CAPORALI, Giovan Battista, detto Bitte
Nacque a Perugia verso l'anno 1475 dal pittore Bartolomeo di Segnolo e da Brigida Cartolari; dipinse già nel 1496una bandiera per la venuta del pontefice (Gnoli). Nell'anno seguente si iscrisse nell'arte dei pittori per il quartiere di Porta Eburnea. Molti sono poi i documenti che, a partire dall'anno 1500, si riferiscono alla sua attività e ci parlano di una lunga e operosa vita. Dapprima il C. lavorò con il Perugino (che chiama "precettore" nel suo commento a Vitruvio) e il Pinturicchio. Con questo eseguì (1503) una grande tavola per la chiesa di S. Maria della Fratta ad Umbertide, con l'Incoronazione della Vergine, ogginella Pinacoteca vaticana.
L'opera del C. vi appare molto estesa, si riferisce agli angioli in alto, alle figure degli apostoli in basso (fatta eccezione per le teste dei quattro inginocchiati) ed al paesaggio. È chiaro che l'artista più ancora che al Pinturicchio si rifà a Raffaello, in specie all'Incoronazione Oddi, oggi nella Pinacoteca vaticana, e alla Crocefissione Gavari, oggi nella National Gallery a Londra. Ma il disegno è duro, il colore piuttosto crudo. Nella stessa chiesa di Umbertide si può attribuire al C. una lunetta a fresco con la Vergine tra gli angioli in pessimo stato di conservazione.
È probabile che nel periodo tra il 1508 e il 1509 il C. sia stato a Roma ed abbia aiutato il Pinturicchio negli affreschi della volta del presbiterio di S. Maria del Popolo (Gnoli), anche se non è facile distinguervi la sua mano. Forse in quel tempo partecipò con il Perugino, il Pinturicchio e il Signorelli alla cena in casa di Bramante, da lui ricordata nel commento a Vitruvio (c. 102v). Si deve ad ogni modo credere che il soggiorno romano, a contatto con il Bramante, con Giuliano da Sangallo, con Baldassarre Peruzzi sia stato fondamentale anche per la sua formazione di architetto e di teorico dell'architettura.
Al 1510 risale una delle cose migliori del C., l'affresco con il Salvatore in trono,tra s. Pietro e s. Giovanni Battista nella parrocchiale di Cereseto presso Panicale (lago Trasimeno), in cui si scoprono nuovamente referenze raffaellesche, soprattutto in relazione con la pala Ansidei, oggi nella National Gallery a Londra. In questo lavoro l'artista mostra di avere assimilato le novità del grande urbinate e di averle inserite in una sua particolare articolazione dello spazio, un po' greve e massiccia, indipendente oramai dal Perugino. Uno spirito simile si riscontra anche nella tavola con la Vergine e il Bimbo tra santi, una volta nella chiesa di S. Gerolamo, oggi nella Galleria nazionale dell'Umbria (n. 271), attribuita insistentemente ma senza motivo allo Spagna: si tratta invece di una opera certa del C., anche se può ammettersi una collaborazione nella figura della Madonna e nelle figure di destra (forse di Giannicola di Paolo).
Si potrebbe addirittura ravvisare nell'opera anche la mano di Pietro Aretino che in quegli anni (verso il 1512) era a Perugia e si esercitava nella pittura. A tal proposito ricordiamo che nel foglio di musica appiccato sul gradino del trono sono dei versi assai simili a quelli che figurano nell'Hipocrito (atto V, scena 8) del famoso scrittore, il quale fu amico del C. in gioventù, e corrispose con lui anche in età matura. La tavola di S. Gerolamo è assai bella, con vivo movimento delle masse, con un paesaggio assai intenso, di un naturalismo sorprendente, ricco di osservazioni dirette ed insieme pittoresco, come non si trova negli umbri.
Non si hanno notizie precise circa le opere immediatamente successive del C.: non è impossibile che l'artista in quegli anni abbia viaggiato nell'Italia del Nord, venendo a contatto con artisti e studiosi, per esempio con Franchino Gafurio di cui mostrerà di conoscere bene la teoria musicale nel commento a Vitruvio. Deve poi avere di nuovo avvicinato il Signorelli oramai vecchio; e dal maestro cortonese ricavò il modellato muscoloso, scattante che si ravvisa nelle Storie di s. Antonio in S. Antonio di Deruta. Qui sono evidenti anche richiami al Michelangelo della cappella Sistina. Intorno al 1519 dipinse la tavola con la Natività per la chiesa di S. Michele Arcangelo a Panicale: ancora un originale modo di sentire il profondo paesaggio con un fiume, un grande albero inclinato dal vento, una quinta di rocce, di tronchi nudi contro il cielo. Le figure sono disposte a semicerchio, con un'arte severa. Il C. ha una mano pesante, priva di grazia, non ha le qualità di fattura di altri seguaci del Perugino, come lo Spagna o Giannicola di Paolo, ma ha in compenso un senso ampio della composizione e una certa sua originale concentrazione poetica.
Di qui innanzi, tuttavia, l'opera del C. diventa più gonfia e decorativa, con una tendenza all'amplificazione retorica, in cui è dato di riconoscere concordanze con l'opera di Domenico Alfani, con Giannicola di Paolo, oltre che, naturalmente, con le solite fonti romane. Nel 1521 affresca l'Annunciazione nella cappella Vibi in S. Pietro. Nel 1522 un suo collaboratore dipinge, su suo disegno, la Madonna con il Bimbo in un paesaggio nella cappella Domini Ferretti a Le Mura presso Panicale, parte centrale di un trittico a fresco i cui laterali sono perduti. La firma che si legge in basso, "Gio.Batta fecit", non è originale. Nello stesso anno lavora a Montefalco all'affresco con la Madonna,il Bimbo e due santi nella chiesa di S. Agostino, attribuita comunemente all'Alfani, ma certamente del C.; di qualche anno posteriori dovrebbero essere gli affreschi della cappella della Cercolana presso Panicale, ove è verosimilmente sua anche l'architettura dell'altare e dell'arcone soprastante. Analogo complesso nella chiesa di Ancaelle presso il lago Trasimeno, ove tuttavia l'esecuzione pittorica si può mal giudicare data la pesante ridipintura delle figure. All'incirca in questi stessi tempi il C. progetta e costruisce la villa del cardinale Silvio Passerini presso Cortona, detta il Palazzone, originale edificio, a metà tra la villa ed il castello, con una architettura semplice e forte, di chiare ascendenze toscane.
Nell'interno il C. sovraintese anche alla decorazione pittorica, in particolare a quella del salone, ispirata in parte da esempi romani, come il salone della Farnesina di Baldassarre Peruzzi, cui si ricollegano la finta architettura a colonne e gli affacciamenti di paesaggio, mentre la fascia superiore con episodi di Storia romana, sideve a Tommaso Bernabei detto il Papacello, il quale tuttavia poté ispirarsi anche a disegni del Caporali. Al C. si debbono ancora i gruppi monocromi con Ercole ed Anteo e con il Laocoonte, e forse anche il fregio con Putti e tori in un'altra sala del palazzo. Di altra mano i monocromi nella stanza del cardinale, fortemente ridipinti (la decorazione era ad ogni modo compiuta entro il 1527).
In questi anni il C. dipinse la volta della chiesa della Luce a Perugia con l'Eterno in gloria tra gli Evangelisti ed angeli, pittura alquanto magniloquente, ispirata da Raffaello e Michelangelo. Delle numerose opere successive che sono documentate a Perugia, quasi nulla è giunto sino a noi; perduti sono difatti gli affreschi di S. Pietro, della chiesa di Montemorcino Vecchio e di S. Maria di Monteluce, nonché alcune tavole. Sussiste soltanto una miniatura firmata dell'Annale decemvirale del 1553 (Perugia, Bibl. com. Augusta): cosa assai fiacca, in relazione con lo stile manieristico in voga a Perugia verso la metà del secolo, e in particolare con quello di Lattanzio Pagani.
Il C. occupa un notevole posto tra i commentatori di Vitruvio. La traduzione italiana dei primi cinque libri del celebre trattato dell'autore latino (Conil suo comento et figure Vetruvio in volgar lingua raportato per M. Gianbatista Caporali di Perugia) fuedita a Perugia (1536) dal conte Giano Bigazzini. Nel frontespizio il C. disegnò attorno ad un arco trionfale i simboli delle scienze e delle arti (matematica, musica, letteratura, pittura) mentre l'Architettura è in trono sopra l'arco stesso come una regina. Vi è anche un autoritratto con lo stemma della famiglia. Per quanto nella prefazione il C. polemizzi con il Cesariano autore della precedente traduzione (1521), in realtà egli deriva da lui l'impianto concettuale del commento, volto a trasferire la teoria vitruviana nella realtà contemporanea (Olivato). Dal Gesariano vengono anche in parte le stesse interessanti illustrazioni (Poleni), tuttavia non prive di spunti originali. Sembra anche che il commento, di impostazione aristotelica (Wittkower), avesse esercitato una certa influenza su quello, celebre, di Daniele Barbaro (Venezia 1556).
La personalità del C., pur con tutto il suo eclettismo e dilettantismo, resta la più rilevante nella cultura perugina della prima metà del Cinquecento. D'altra parte è vero che essa deve venire approfondita specie per la parte teorica e letteraria. Anche la sua attività edilizia attende di essere precisata; la tradizione lo indica come primo maestro di G. Alessi il che viene confermato anche dagli studi più recenti; certo ebbe una notevole fama tra gli architetti locali del sec. XVI. Per quanto riguarda l'attività di miniatore, non è sempre facile distinguerla da quella degli altri autori. Appartengono certo a lui un messale miniato per il duomo di Perugia, passato in collezione privata in Argentina (ill. in Gnoli), un salterio per Montemorcino Vecchio, oggi nell'abbazia di Monte Oliveto presso Buonconvento (corale T), e la miniatura del registro del Sussidiofocolare, n. 357 (a. 1521) dell'Archivio di Stato di Perugia, con S.Luca,s. Ercolano e i cinque notai. Il C.fu anche poeta; esistono ancora le rime d'amore, opera giovanile (edite a Perugia, probabilmente dal Bigazzini verso il 1540): Le rime di M. Gianbatista Caporali perugino in raccordanza della sua Gelida, Perugia s.d. (copia del rarissimo libretto è nella biblioteca del British Museum a Londra: C 106.a-3). Forse furono raffinate e corrette sugli esempi del Bembo dall'umanista Vibio che scrisse anche la prefazione dell'opera. Si deve invece ad un equivoco la notizia, insistentemente ripetuta, che il C. avesse scritto in latino la "guerra africana dei Romani" e la vita degli imperatori romani.
Il C. fece testamento il 27 luglio 1553, nominando crede universale il figlio naturale Giulio, pittore. Morì a Perugia dopo il 1555.
Fonti e Bibl.: I docum. relativi al C. sonosommariamente indicati in U. Gnoli, Pittori e miniatori dell'Umbria, Spoleto 1923, pp. 145-149, a cui si rimanda per ulteriore bibl.; si veda inoltre: Roma, Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 9265: G.Mazzuchelli, Notizie relat. agli scrittori ital. di lettere...[1760], cc. 223r-224v; G. Vasari, Le vite…, a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 597 s.; L. Pascoli, Vite dei pittori,scultori ed archit. perugini, Roma 1732, pp. 50-52; I. Poleni, Exercitationes Vitruvianae, Patavii 1739, pp. 37-39; G. B.Vermiglioli, Biografia degli scrittori perugini, I, Perugia 1829, pp. 271-273; W. Bombe, Geschichte der peruginer Malerei, Berlin 1912, pp. 234-236, 395 s.; M. Salmi, T. Barnabei..., in Boll. d'arte, III (1923-24), pp. 168-70; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, XI, 1, Firenze 1938, pp. 886-95; C. Verga, Franchino Gafurio e G. C., in Arch. stor. lodigiano, s. 2, XII (1964), pp. 18-26; P. Wittkower, Principî architettonici nell'età dell'umanesimo, Torino 1964, p. 70 n. 2; B. Frescucci, Il Palazzone, Sondrio s.d. (ma 1965), ad Ind.; M.Tafuri, L'architettura del manierismo nel Cinquecento europeo, Roma 1966, p. 199; Id., L'idea di architettura nella letteratura teorica del manierismo, in Boll. delCentro internazionale di studi di architettura A. Palladio, IX (1967), pp. 369-398; F. Magi, Laocoonte a Cortona, in Rend. della Pontif. Acc. romana di archeologia, XL (1967-68), pp. 276-294, passim; U.Nicolini, Le mura medievali di Perugia, in Atti del sesto convegno di studi umbri, Perugia 1968, pp. 701, 724, 733 s.; G. Simoncini, Città e società nel Rinascimento, Torino 1974, I, pp. 169, 177, 200; II, pp 111s., 115; L. Olivato, Galeazzo Alessi e la trattatistica architettonica del Rinascimento, in Atti del convegno internazionale di studi… G. Alessi,16-20 aprile 1974, Genova 1975, pp. 131-140, con ulteriore bibl.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 546.