CAPPELLETTI
Famiglia di ceramisti, attiva in Abruzzo nei secoli XVII-XIX, probabilmente originaria di Lanciano (Chieti). Vi appartenne Stefano che nel 1615 lasciò memoria autografa in Castelli (Teramo) su un mattone del soffitto della chiesuola di S. Donato ed è ritenuto il maestro delle ventinove piastrelle, a forma di ottagono con rientranze semicircolari, che incorniciano la pala di S.Michele dell'altare Cappelletti nella chiesa madre dello stesso paese: queste, riproducenti Profeti,apostoli,santi e martiri, eseguite nel 1617, hanno stretti rapporti stilistici con la figura acefala del S. Giovanni Battista del polittico di Colledoro, recante il nome del committente "Angelo di Pierantonio".
Candeloro nacque a Castelli il 2 febbraio 1682 da Berardino e Superna Grue. Adolescente, fu affidato dai genitori alle cure dello zio materno Carlo Antonio Grue, che lo iniziò nella ceramica. Si distinse, poi, nel mestiere delle armi, meritando prerogative ed esenzioni dal re Carlo VI d'Austria, ma compiacendosi ancora, se ne aveva occasione, di decorare maioliche. Nel 1718 rientrò in Castelli, interrompendo la milizia, per attendere alla produzione d'arte. Nel 1724 sposò Camilla Nardangeli. L'anno seguentesmise di dipingere per assumere l'incarico di governatore in San Valentino, nell'Abruzzo Citeriore. Dopo breve assenza, ritornò definitivamente all'attività maiolicara a Castelli, ove morì il 25 genn. 1772.
Opere di Candeloro sono in collezioni pubbliche e private: particolarmente note sono quelle con soggetti di caccia, derivati da stampe di Antonio Tempesta (1555-1630) e definiti, nei piatti, con girali fogliati, putti e trofei sormontati, talvolta, da stemmi. I modelli, che ebbero larga diffusione e influenzarono il gusto dell'epoca, sono tradotti con segno in cui traspare l'avvio ricevuto da Carlo Antonio Grue, ma gli esiti risultano scolastici. Peculiare è la vegetazione fioccosa; l'intonazione cromatica poggia su toni giallo-verdastri. Un ovale, raffigurante la Madonna con Gesù in grembo e s. Giovannino, di propr. Mario Battistella (Lanciano), è la sola opera firmata che si conosca: è segnato "Candeloro Cappelletti - 1713 - Castele". Utile per la verifica di quanto gli è stato ascritto nel passato, offre la possibilità di ulteriori attribuzioni, specie per il periodo giovanile. Alcuni scrittori di storia locale, inoltre, sottolineano l'abilità di Candeloro nei lavori di stecca, riferendosi ad una statua di S. Giuseppe di pregevole fattura, un tempo in casa Rosa a Castelli, quindi nella raccolta del Comune, che è per tradizione orale di sua mano.
Nicola, fratello di Candeloro, nacque a Castelli il 26 marzo del 1691, e vi trascorse la sua lunga vita senza turbamenti. Abbiamo di lui poche notizie. È menzionato nel catasto di Castelli, compilato nel 1743, come pittore di maioliche; ebbe una produzione copiosa, anche se di livello mediocre. Non si conoscono sue opere firmate. Morì il 22 ott. 1767.
Gli vengono attribuite, per radicata tradizione, vedute di genere, di gusto orientaleggiante, con rovine classiche in azzurrino, tronchi di alberi piatti e contorti, distribuiti frontalmente su piani con fare primitivo e in contrasto con il frappeggio barocchetto del fogliame, cielo occupato da sole radiante, case fornite di numerose finestre bene allineate, piccoli uomini stilizzati; questi, laddove prendono corpo e diventano motivo di maggiore interesse, rivelano carenze nel disegno o l'apporto evidente di collaboratori più esperti nel trattare la figura. Il paesaggio di Nicola, tuttavia, ebbe un certo peso nella impostazione paesistica successiva, specie in quella popolare, dove rimase nei lineamenti essenziali privo di sovrastrutture come ruderi, edifici, motivi pastorali.
Fedele nacque il 17 ag. 1847 da Fabio e Teresa Bozzelli a Rapino (Chieti). Quivi Fabio, figlio di Stefano e di Gertrude Celensani, pronipote dei Cappelletti di Castelli, era giunto nel 1818 da Torre de' Passeri e si era, poi, dedicato all'attività ceramica, riprendendo le decorazioni in voga alle falde del Gran Sasso, con notazioni accese che sovrastano la cura del disegno. Giovinetto, Fedele andò a Napoli a studiare pittura e frequentò F. Palizzi e F. P. Michetti nell'intento di iniziare una produzione di maioliche d'arte che rinnovasse la stagione dei Grue e dei Gentile. Tornato in paese, visse modestamente nell'intimità della casa paterna, perseguendo antichi processi tecnici con instancabile ricerca. Fu presente nelle principali esposizioni italiane del tempo, a Roma e a Torino, e nel 1900 a Parigi all'Esposizione universale. Nel 1905 ordinò la sezione ceramica nella Rassegna delle antiche arti abruzzesi a Chieti. Morì a Rapino il 12 marzo 1920.
Le numerose opere di Fedele possono essere distinte in due gruppi. Il primo comprende le non firmate, con le quali vagheggiò la possibilità di far rivivere un glorioso passato, attingendo a fonti inimitabili; ma le sue ceramiche, confuse da ingenui intenditori con quelle autografe dei maestri dei secc. XVII e XVIII, finirono per diventare plagio involontario. Il secondo gruppo è costituito dalle opere firmate: queste, in cui l'accademismo lascia maggiore spazio alla creatività e l'ispirazione trova immediatezza nel tratto e nel colore, sono certo le migliori e pongono Fedele tra gli ultimi grandi artisti maiolicari abruzzesi.
Bibl.: F. Barnabei, Delle maioliche di Castelli nell'Abruzzo teramano, in Nuova antologia, agosto 1876, pp. 729 ss.; V. Bindi, Artisti abruzzesi, Napoli 1883, pp. 80 s.; G. Corona, La ceramica, Milano 1885, p. 261; C. Rosa, Notizie stor. delle maioliche di Castelli e dei pittori che le illustrarono, Teramo 1905, pp. 60-62 (per Candeloro), 115 s. (per Nicola); L. De Mauri L'amatore di majoliche e porcellane, Milano 1924, p. 290; A. Minghetti, I ceramisti, Milano 1930, pp. 100 s.; G. Polidori, La maiolica antica abruzzese, Milano 1952, pp. 14-16, 24 s. (per Candeloro e Nicola), 26, 55, 261, 273 s. (per Fedele); A. Nicodemi, Castelli e la sua arte maiolicara, Teramo 1967, pp. 112, 129; L. Moccia, Spunti..., in Faenza, LV (1969), p. 56 (per Candeloro); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 549 s. (con ulter. bibliogr.).