentari, C. cominciò con intraprendere alcune utili riforme amministrative, comunali e fiscali, che subito gli valsero l'avversione dei conservatori (Junker). Difficoltà ancora maggiori incontrò nella sua qualità di presidente del Consiglio prussiano per la riforma scolastica preparata dal ministro von Zedlitz, in cui si dava maggiore influenza al clero. C. aveva bisogno, come Bismarck, dell'appoggio del Centro, e sperava che cattolici e protestanti si neutralizzassero a vicenda. L'opinione pubblica prussiana favorì invece l'opposizione parlamentare, e sia C. sia von Zedlitz dovettero dimettersi. C. rimase soltanto cancelliere dell'Impero e gli succedette quale presidente del Consiglio prussiano il conte Botho Eulenburg (1892).
Come cancelliere, C. seguì in un primo tempo le direttive imperiali, che erano state causa del dissenso fra Bismarck e il sovrano: lasciò cadere la legge eccezionale contro la socialdemocrazia, e fece approvare una legge di protezione per gli operai, alla quale Bismarck si era opposto per tre anni: essa contemplava disposizioni in favore del lavoro delle donne e dei minorenni, sul lavoro notturno e sul riposo festivo. C. manifestò in più di un'occasione quanto conto facesse del rapido incremento della socialdemocrazia in Germania, e come intendesse di mantenere l'autorità dello stato, senza però ledere le classi lavoratrici nelle loro aspirazioni. Grande attività spiegò C. nella stipulazione di nuovi trattati di commercio, la maggior parte dei vecchi venendo a scadere fra il 1890 e il 1893. E poiché le importazioni in Germania crescevano smisuratamente, egli dovette, con adeguate concessioni, favorire lo sviluppo delle esportazioni. Fu tra quelle la riduzione dei dazî sui cereali, che gli attirò ancora una volta le ire dei conservatori a mitigare le quali intervenne lo stesso imperatore, conferendo a C. il titolo di conte e dandogli così un pubblico attestato di benemerenza. C. dovette accorgersi in quella circostanza che se le sue convinzioni conservatrici si basavano sulla leale devozione per il sovrano e per la patria, tale non era in realtà l'atteggiamento dei conservatori suoi avversarî, soprattutto premurosi nell'egoistica tutela di personali interessi.
Nel campo militare, C. promosse un rafforzamento generale degli armamenti, ma tenne conto dei suggerimenti di parte liberale, fra cui quello della riduzione della ferma a due anni, e l'altro della estensione a tutti indistintamente dell'obbligo del servizio militare. Il progetto relativo fu respinto dal Reichstag, che fu disciolto (1894); ma anche il nuovo non l'approvò se non a piccola maggioranza, e grazie ai voti dei Polacchi, che C. aveva guadagnato riconfermando, secondo i loro desiderî, mons. Stablewsky come arcivescovo di Posnania. La scarsa maggioranza rese vieppiù difficile il governo a C., assalito in ogni circostanza, specialmente in quella di avere vietato alle autorità dello stato di mettersi in rapporto col principe di Bismarck durante il viaggio da lui intrapreso a Vienna in occasione del matrimonio di suo figlio. Senza un partito proprio, e sdegnando una politica di continui compromessi parlamentari, C. si avvide non senza sollievo che anche a Corte non godeva il prestigio di prima; allora si ritirò a vita privata, nella quale trascorse gli ultimi suoi anni, rifuggendo dal partecipare a cerimonie e solennità.
Importante fu il mutamento sopravvenuto nella politica estera dell'Impero con l'avvento al Cancellierato di C., o per meglio dire con la scomparsa dalla direzione degli affari del principe di Bismarck. Sin dalla fine del 1889 lo zar Alessandro III aveva fatto chiedere a Berlino che si riprendessero i negoziati per rinnovare il trattato segreto russo-germanico del 1887, che scadeva l'anno seguente. Caduto Bismarck, cui molto premeva quella rinnovazione, i negoziati già intrapresi furono lasciati in sospeso. C. se ne scusò, asserendo che il sistema bismarckiano di trattati e alleanze, in massima parte segreti, a destra e a sinistra, era troppo complicato e incompatibile con la politica franca e aperta ch'egli si proponeva di seguire; che quel trattato, in ispecie, poteva compromettere, se conosciuto, i buoni rapporti con l'Austria. Fu grande l'influenza del Holstein nel determinare tanto Guglielmo II quanto C. ad abbandonare la politica bismarckiana nei riguardi della Russia; di questa tendenza lo zar si mostrò sorpreso, ma non scontento poiché favorì immediatamente la tendenza di coloro, fra i suoi uomini di stato, che da tempo anelavano un avvicinamento alla Francia. Guglielmo II e C. si recarono nell'agosto del 1890 alle manovre russe, e si rallegrarono della cordiale accoglienza dello zar. Non vollero dare neanche eccessiva importanza alla visita che la flotta francese fece a Kronstadt (1892), subito dopo la visita di Guglielmo II a Londra. Nondimeno, C. stimò opportuno, quello stesso autunno, di far approvare un primo aumento di 70 mila uomini all'esercito germanico; e alle accuse parlamentari di aver troncato le fila con Pietroburgo, rispose ch'esse erano ingiustificate, e che egli doveva in primo luogo pensare a mantenere le relazioni che univano la Germania con Vienna e con Roma.
Triplicista convinto, C. si rese conto dell'importanza che aveva per la consistenza di quell'alleanza, specialmente nei riguardi dell'Italia, l'orientamento amichevole dell'Inghilterra, ch'egli cercò infatti di favorire e di assicurare. Il trattato coloniale ch'egli stipulò nel giugno del 1890 con l'Impero britannico fu anch'esso attaccato dai suoi avversarî, per avervi egli sacrificato l'avvenire d'un grande impero coloniale germanico nell'Africa centrale. Ma in quell'accordo la Germania aveva ottenuto l'importante possesso dell'isola di Helgoland, in cambio di Zanzibar, e la possibilità di sviluppare una considerevole attività coloniale nell'Africa orientale. Come Bismarck, C. era del resto poco entusiasta delle avventure coloniali, e si dichiarò lieto d'aver potuto con quell'accordo migliorare le relazioni anglo-germaniche. Rapporti cordiali mantenne C. anche con Crispi, che a lui si rivolse per predisporre favorevolmente i circoli politici di Vienna e di Londra all'eventualità che, non potendosi impedire la proclamazione della sovranità francese completa sulla Tunisia, l'Italia si vedesse costretta a occupare senz'altro la Tripolitania. Richiesta a cui C. lealmente aderì. Agli attacchi che Bismarck faceva in ogni circostanza pubblicare contro il proprio successore nelle Hamburger Nachrichten, si aggiunsero nel 1894, come è stato in seguito rivelato, quelli che segretamente ispirava alla stampa lo stesso von Holstein, desideroso di mutamenti nelle alte gerarchie dello stato, e malcontento di condividere la direzione degli Affari esteri con Guglielmo II, con Caprivi e con Marschall, suo ministro, anche per la nomina del quale s'era adoperato.
Bibl.: Schneidewin, Das politische System des Reichskanzlers Grafen v. C., Berlino 1894; G. Gothein, Reichskanzler Graf C., ivi 1918. Una raccolta dei suoi discorsi è quella preparata dall'Arndt: Reden des Grafen v. C., 1883-93, Berlino 1894.