CANONICI
Grande famiglia di orefici, argentieri e incisori di origine bolognese, di cui possediamo una documentazione per oltre quattro secoli di attività. I primi rappresentanti, ricordati dalla Matricola della società degli orefici di Bologna del 1298 (Samaja, pp. 407 s.), sono Dino e Iacopino della cappella di S. Tommaso del Mercato, ove probabilmente avevano abitazione e laboratorio. Nel 1336 un Iacobus Mini de C. appare come "notarius" della società degli orefici (ibid., p. 416): questo testimonia della importanza della famiglia e della sua attività, per quanto non si abbia alcuna documentazione dei loro lavori di oreficeria in questo periodo, così come per i secoli seguenti. I documenti ricordano la presenza di ben nove generazioni di C., e si conoscono con sicurezza i nomi di venticinque tra orefici e incisori, ai quali vanno aggiunti molti altri esponenti della famiglia che avranno certamente lavorato nella bottega senza averne la direzione e senza occupare cariche di rilievo nella società degli orefici bolognese. La unica possibilità di cogliere qualche aspetto dello stile e dei prodotti del C. è data dall'osservazione della produzione della zecca di Bologna che essi ebbero in appalto per diverso tempo come zecchieri ed incisori di conî.
Ludovico, figlio di Stefano, nacque a Bologna in data imprecisata, ma comunque anteriore al 1435, quando appare per la prima volta come massaro della società degli orefici; vi riappare nel 1459, nel 1462, 1465 e 1469. Il 9 febbr. 1463, sotto Pio II (1458-1464), gli veniva appaltata la zecca ed egli si impegnava a coniare bolognini d'oro e denari piccoli (Salvioni, I, p. 212) per un solo anno. Infatti, dal 4 apr. 1464 l'appalto della zecca fu affidato per cinque anni ai mercanti Paolo di ser Marco de' Lupanari e Giovanni di Boncompagno Federici, per essere riaffidato il 2 nov. 1472 a Ludovico, che questa volta lo assumeva a nome di tutta la società degli orefici. Artista di valore, lavorò più volte su commissione del Comune e di privati: a lui si possono attribuire le monete segnate dalla lettera C (Malaguzzi Valeri, [Giov. II], nn. 11, 34) e quelle in oro coi tipi di s. Pietro e "Bononia docet", con armetta del papa e del legato pontificio Angelo Capranica, e in argento con il tipo di s. Petronio e "Bononia mater studiorum". L'ultimo suo lavoro documentato fu nel 1474, su commissione degli Anziani del Comune: la fusione di un bronzo e di un bacile d'argento destinato in dono a Giovanni Della Rovere, in occasione del suo fidanzamento con Giovanna, figlia di Federico da Montefeltro, duca di Urbino.
Gabriele, figlio di Ludovico, orefice, morì dopo il 1537 e prima del 1548; di lui però nulla sappiamo.
Oriente, figlio di Gabriele, nacque negli ultimi anni del sec. XV e venne nominato saggiatore alla zecca di Bologna il 3 sett. 1523, mentre l'appalto di questa gli venne ceduto prima nel 1537, per la durata di due anni, e poi per altri due, dal 14 dic. 1548 all'8 nov. 1550, insieme ad Alberto Angeli. Intanto gli si affiancava nella sua attività il figlio Paolo, che deve essere nato intorno al 1520: infatti a lui e al figlio si devono i conî delle monete bolognesi dei papi Marcello II (1555) e Paolo IV (1555-1559), pregevoli per il ritratto del pontefice che appare su quelle in argento (Muntoni, I, nn. 49-53), indicative dello stile e della tecnica incisoria di Oriente. Infine nel 1560, quando il 17 gennaio la zecca fu appaltata a suo figlio Paolo, egli risulta già morto (Salvioni, III, p. 6); in questo periodo la famiglia risulta dimorante nella parrocchia di S. Martino dell'Aposa. Poco sappiamo di Cornelio che insieme a Girolamo Faccioli il 29 ag. 1558 era stato nominato maestro dei conî per un biennio; nel 1560 la zecca bolognese fu appaltata a Paolo di Oriente, il quale offriva le migliori condizioni.
Paolo, figlio di Oriente, tenne la zecca fino all'inizio del 1573, data probabile della sua morte, poiché in un documento del 17 genn. 1574 appare già scomparso (Salvioni, III, p. 55). Tuttavia le monete coniate a Bologna in questo periodo sotto Pio IV (1559-1565) e Pio V (1566-1571) si devono a Girolamo Faccioli, fino al 19 genn. 1573 quando, alla sua morte, gli successe Alessandro Menganti. La produzione di Paolo dovrà essere cercata tra le opere di oreficeria, in quanto dai documenti è sempre nominato "orefice", come d'altra parte gli altri membri della famiglia.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, G. Guidicini, Alberi genealogici, ms., ad vocem;Bologna, Bibl. comun. dell'Archiginnasio, mss., nn. 508, 510, 594-596, 598, 599 s., 603, 606, 607, 674, 683, 699, 2380; F. Malaguzzi Valeri, La zecca di Bologna, Milano 1901, pp. 39, 71, 78-80; G. B. Salvioni, Il valore della lira bolognese ... I, Bologna 1902, pp. 168, 212; II, ibid. 1906, pp. 38, 83, 95; III, ibid. 1909, pp. 6 s., 13 s., 22, 55 (ed ora ediz. anast., Torino 1961, a cura di L. Dal Pane). Per le monete vedi Corpus nummorum Italicorum, X, Roma 1927, nn. 52 s., 98 s.; F. Panvini Rosati, La zecca di Bologna,1191-1861, Bologna 1961, pp. 32, 38; F. Muntoni, Le monete dei papi e degli Stati Pontifici, Roma 1972-74, I, pp. 204 s., II, pp. 12 s., 21; IV, pp. 266 s., 275. Per le oreficerie, vedi W. Samaja, L'arte degli orefici a Bologna nei secoli XIII e XIV, in L'Archiginnasio, XXIX (1934), pp. 214-240, 398-416; C. G. Bulgari, Argentieri gemmari e orafi d'Italia, IV, 5, Bologna-Ferrara, Roma 1968, ad Indicem (con docc.); L. Forrer, A biograph. dict. of medallists, I, London 1904, p. 339; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 514.