CANTASTORIE
. Discendente dei menestrelli medievali, il cantastorie è di solito un cieco, educato sin dalla prima età al mestiere del canto: e in Sicilia è detto appunto "orbo". Divulgatore e, talvolta, compositore di storie in versi, egli gira per le strade dei villaggi e anche delle città, con la chitarra, l'organetto o altro strumento musicale, e con un repertorio di cantiche stampate, che diffonde nei luoghi ove sosta. Anima delle feste popolari, s'insinua dappertutto: nelle pompe nuziali, nelle cerimonie del battesimo, nei balli del carnevale, nelle solennità religiose. Un tempo, in alcune città, egli si univa coi compagni in corporazione, sotto un capo, con leggi e regolamenti proprî.
Da personaggio un tempo molto comune, il cantastorie è divenuto un tipo raro ai nostri giorni. Spogliato in parte delle sue insegne, soltanto nei borghi e nei paesetti montani continua a vivere e a rappresentare l'arte dei padri antichi. Le sue cantiche, le quali hanno arie variabili a seconda del soggetto, prendono il titolo della storia: "la Verdolina", "la Ruggera", "la Marietta", e via dicendo. Ve ne sono di morali e aneddotiche, in parte vere e in parte fantastiche, per lo più pietose ed eroiche, di miracoli e di prodigi; e non mancano in esse le sacre orazioni da recitare nelle novene, nelle feste e nell'ottavario dei morti.
Bibl.: F. Romani, Critica letteraria, I, Torino 1883, pp. 417-420; S. Salomone-Marino, Le storie popolari in poesia siciliane messe a stampa, Palermo 1887; id., La baronessa di Carini, 2ª ed., Catania 1926, p. 22 segg.