CAPOFERRO (Caputferrus, Capuferrus, Capoferrus, Capuddeferrus, Capifer; erroneamente Romanus Caputferreus, Roano de Capoferris)
Apparteneva probabilmente alla nobile famiglia beneventana dei Capoferri, e forse era suo parente quel Filippo de' Capoferri che intorno al 1270 possedeva feudi a Ceppaloni e figura come testimone in un documento con il quale Carlo I d'Angiò concedeva il suo consenso al matrimonio di un nobile irpino.
Il C. stesso è ricordato per la prima volta come canonico e rettore della chiesa di S. Pietro di Transari a Benevento; portava anche il titolo di "magister" e deve dunque aver compiuto studi universitari. Nel novembre del 1240, mentre le truppe dell'imperatore Federico II assediavano Benevento, il C. si trovava a Roma, dove nel palazzo del Laterano figura come testimone per una citazione presentata dal camerario del card. Raniero Capocci da Viterbo. Non sappiamo se egli si fosse recato a Roma come inviato dell'arcivescovo Ugolino e del Comune di Benevento, oppure se, insieme con l'arcivescovo, si fosse rifugiato in Curia per sottrarsi all'imperatore. Da allora visse sicuramente in esilio, entrando dopo qualche tempo nella "familia" di Giovanni Gaetano Orsini, eletto cardinale nel 1244, di cui è ricordato come cappellano nel gennaio del 1251 a Lione.
L'elevazione del C. alla cattedra arcivescovile di Benevento dovette avvenire non molto tempo prima del settembre del 1252, quando è ricordato per la prima volta come arcivescovo eletto. La sua prima preoccupazione fu la ricostruzione della città di Benevento completamente distrutta nel 1250 e la riorganizzazione della provincia ecclesiastica affidatagli. Per ordine del papa introdusse nuovi vescovi nelle sedi vacanti, come a Trevico e probabilmente anche a Frigento.
Quando nell'autunno del 1252 re Corrado IV fece occupare Benevento, il C. si rifugiò a Roma. Innocenzo IV nell'ottobre del 1252 gli assegnò come residenza alcune case appartenenti alla chiesa di S. Maria in Cosmedin. Nel gennaio del 1253 il C. seguì la Curia a Perugia. Per desiderio del pontefice si prese cura dei cittadini di Benevento, Aversa e Sessa cacciati dalle loro città e per il loro sostenimento nel gennaio del 1254 gli fu affidata l'amministrazione e le entrate della diocesi di Porto, allora vacante.
Dopo la morte di re Corrado IV il C. tornò a Benevento e insediò o confermò nel 1254 e nel 1255 nuovi vescovi a Frigento, Tertiveri, Termoli e Lucera. Non sempre però rispettò i diritti riservati alla sede apostolica e così nel 1255 fu apertamente sconfessato da Alessandro IV.
Quando Benevento fu di nuovo occupata, questa volta da Manfredi, il C. decise - per paura, come ebbe a dichiarare più tardi - di collaborare con il nuovo reggente; una decisione certamente determinata dalla preoccupazione di salvaguardare gli interessi della città e della diocesi. Il C. si sottopose ai giudizi del tribunale del reggente, intrattenne, rapporti con i suoi seguaci e nell'agosto 1258 accettò anche l'invito di recarsi a Palermo, dove tuttavia non assistette alla vera e propria incoronazione di Manfredi, ma soltanto alla messa dell'incoronazione. Poco dopo però si preoccupò di chiedere l'assoluzione dalle censure ecclesiastiche nelle quali erano incorsi tutti coloro che avevano partecipato all'incoronazione. Nel giugno del 1259 si recò perciò ad Anagni dove si era trasferita la Curia, e riuscì ad ottenere un intervento in suo favore del cardinale Giovanni Gaetano Orsini. Alessandro IV infatti gli concesse l'assoluzione dopo un'inchiesta condotta dal cardinale Ugo di S. Sabina. Dopo il suo ritorno a Benevento, avvenuto al più tardi nel 1260, il C. tuttavia trasgredì di nuovo alle disposizioni pontificie: figura presente alla corte di Manfredi; pagava tasse e contributi agli ufficiali del re; celebrava la messa malgrado l'interdetto e confermava vescovi suffraganei nonostante il divieto papale di procedere a nuove elezioni. Nel 1262 promulgò anche nuove costituzioni per la Chiesa beneventana.
Con questo comportamento il C. era incorso di nuovo nella scomunica. Dopo la morte di Manfredi, nel 1266, si precipitò alla Curia, allora a Viterbo, dove Giovanni Gaetano Orsini lo accolse anche questa volta nella sua "familia". Il processo però si trascinò a lungo. Ancora nel gennaio del 1268 Clemente IV, sollecitato a concludere finalmente la procedura, invitò il legato Radulfo a riferirgli immediatamente tutto quello che aveva saputo sul C. e sulla sua condotta. Il rapporto dovette essere favorevole al C. se il pontefice lo fece assolvere da un penitenziere ancora nello stesso 1268. Clemente IV tuttavia morì poco tempo dopo senza aver fatto redigere l'atto relativo all'assoluzione. Così il caso rimase in sospeso e il C. fu costretto a trattenersi in Curia ancora nel 1270 e nel 1272. Solo nel 1274, durante il concilio di Lione al quale partecipò anche il C., Gregorio X lo assolse dalla colpa di aver favorito Manfredi, appianando così la strada alla sua consacrazione rinviata ormai da 22 anni, che avvenne nello stesso 1274. Quando Carlo I d'Angiò nel 1270, in un periodo cioè nel quale il C. era assente dalla sua diocesi, concesse il castello di Montesarchio, sul quale la Chiesa beneventana vantava diritti, a un nobile francese suo seguace, scoppiò un conflitto con il re, acuito dal rifiuto del vicario dell'arcidiocesi di revocare la scomunica lanciata contro il nuovo feudatario. Solo un incontro personale con il re, avvenuto a Roma nel maggio del 1272, sembra aver portato a un compromesso. In quest'occasione il C. ottenne anche un mandato regio contro i signori di Pontelandolfo che si erano appropriati di beni appartenenti alla Chiesa di Benevento.
Già prima della riabilitazione definitiva, il C. nel 1273 era stato incaricato da Gregorio X di condurre un'inchiesta relativa all'elezione contrastata del vescovo di Calvi. Già nel 1272 era intervenuto di propria iniziativa in elezioni ecclesiastiche, respingendo le proposte dei capitoli di Bovino e di Ariano. Al vescovo Matteo di Montemarano, deposto come partigiano degli Svevi, che era stato confermato in precedenza dello stesso C., offrì ospitalità nella sua "familia".
A Benevento, oltre che alle questioni di ordinaria amministrazione, il C. si dedicò alla ricostruzione della cattedrale, alla quale fu aggiunto anche un nuovo e imponente campanile.
Verso il 1276 il C. affidò a Pietro di Morrone il monastero di Faifoli presso Limosano, consacrando abate il pio eremita. Prima che questi si dimettesse, gli confermò, nell'aprile del 1278, con speciale privilegio, il diritto di irrigazione per gli orti del monastero. Nel 1279 confermò la confraternita di S. Bartolomeo a Benevento, fondata dal suo predecessore Ruggiero di Sanseverino. Durante l'ultimo decennio del suo episcopato il C. si astenne quasi completamente da ogni attività politica.
Il C. morì il 17 dic. 1280.
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