CANEA (A. T., 82-83)
Canea o La Canea (gr. Χανιά, plurale) è capoluogo del nomós (provincia) più occidentale, e la seconda città per popolazione (27 mila ab. nel 1928; 25 mila nel 1900) dell'isola di Creta. Sorge nel fondo di una baia a occidente del tozzo promontorio Akrōtēri (Akr. Malékas), sulla costa nord dell'isola: allargandosi verso est quest'ultimo ripara, dall'opposto lato, un'insenatura ancora più vasta e meglio protetta che prende il nome dal villaggio di Soúda ed è unita alla prima per mezzo di un istmo poco elevato. Veduta dal mare, con lo sfondo imponente del Madáres (Leuká Orē) che le si erge (metri 2332) alle spalle ammantato di neve, la città presenta un aspetto dei più pittoreschi. Moderno è il sobborgo di Chalépa, a est e a poca distanza dal centro della Canea (3000 ab.), che fu residenza di consoli europei quando l'isola non era ancora ricongiunta alla Grecia. Scarso lo sviluppo industriale (saponi, ceramiche, fonderie; un piccolo cantiere navale); più notevole quello del commercio, per il quale La Canea gareggia con Candia (Herákleion), press'a poco gli stessi essendo il movimento e le caratteristiche. Anche il porto di Soúda ha una certa importanza: l'uno e l'altro sono sbocco della fertile pianura che circonda La Canea e di tutta la parte occidentale dell'isola.
Monumenti. - Si riconosce tuttora, sopra una piccola altura, l'antico nucleo del castello veneziano, racchiuso da mura che in origine risalgono all'età classica: entro al quale si trovavano la cattedrale vescovile, il palazzo del rettore e le case dei maggiorenti della colonia. La nuova cerchia di mura, costruita già nel secolo XIV, fu totalmente rifatta a partire dal 1538 col nuovo sistema a terrapieno, dietro disegno di Michele Sanmicheli e poi degli altri ingegneri militari più celebri della Repubblica di Venezia. Di forma quadrangolare, era protetta da altrettanti baluardi (della Sabbionara, detto poi Michiel o Malipiero; di S. Lucia; di S. Demetrio, o Schiavo; di S. Salvatore, o Gritti) e da una piattaforma a metà del lato maggiore di mezzogiorno, nonché da nove cavalieri sopraelevati. Private delle porte e manomesse e distrutte in più luoghi, quelle mura poderose sussistono in buona parte tuttora e costituiscono il monumento più insigne della città vecchia. Il porto veneziano conserva ancora al giorno d'oggi qualche campata dei grandiosi arsenali che dal Cinquecento in poi vi erano stati costruiti.
Delle chiese, che fra latine e greche dovevano superare la cinquantina, ma che i Turchi avevano in buona parte ridotte a moschee, soltanto quelle gotiche di S. Francesco dei Minoriti e di S. Nicola dei Predicatori e, a giudicare dagli avanzi attuali, il sacello secentesco di S. Rocco, mostrano avere avuto qualche pregio d'arte. Ma palazzi e case di ogni epoca, agglomerati tuttora nel labirinto dei venétika stená (tale è il nome conservato dalle anguste calli di quella zona), con le marmoree loro membrature, con i loro stemmi patrizî e con le epigrafi in lingua latina, rendono ancora una pallida idea della città veneziana più caratteristica, che i viaggiatori del Seicento avevano trovato ricca di quasi cento palazzi "non differenti nell'architettura dalle facciate a Venetia".
Storia. - L'odierna città della Canea sorse sulle fondamenta dell'acropoli dell'antica Cidonia (Κυδωνία) nel 1252, auspice il doge Marino Morosini. Si trattò, probabilmente, di ricostruzione, secondo un piano sistematico di fortificazione, là dove non erano che miseri resti di antico splendore, aperti e abbandonati alle incursioni piratesche, e forse per questo scarsamente popolati. La città dovette al dominio veneto il suo rifiorire; ma bella e forte, come la descrivono più tardi i viaggiatori, La Canea, più che Candia, era il punto favorevole alle insidie degli assalitori, di facile approdo e di facile conquista, e offriva una buona base per l'occupazione dell'isola. E infatti di là, pochi anni dopo la fondazione veneta, i Genovesi cominciarono la loro campagna, nel 1266 e ancora nel 1294; così come di là fu intrapreso ogni altro assalto all'isola, fino a quello famoso del 1645, anche perché il possesso di questa fortezza assicurava altresì un ottimo ancoraggio e una delle più adattate basi portuarie.
Bibl.: E. Gerland, Das Archiv des Herzogs von Candia, Strasburgo 1899, Cornelius, Creta Sacra, Venezia 1755; W. Lithgow, The total discourse of the rare adventures, Londra 1632, p. 81; Benvegnù, Viaggio di Levante, Bologna 1888; Pococke, A description of the East, II, Londra 1745; G. Gerola, Monumenti veneti nell'isola di Creta, voll. 3, Venezia 1905 segg.; U. Mannucci, Contributi documentarî per la storia della distr. degli episcopati latini, in Bessarione, 1914.