Capelli
Si chiamano capelli i peli che coprono la parte alta e posteriore del capo. La loro struttura è quella dei peli comuni, dai quali si differenziano per l'elevatissimo numero e per lo sviluppo in lunghezza; presentano variazioni nello sviluppo individuale e nei due sessi, nonché caratteri morfologici e strutturali diversi nelle differenti razze umane. Nessun'altra parte del corpo si offre in modo così diretto alle trasformazioni dettate dai cambiamenti della moda; nel corso dei secoli, tuttavia, il modo di acconciare i capelli, oltre a rispecchiare i dettami del gusto individuale e collettivo, ha avuto anche un preciso significato etnico e sociale, diversificandosi a seconda del sesso, dell'età, dello stato civile e del grado sociale dell'individuo. Anche nel mondo attuale i capelli sono uno strumento di interazione sociale, attraverso cui si possono comunicare messaggi, esprimere conflitti e rotture generazionali, e rivelare appartenenza a gruppi politici o religiosi.
Il sistema pilifero è caratteristico dei Mammiferi, nei quali svolge la stessa funzione delle penne negli Uccelli. I peli, tuttavia, a differenza delle penne, non sono una modificazione delle squame dei Rettili; quasi certamente sono neoformazioni della pelle che hanno avuto origine negli spazi tra una squama e l'altra, prima che i Rettili, antenati dei Mammiferi, perdessero le squame.Negli animali, i peli assicurano una protezione meccanica e svolgono un importante ruolo di isolamento termico. Questa funzione è essenziale solo per gli animali endotermici, come Uccelli e Mammiferi, i quali hanno bisogno di conservare il calore che sviluppano internamente per mantenere una temperatura più elevata e relativamente costante. Per gli altri animali, come Anfibi e Rettili che traggono calore dall'ambiente esterno, la presenza di un sistema pilifero sarebbe uno svantaggio. La balena, mammifero acquatico completamente nudo, può vivere nelle fredde acque polari perché ha sviluppato uno strato di grasso isolante che la ricopre e che, a sua volta, è rivestito da una pelle molto spessa.Una volta sviluppato, il pelo, come la penna, non è una struttura permanente. Si possono distinguere due tipi di peli: a crescita limitata e a crescita prolungata. I primi crescono fino a una mediocre lunghezza, poi molto presto il pelo cade e viene sostituito, come accade nell'uomo per ciglia e sopracciglia; i secondi crescono anche per mesi o anni prima di morire ed essere sostituiti, come avviene per barba e capelli nell'uomo.Nell'uomo, diversamente dagli altri Primati nei quali il pelo mantiene la sua funzione protettiva contro il freddo, la violenza del sole e del caldo e quella di richiamo sessuale, i peli lunghi e fitti sono rimasti localizzati sulla testa, sotto le ascelle e sul pube, mentre nelle altre parti del corpo è presente una scarsa peluria. Nel corso della sua evoluzione, infatti, l'uomo, unico tra i Primati capace di sopportare anche temperature molto basse, ha imparato a dominare il freddo con l'uso di vari ausili, come il vestiario, le abitazioni, il fuoco, e quindi un sistema pilifero esteso non troverebbe giustificazione come mezzo protettivo contro la dispersione del calore. Si possono fare varie ipotesi sul motivo di questa riduzione: per es. la nudità può aver favorito la sintesi di vitamina D, stimolata dalle radiazioni ultraviolette che vengono assorbite dalla pelle, oppure può essere stata vantaggiosa, insieme allo sviluppo delle ghiandole sudoripare, nel momento in cui l'uomo primitivo passava lunghe ore alla ricerca del cibo nella savana, dopo la riduzione delle foreste. Capelli, sopracciglia e ciglia si sarebbero conservati per proteggere cervello e occhi dall'insolazione diretta; i peli pubici e quelli ascellari svolgerebbero ancora il ruolo di richiamo sessuale.
I capelli e i peli fanno parte degli annessi cutanei, insieme alle unghie e alle ghiandole sebacee, eccrine (la cui secrezione avviene senza perdita di sostanza citoplasmatica) e apocrine (ove la perdita riguarda invece la parte apicale del citoplasma). Si tratta, cioè, di strutture epiteliali che originano, in epoche differenti della vita embrionale, da gemme epiteliali dello strato basale dell'epidermide fetale e si approfondano nel derma sottostante. I primi embrioni del pelo si formano tra la fine del secondo e l'inizio del terzo mese di vita intrauterina, in corrispondenza delle regioni sopracciliari, del labbro superiore e del mento. Nel corso del quarto mese, gli abbozzi piliferi cominciano a formarsi su tutto il corpo, tanto che tra il quinto e il sesto mese di vita intrauterina il feto è ricoperto da un sottile strato di peli (lanugo). Questo mantello si perde poco prima della nascita, tranne che in corrispondenza del cuoio capelluto, delle ciglia e delle sopracciglia, zone in cui i peli appaiono più robusti e resistenti. Dopo la nascita, si osserva la ricrescita di una morbida peluria (vello) che copre nuovamente il corpo del neonato. Nelle epoche successive della vita, influssi ormonali diversi porteranno alla distribuzione dei peli tipica della donna e dell'uomo.Il pelo completamente sviluppato è costituito dal fusto e dal follicolo, che, insieme al muscolo piloerettore e alla ghiandola sebacea, formano l'unità pilosebacea. Il fusto è una struttura assile cilindrica, in parte intraepidermica, costituita a sua volta da tre formazioni concentriche, una esterna, detta cuticola, una intermedia, detta corticale, una centrale o midollare, assente nei peli di tipo lanugo e vello. La cuticola è costituita da uno strato di lamelle appiattite, embricate e prive di pigmento, mentre la corticale è formata da cellule cheratinizzate, ricche di melanina. Il colore del capello dipende dal numero e dal tipo dei melanosomi (granuli di melanina) presenti nella corticale. Nei capelli grigi, i granuli di pigmento sono in numero ridotto; in quelli bianchi, essi sono assenti (v. canizie); nei biondi, oltre a essere ridotti, sono solo parzialmente melanizzati; nei rossi, infine, hanno una struttura differente. La midollare è costituita anch'essa da cellule cheratinizzate lassamente connesse. Spesso la parte centrale del capello si presenta frammentata per la presenza di spazi vuoti, da cui dipendono sia i fenomeni di rifrazione sia la tonalità del colore. Il follicolo pilifero si sviluppa come un'invaginazione dell'epidermide, ad andamento differente a seconda delle razze (v. oltre), che si approfonda nel derma o nel grasso sottocutaneo. Questa struttura è rivestita esternamente dal sacco connettivale, e quindi dalla membrana vitrea, che è l'equivalente della membrana basale dell'epidermide. Il follicolo propriamente detto è costituito da una guaina esterna e da una interna. Quest'ultima è formata a sua volta, sempre andando dall'esterno all'interno, da altre tre strutture concentriche: lo strato di Henle, lo strato di Huxley e la cuticola, le cui cellule sono strettamente in contatto con quelle della cuticola del fusto. In sezione sagittale, procedendo dall'alto verso il basso, ossia dall'epidermide al derma, si distinguono essenzialmente tre zone: l'infundibolo, l'istmo e il bulbo. L'infundibolo è la zona in cui il fusto del capello è separato dal follicolo, l'istmo è la porzione immediatamente successiva, tra l'ancoraggio del muscolo piloerettore e lo sbocco della ghiandola sebacea, e, infine, il bulbo è la parte terminale del follicolo, la cui porzione distale è più larga e accoglie la papilla dermica, riccamente vascolarizzata e contenente numerose terminazioni nervose mieliniche e amieliniche. Le cellule epiteliali presenti nella porzione distale del bulbo, in corrispondenza della convessità determinata dalla papilla dermica, costituiscono la matrice del pelo. Il pelo va incontro a cicli periodici di crescita, in cui si riconoscono tre diversi momenti funzionali: l'anagen, il catagen e il telogen. Nella prima fase anagen, caratterizzata da un'attiva crescita, il follicolo pilifero corrisponde morfologicamente alla descrizione fatta sopra. Nel periodo di fase catagen, di brevissima durata, il follicolo assume un aspetto a clava e comincia a risalire nel derma, perdendo così la connessione con la papilla dermica, i vasi e i nervi. Infine, in fase telogen, o di riposo, si completa l'avanzamento nel derma del follicolo, che mantiene la forma a clava, seppure di dimensioni ridotte, e appare completamente cheratinizzato. Contemporaneamente, nello stesso punto si va sviluppando un nuovo follicolo, che entra in contatto con la sottostante papilla dermica, si riporta nel derma al livello precedentemente occupato e dà luogo alla formazione di un nuovo pelo che, accrescendosi, allontana il vecchio pelo a clava, qualora questo non fosse già caduto spontaneamente.
Mentre non esistono sostanziali diversità tra i capelli delle popolazioni bianche e quelli delle popolazioni orientali, sicuramente differenti sono gli annessi piliferi delle popolazioni nere. I capelli dritti o lisci si trovano infatti con maggiore frequenza nei biondi e nella popolazione mongola, gli ondulati sono comuni a più gruppi etnici, compresi gli europei, mentre quelli a spirale sono tipici delle etnie negroidi. Si tratta di una differenza sostanziale, in quanto nel biondo e nell'orientale la sezione trasversale del fusto pilifero è circolare e il fusto è dritto od ondulato, mentre nel nero essa è ellittica o appiattita e il capello assume il classico andamento elicoidale. Le modificazioni a carico del fusto del capello sono dovute alla forma del follicolo pilifero e alla sua disposizione: infatti, mentre nell'orientale è completamente dritto, nel nero è incurvato e al tempo stesso a spirale, e nel bianco si osservano follicoli di aspetto intermedio. Il capello crespo o elicoidale è più fragile, e quindi si rompe più facilmente. Anche i peli del corpo del nero sono più deboli, ma la calvizie è meno frequente. Alla differente morfologia non corrispondono sostanziali differenze di ordine chimico e biochimico; sul piano istologico, invece, contrariamente a quanto si osserva negli altri gruppi etnici, nelle popolazioni nere sono evidenti melanociti anche nelle guaine esterne del follicolo.
Le principali patologie dei capelli sono rappresentate dalle alopecie, dalle micosi, dalla dermatite seborroica e dalla pediculosi del capo.
Con il termine alopecia si intende l'assenza completa di capelli o di peli in una zona che normalmente ne è provvista. La trattazione concerne numerosi quadri, che possono essere variamente classificati. In genere, si distinguono forme costituzionali e acquisite. Le prime individuano sindromi di non frequente osservazione, in cui alla perdita dei capelli si possono associare alterazioni cutanee, annessiali, oculari, statoacustiche, scheletriche, dentarie e a carico del sistema nervoso. In questi casi può essere determinante, ai fini diagnostici, lo studio del capello. Le alopecie acquisite, a loro volta, possono essere distinte in due grandi gruppi: non cicatriziali o temporanee e cicatriziali o permanenti. L'alopecia androgenetica è indubbiamente la forma più frequente di perdita di capelli. Gli ormoni maschili, o androgeni, sono responsabili della trasformazione dei peli terminali in lanugine, mentre un fattore genetico rende il follicolo pilifero più sensibile all'azione degli stessi ormoni. L'alopecia androgenetica si manifesta con un diradamento progressivo dei capelli, che interessa prima le regioni frontotemporali, successivamente la zona del vertice, e infine tutta la parte superiore del cuoio capelluto. Nell'uomo può rendersi evidente già con la pubertà, mentre nella donna inizia intorno ai 30 anni. Naturalmente, un esordio precoce costituisce elemento per una prognosi non favorevole. L'esito più grave si ha solo nel maschio ed è la cosiddetta calvizie ippocratica, in cui i capelli permangono in una zona disposta a banda in corrispondenza della regione temporoccipitale (v. calvizie). Questo tipo di alopecia spesso si associa a seborrea oleosa o a desquamazione furfuracea. Per la diagnosi è in genere sufficiente l'esame clinico del paziente, ma nelle forme iniziali può essere utile il tricogramma (metodica seminvasiva che permette di studiare la dinamica del ciclo follicolare ed evidenzia, nel corso di questa patologia, una percentuale maggiore di capelli in fase telogen nella regione frontale e del vertice). Per quanto riguarda la terapia, una riduzione dei capelli in fase telogen e un'estensione della fase anagen si ottengono con l'uso prolungato di lozioni a base di progesterone e, soprattutto, di minoxidil. Altro farmaco di notevole interesse è la finosteride, un inibitore dell'enzima 5 α-reduttasi, responsabile della trasformazione del testosterone in diidrotestosterone (DHT), la sua forma attiva. Si tratta comunque di trattamenti che possono solo rallentare il progredire dell'alopecia, con risposte notevolmente differenti da soggetto a soggetto. Nelle donne in cui si osservino altri segni di iperandrogenismo (irsutismo e acne), e comunque sempre dopo esami ormonali mirati, può essere indicato un trattamento con antiandrogeni o estrogeni per via sistemica. Bisogna infine ricordare la terapia chirurgica, che può essere realizzata con trapianti a isola (circa 10 follicoli piliferi), mini-innesti (2-3 follicoli piliferi) o microinnesti (1 o 2 follicoli piliferi). I follicoli vengono prelevati dalla zona occipitale e reimpiantati a livello di quella affetta da alopecia. L'alopecia areata, o area Celsi, è una malattia che si manifesta con una o più chiazze di forma tondeggiante od ovale di cute glabra, di solito localizzate nel cuoio capelluto, meno frequentemente nella barba, nelle ciglia e nelle sopracciglia, talora nelle altre regioni pelose del corpo. In corrispondenza della chiazza, la cute è di aspetto normale, gli osti follicolari sono evidenti, e alla periferia della lesione è possibile reperire in fase attiva peli 'a punto esclamativo', che appaiono grossi e pigmentati nella porzione esterna, sottili e depigmentati in prossimità del bulbo. L'affezione è abbastanza comune, sia per l'uno sia per l'altro sesso e si osserva più frequentemente negli individui di razza bianca. Il primo episodio di questa patologia può comparire a qualsiasi età, ma più spesso nell'infanzia e nell'adolescenza. La causa dell'alopecia areata non è nota, ma nel 30% dei casi la malattia è familiare; sono stati inoltre chiamati in causa fattori di ordine immunologico, infettivo ed enzimatico, agenti a livello del bulbo, fattori psicologici, neurovascolari, che interessano la papilla, e fattori endocrini. In base al quadro clinico e all'andamento evolutivo della lesione, si distinguono varie forme: l'ofiasi, che si osserva di solito nei bambini, è caratterizzata dalla comparsa di una banda alopecica che interessa il bordo del cuoio capelluto nella regione occipitale e si estende talora fino alla regione parietale; l'alopecia areata decalvante, anch'essa più frequente nei bambini, si manifesta nel cuoio capelluto con molteplici chiazze, che si allargano e confluiscono tra di loro più o meno rapidamente, sino a una completa caduta dei capelli; l'alopecia areata universale comporta la perdita totale non solo dei capelli, ma anche delle ciglia, delle sopracciglia, dei peli ascellari e pubici, e in genere di tutti i peli del corpo. Per l'alopecia areata che insorge prima della pubertà, per l'ofiasi, per l'alopecia areata decalvante e per l'alopecia areata universale, la prognosi non è buona.
Le micosi del cuoio capelluto possono essere classificate in base al micete responsabile e al modo in cui quest'ultimo invade il capello. Si riconoscono pertanto numerosi quadri patologici. La tinea microsporica, sostenuta dal genere Microsporum, e in particolare dal Microsporum canis, è la più frequente. Dopo una fase iniziale di invasione endopilare, i miceti aggrediscono gli strati corticali e formano un manicotto attorno al capello (invasione ectotrix). Questo tipo di invasione determina la rottura del fusto a pochi millimetri dall'uscita dall'ostio follicolare. Sul piano clinico, il quadro è caratterizzato dalla comparsa di poche chiazze tondeggianti, di diametro variabile da 2 a 6 mm, in cui si osservano capelli spezzati di 2-4 mm di lunghezza. Il contagio può avvenire sia per trasmissione interumana sia animale, e i bambini sono decisamente più colpiti. La tinea tricofitica è sostenuta dal genere Trichophyton, di cui le varietà più comuni sono il Trichophyton rubrum e il Trichophyton verrucosum. I miceti invadono il capello seguendo le stesse modalità del genere Microsporum, a eccezione del Trichophyton tonsurans, i cui filamenti del micelio, penetrati nel capello, lo invadono completamente (invasione endotrix). Il fusto pilifero, indebolito dal parassita, si spezza a livello dell'ostio follicolare. Si osservano pertanto piccole chiazze alopeciche multiple, di 1 o 2 cm di diametro, caratterizzate da cute eritematosa e desquamante; i capelli spezzati appaiono come punti neri. Al pari della tinea microsporica, anche quella tricofitica è decisamente più frequente nell'età infantile. Meno frequente è la tinea favosa sostenuta dal Trichophyton schoenleini, la cui azione parassitaria sul fusto non è massiccia come nelle altre forme, per cui si può avere anche un normale accrescimento del capello, che appare però scolorito e facilmente asportabile. Infine, il kerion Celsi è una forma di micosi profonda, infiammatoria, che colpisce più frequentemente il cuoio capelluto e più raramente la barba. È una tigna a carattere infiammatorio, sostenuta in genere da miceti del genere Trichophyton di origine animale (Trichophyton mentagrophites e verrucosum), il cui contagio è ovviamente più facile in ambienti rurali e tra quanti vengono in contatto con animali. Sul piano clinico si osservano una o più lesioni eritematose desquamative, rilevate sul piano cutaneo, dolenti. Dagli osti follicolari fuoriesce, alla compressione, materiale purulento frammisto a residui pilari. Per il trattamento delle tigne è necessario ricorrere all'uso di antimicotici per via sistemica e locale. La terapia deve essere protratta per 4-8 settimane, sino all'esito negativo dell'esame colturale per miceti.
Colpisce le ghiandole sebacee, che, annesse ai follicoli piliferi, raggiungono la massima concentrazione a livello delle regioni frontali del cuoio capelluto (400-900 ghiandole/cm2). Il sebo che queste ghiandole secernono è una miscela oleosa complessa, versata dal dotto escretore nell'infundibolo pilare, da cui risale fino all'ostio follicolare e alla cute circostante (v. sebo). La secrezione sebacea compare al momento della pubertà, allorché gli androgeni surrenalici, e successivamente gonadici, inondano l'organismo, e aumenta a causa di fattori genetici e ormonali (androgeni), aggravata dallo stress, dall'inquinamento ambientale e dall'uso di shampoo aggressivi. La dermatite seborroica è una patologia ad andamento cronico recidivante, che si manifesta con chiazze eritematose ricoperte da squame grasse non aderenti, lievemente pruriginose, più evidenti al margine del cuoio capelluto, nelle regioni retroauricolari, nei condotti uditivi esterni, lungo le pliche nasogeniene e sulle regioni mediotoraciche. È più frequente nell'uomo adulto. Il trattamento locale con shampoo idonei (zinco e magnesio piritione, chetoconazolo ecc.) e lozioni (a base di antimicotici o di corticosteroidi) è in genere sufficiente a migliorare la sintomatologia. Anche l'esposizione ai raggi solari ha un effetto benefico. Solo raramente è necessario ricorrere all'uso di farmaci per via sistemica. La patogenesi della dermatite seborroica non è del tutto nota. Probabilmente è legata alla presenza di un lievito (Pityrosporum ovale) in grado di modificare con i suoi enzimi (lipasi, ialuronidasi, proteasi) la composizione del sebo, degradandone alcuni costituenti e trasformandoli in molecole irritanti per il cuoio capelluto.
L'agente infestante è, in questo caso, il Pediculus humanus (o capitis), un insetto ematofago a sei zampe dell'ordine Anglura, ectoparassita obbligato che vive essenzialmente sul cuoio capelluto dell'uomo e in rari casi compromette le ciglia, ma non gli altri peli del corpo. Il ciclo vitale del pidocchio dura circa 1 mese, e in questo lasso di tempo la femmina depone circa 15-20 uova al giorno (lendini), fissandole saldamente alla base del capello. La temperatura e l'umidità favoriscono l'incubazione, al termine della quale fuoriesce dall'uovo, attraverso l'opercolo terminale, una ninfa di forma ovoidale. Il parassita inizia ad alimentarsi poco dopo la nascita, ed è possibile osservare le ninfe traslucide piene di sangue. Il contagio è favorito dallo stretto contatto e dall'affollamento, quale si verifica all'interno di comunità. La sopravvivenza lontano dall'ospite è di circa 48 ore. La parassitosi può interessare soggetti di qualsiasi età e di qualsiasi classe sociale, ma i bambini in età scolare sono i più esposti all'infestazione, che ha un'incidenza maggiore all'inizio dell'autunno e della primavera. Il sintomo che più frequentemente si osserva è il prurito, che compare circa una settimana dopo il contagio ed è causato da una reazione di ipersensibilità immunomediata nei confronti della saliva dell'insetto. Esso varia molto da individuo a individuo, tanto che in alcuni soggetti è di intensità tale da portare il paziente a procurarsi vere e proprie escoriazioni, suscettibili di andare incontro a sovrainfezione. Possono successivamente insorgere pustole, croste e linfoadenopatie cervicali posteriori. L'esame alla luce di Wood evidenzia le lendini. Il trattamento consiste nell'uso di polveri antiparassitarie a base di piretro, e di specifici shampoo, che è opportuno ripetere dopo 8-10 giorni, perché le lendini sono insensibili alla terapia.
L'arte di acconciare i capelli è antichissima. Presso molti popoli antichi le acconciature variavano in funzione non solo del sesso, ma anche e soprattutto del grado sociale: così, per es., fra le popolazioni della Mesopotamia e in Persia erano proprie della nobiltà fogge complicate a base di riccioli disposti a vari piani, spesso coperti di polvere d'oro e adornati di monili in metalli preziosi. In Egitto, nelle classi inferiori e medie ci si radeva il capo, mentre nelle classi più elevate gli uomini pettinavano i capelli variamente in frangette, zazzere, treccioline lunghe fino al petto, mentre le donne coprivano la testa con una o più parrucche inanellate, poste l'una sull'altra, oppure con fazzoletti di stoffa. Presso i greci dell'epoca arcaica i capelli lunghi distinguevano i cittadini delle classi alte e non vi era una sostanziale differenza fra acconciature maschili e femminili: i capelli, arricciati artificialmente, ricadevano simmetricamente sulle spalle, trattenuti da nastri e diademi. In epoca classica ed ellenistica per gli uomini prevalse l'uso dei capelli corti; il taglio dei capelli e la loro consacrazione ad Artemide e ad Apollo segnava l'inizio della pubertà. Le donne, con l'ausilio di nastri, bende e diademi, usavano raccogliere i capelli sulla nuca o sulla sommità del capo. La varietà delle acconciature e degli ornamenti era caratteristica delle donne di Atene, che usavano anche tingersi i capelli, adoperando polveri dorate, bianche e rosse.I romani ignorarono a lungo le raffinatezze della pettinatura e fu solo con il diffondersi dei costumi greci che gli uomini iniziarono a tenere i capelli corti e a farseli arricciare, e le donne a sostituire le semplici fogge di annodare i capelli con elaborate acconciature, che divennero poi tipiche in età imperiale, quando la difficile arte della pettinatura era affidata a schiave specializzate, le ornatrices. Particolarmente curiosa è l'acconciatura di Età Flavia, consistente in un altissimo diadema di ricci disposti a semicerchio sulla fronte, ottenuto con posticci di capelli finti.
Nonostante gli inviti alla semplicità e alla modestia degli scrittori cristiani, le acconciature adottate nei primi secoli del Medioevo dalle donne delle classi sociali più elevate continuarono a essere assai complicate, con largo uso di posticci di capelli finti, diademi e veli frangiati, finché nel 7° secolo la Chiesa emanò severe prescrizioni contro il lusso delle pettinature e degli ornamenti da testa. In epoca feudale le donne preferivano le trecce, spesso ornate di fili di perle e di fiori, o portavano i capelli sciolti e trattenuti da un cerchio o da una ghirlanda; il capo era comunque spesso coperto con veli o cuffie, più o meno ornate da trine e pietre preziose. Nel 13° secolo da Venezia si propagò in tutta l'Italia una decisa influenza orientale nelle pettinature femminili, ricche di ornamenti e di stoffe preziose. Verso la fine del 14° secolo fra le donne di nobile famiglia si diffuse il 'balzo', acconciatura simile a un cuscino, nella quale i capelli venivano legati con nastri e fili d'oro su un'armatura e quindi ricoperti di ricche stoffe. Dal balzo derivò la pettinatura diffusa nel Quattrocento, caratteristica per il suo sviluppo in altezza, nella quale i capelli venivano tirati e tenuti fermi da reticelle sopra un'anima di cartone a forma di pan di zucchero, alta fino a 70 cm. Nello stesso periodo era comune radersi una parte dei capelli per ingrandire la fronte. Predicatori e legislatori cercavano di porre freno al lusso delle pettinature femminili con 'bruciamenti delle vanità' e leggi sontuarie, ma senza grande successo: non solo le donne, ma anche gli uomini continuarono a dedicare alla pettinatura cure e artifici.Quando il centro della moda si spostò a Parigi, si accentuò l'impiego dei capelli finti, finché si giunse al trionfo delle parrucche inanellate e incipriate, il cui uso fu introdotto da Luigi XIII per nascondere la calvizie e che ebbero il momento di massimo splendore nel 18° secolo: Maria Antonietta arrivò a portarne una alta circa un metro e mezzo che la costringeva a stare in ginocchio entro la carrozza. La Rivoluzione francese portò poi a una generale semplificazione dell'abbigliamento e, quindi, anche del modo di acconciare i capelli. Da allora gli uomini ripresero a portare i capelli corti e per le donne prevalsero acconciature più semplici.Nel 20° secolo si può dire che sia del tutto scomparsa la differenza nel modo di pettinarsi in relazione al grado sociale. Le cure dedicate ai capelli e alla pettinatura non sono più riservate all'élite, ma diffuse in tutte le classi.
Ancor più di altre parti del corpo i capelli, fin dall'antichità, hanno avuto un importante ruolo nelle tradizioni e nei riti. Per molti popoli antichi i capelli erano simbolo di forza vitale, quasi emanazione della potenza del cervello: un esempio di questa credenza, a tutti noto, è l'episodio biblico di Sansone, la cui forza si concentrava nella capigliatura. A credenze analoghe è legata la pratica dello scalpo, cioè l'uso di staccare dalla testa del nemico vinto o ucciso una porzione del cuoio capelluto e della capigliatura, attestato già in antico, per es. fra gli sciti, e tipico di alcuni gruppi amerindi, come gli irochesi e i muskogee. Presso questi gruppi lo scalpo, oltre a essere un ambito trofeo, era offerto al Sole, all'Acqua e ad altre divinità, gettandolo nel fuoco o in un fiume, in riti propiziatori della fertilità. Alla convinzione che i capelli siano portatori di energia vitale si riallaccia altresì il loro impiego, largamente diffuso, nelle pratiche di stregoneria.In altri contesti i capelli erano considerati simbolo di nobiltà, per es. nella Grecia arcaica, dove agli schiavi era vietato portare capelli lunghi, di verginità o, al contrario, di erotismo. Una particolare simbologia connette i capelli al dolore e al lutto: tagliarsi i capelli, lasciarli incolti, cospargersi la testa di cenere o semplicemente coprirsi per un certo periodo i capelli sono atti simbolici stereotipati, di diffusione largamente attestata, con cui si manifestavano in forma visibile il dolore, l'amore non ricambiato o la disperazione. Ancora oggi la locuzione 'strapparsi i capelli per il dolore' indica una situazione estrema di sofferenza, tale da spingere l'individuo all'autodegradazione.
Da ricordare infine il ruolo rituale dei capelli, anch'esso attestato dall'antichità nelle più diverse civiltà, e di cui l'espressione più evidente è il taglio della capigliatura nelle cerimonie d'iniziazione e di consacrazione. A questa sfera si riconnette la 'tonsura ecclesiastica', cioè la rasura circolare che i monaci e gli ecclesiastici portavano sulla sommità del capo.
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