CAPANEO (Καπανενϕς, Capăneus)
Figlio d'Ipponoo e di Astinome o Laodice. Poco si può afferrare la sua personalità quale dovette apparire nei poemi ciclici: chiara ci risulta invece quella rappresentata dai tre grandi tragici. Presso questi, C., uno dei Sette mossi contro Tebe, è guerriero di forme gigantesche e di empia tracotanza. Fidando nella propria enorme forza bruta, egli si vanta che neppure il fulmine di Giove potrà impedirgli di prendere Tebe; ma ecco che proprio mentr'egli appoggia la scala d'assalto (di cui lo si faceva inventore) il fulmine di Giove lo atterra. I tardi scrittori eruditi greci riproducono di C. la figura fissatane dai tragici, la quale, attraverso la Tebaide di Stazio, ha ispirato il famoso episodio dantesco (Inferno, XVI, 43-72).
Nobilissima la figura della sposa di lui Evadne, figlia d'Ifi, la quale dal dolore di averlo perduto si precipita sulla pira di lui. Secondo una poco diffusa leggenda egli fu risuscitato da Asclepio. Fra le antiche rappresentazioni figurate è degno di menzione un rilievo Capaneo morente di Villa Albani.
Bibl.: Cfr. Weizsäcker, in Roscher, Ausführl. Lex. d. gr. und röm. Myth., II, colonne 950-52; K. Latte, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., XIII, 2, coll. 1886-87; Preller-Robert, Griech. Myth., II, 3, i, Berlino 1921, pp. 922 e 923.