VECCHI, Candido Augusto
VECCHI, Candido Augusto. – Nacque a Fermo il 10 febbraio 1813, figlio primogenito di Candido e di Luisa Fineschi, di madre inglese, appartenente a una ricca famiglia fiorentina.
Il padre, commerciante e imprenditore, poco dopo la nascita del figlio si trasferì ad Ascoli Piceno, dove rilevò la gestione di una cartiera e partecipò alla vita politica e culturale locale segnalandosi per i suoi sentimenti liberali e patriottici. Iscritto alla Carboneria e poi alla Giovine Italia, nel 1834 fu arrestato e processato. Rimesso in libertà, fu tra i promotori ad Ascoli Piceno del nuovo teatro Ventidio Basso e nel 1842 della locale Cassa di Risparmio.
Candido Augusto seguì le orme paterne e dopo aver compiuto i suoi studi presso il collegio Calasanzio di Chieti aderì alla Giovine Italia, venendo anch’egli coinvolto nella cospirazione del 1833 e nella successiva repressione. Accompagnò sovente il padre nei viaggi d’affari in Italia e in Europa e soggiornò a Milano, Firenze e Napoli, dove collaborò al Giornale abruzzese di scienze, lettere ed arti e pubblicò il volumetto Iscrizioni italiane: centuria prima (Napoli 1840). Fu poi a Roma, Lucca e Marsiglia, dove il 2 marzo 1842 sposò Vittoria della Ripa, proveniente da una famiglia di banchieri ebrei pesaresi che si era domiciliata a Firenze, da cui ebbe due figli: Augusto Vittorio, nato a Marsiglia il 22 dicembre 1842, e Lionello Pio, nato il 14 ottobre 1847 a Parigi, dove la famiglia si era trasferita fin dal settembre 1843. Qui egli scrisse articoli e corrispondenze per vari giornali e periodici italiani, fra i quali il Museo scientifico, letterario ed artistico edito a Torino.
Il 5 marzo 1848, nella Parigi scossa dal moto rivoluzionario che era iniziato nel febbraio, Vecchi partecipò con Giuseppe Mazzini alla fondazione dell’Associazione nazionale italiana. Pochi giorni dopo, allo scoppio della prima guerra d’indipendenza, accorse in Italia e si arruolò nella colonna dei volontari modenesi che combatté al fianco dei piemontesi. Ferito nella battaglia di Governolo, dopo l’armistizio di Salasco del 9 agosto 1848 entrò in contatto con Giuseppe Garibaldi e insieme alle sue truppe partecipò agli scontri di Morazzone. Nel gennaio del 1849 fu nominato rappresentante della provincia ascolana all’Assemblea costituente di Roma e il 9 febbraio seguente plaudì alla proclamazione della Repubblica. Fu poi ispiratore e redattore di un foglio trisettimanale, Misteri di Roma, che si pubblicò a Roma dal 4 al 27 aprile 1849, sulle cui pagine si fece portavoce di un repubblicanesimo intransigente e anticlericale, arrivando a sostenere l’opportunità di una dittatura rivoluzionaria svincolata dal controllo parlamentare. Prese quindi parte alla difesa della Repubblica combattendo a Roma e a Velletri, vicende che raccontò in un volume pubblicato due anni dopo e più volte ristampato (La Italia. Storia di due anni, 1848-1849, Torino 1851).
Caduta la Repubblica, dovette riparare in Corsica, poi a La Spezia e dal 1850 a Torino. Nel 1855, dopo che l’anno precedente aveva perso la moglie a causa dell’epidemia di colera, si spostò a Genova per seguire il figlio Augusto Vittorio impegnato negli esami di ammissione alla Regia Scuola di Marina. Stabilì quindi la sua residenza a Quarto, presso Villa Spinola. Fu qui che nel 1860 ospitò Garibaldi, immerso nei preparativi della spedizione dei Mille, prima di raggiungerlo in Sicilia e di essergli al fianco nell’ingresso trionfale a Napoli il 7 settembre. Risale al 1860 anche la sua iniziazione alla massoneria, avvenuta nella loggia Ausonia di Torino, scelta che lo accomunò a numerosi patrioti di fede democratica e liberale. La sua non fu un’adesione effimera se è vero che negli anni successivi egli fu maestro venerabile della loggia Giudacilio di Ascoli Piceno e tra i fondatori di un’altra loggia, denominata Argillana, che vide la luce nella medesima città. A Torino appartenne inoltre alla loggia Osiride.
L’amicizia con Garibaldi, nata sui campi di battaglia del 1848 e 1849, divenne in questo periodo strettissima. Vecchi trascorse lunghi periodi a Caprera e un suo libro (Garibaldi e Caprera, Napoli 1862), subito tradotto in inglese, olandese, francese, svedese e tedesco, contribuì notevolmente alla costruzione e alla circolazione internazionale del mito di Garibaldi, tutto giocato intorno alla giustapposizione fra la grandezza del personaggio e la semplicità della sua vita privata.
Nelle elezioni politiche del 1861, 1865 e 1867, presentatosi candidato nel collegio di Ascoli Piceno, Vecchi fu sempre sconfitto dal moderato Marco Sgariglia. Risultò però eletto nel 1862 nel collegio di Cerignola e nel 1865 in quello di Santa Maria Capua Vetere. Partecipò con relativa assiduità ai lavori parlamentari e alla Camera, pur sedendo a sinistra, mostrò sempre una certa indipendenza. Per esempio, nel 1864 fu tra i deputati di sinistra che votarono a favore della Convenzione di settembre. In questi anni tornò a viaggiare per l’Europa e a coltivare i suoi interessi culturali, pubblicando scritti storici e di archeologia, il cui frutto più significativo fu il volume dedicato ai nuovi scavi di Pompei (Pompei, Torino 1864), ristampato quattro anni dopo in una seconda edizione rivista e notevolmente ampliata (Pompei, Firenze 1868). Nel 1866 prese parte alla terza guerra d’indipendenza militando nelle file dei garibaldini con il grado di colonnello e con la funzione di capo di stato maggiore del generale Giuseppe Avezzana, mentre il figlio Lionello Pio prestò servizio su una nave cannoniera impegnata sul lago di Garda.
Morì ad Ascoli Piceno il 3 gennaio 1869.
La città marchigiana ne serbò a lungo la memoria: nel 1898 al suo nome fu persino intitolata la prima società di calcio locale, antesignana dell’odierna Ascoli Calcio, e nel 1907 i suoi resti mortali furono posti nel Famedio del cimitero comunale. Un suo busto si conserva presso il palazzo dell’Arengo di Ascoli Piceno e un altro fu posto nel 1926 sul colle del Gianicolo, a Roma, insieme a quelli dei patrioti che si erano battuti per la causa romana.
Il figlio Augusto Vittorio, compiuto il percorso formativo presso la Regia Scuola di Marina di Genova, dove fu ammesso nell’ottobre del 1856, iniziò la sua vita militare nel giugno del 1861 entrando nei ranghi della Marina italiana. Dopo lunghi periodi di navigazione che lo videro toccare quasi ogni parte del mondo, nel 1866 ottenne la nomina a luogotenente di vascello e partecipò alla battaglia di Lissa a bordo della fregata Principe Umberto. Lasciò la Marina nel 1872 per dedicarsi all’attività giornalistica e letteraria. Nel frattempo, il 15 ottobre 1870 aveva sposato Honorine Thesauro di Meano, di nobile famiglia, che morì a Sarzana nel 1879 dopo avergli dato tre figli: Lucia (1871), Elena (1873) e Vittorio Emanuele Augusto (1876), tutti nati a La Spezia.
La sua feconda attività di scrittore cominciò nel 1875 con una serie di racconti a sfondo marinaresco pubblicati sulla Gazzetta d’Italia e poi raccolti in volume (Bozzetti di mare, Firenze 1875). In tutte le sue opere si firmò con lo pseudonimo di Jack La Bolina, per il quale trasse ispirazione da The last of the Mohicans di James Fenimore Cooper, come spiegò egli stesso nel libro autobiografico Memorie marinaresche di Jack La Bolina: da bordo del Principe di Carignano al processo per alto tradimento, 1867-1885 (Roma 1911). Nel 1876 iniziò la collaborazione con altri giornali, come Il Fanfulla e Il Caffaro, e con riviste quali Nuova Antologia, Rassegna nazionale e Rivista marittima, a cui si aggiunse dal 1881 il Giornale per i bambini diretto da Ferdinando Martini. Nel 1879 fu tra i fondatori e primo presidente del Regio Yachting Club italiano, carica che cedette nell’agosto del 1880 al marchese Carlo Ginori Lisci. Sempre nel 1880 Vecchi si trasferì con la famiglia a Pavia, dove ottenne una cattedra di storia presso l’Istituto tecnico, e da qui nel 1882 a Livorno, dove fu chiamato a insegnare la medesima materia presso l’Accademia navale. In questo periodo pubblicò vari libri di racconti, di memorie, di divulgazione, dedicati perlopiù ai ragazzi e aventi per oggetto il mare e l’amore per l’avventura, oltre a una biografia di Garibaldi, che gli dettero vasta notorietà (Saggi storico-marinareschi, Genova 1877; Leggende di mare, Bologna 1879; Preboggion, Bologna 1880; La vita e le gesta di Giuseppe Garibaldi, Bologna 1882).
Nell’agosto del 1885 sembrò che questa serie di successi e di pubblici riconoscimenti si dovesse bruscamente interrompere. Vecchi fu infatti arrestato e tenuto recluso in carcere per undici mesi per un presunto caso di spionaggio che ebbe larga eco nella stampa e in cui restò coinvolto anche il fratello Lionello Pio. Entrambi furono accusati di alto tradimento per cospirazione contro lo Stato per aver trasmesso segreti militari a una potenza straniera con la complicità del giornalista francese Charles des Dorides. I capi d’accusa si rivelarono però totalmente inconsistenti e il processo, celebrato a Roma nel luglio del 1886 e durato solo tre giorni, si concluse con l’assoluzione con formula piena di tutti gli imputati. Il collegio degli avvocati difensori si limitò in pratica a presentare una memoria nella quale smontò il fragile castello accusatorio del pubblico ministero (cfr. N. Pelosini - T. Bonacci - B. Alasia, Per Vittorio Augusto Vecchi: memoria, Roma 1886).
Nel 1889 Vecchi si trasferì da Livorno a Firenze e nel periodo estivo prese a frequentare i più rinomati luoghi di villeggiatura toscani, da Castiglioncello a Forte dei Marmi, entrando a far parte dei cenacoli artistici e letterari che vi si davano ritrovo. In particolare strinse una solida e duratura amicizia con il pittore Vittorio Matteo Corcos, che oltre a illustrare vari suoi libri ritrasse lo scrittore e le figlie Lucia ed Elena in alcuni dipinti che sono considerati fra le sue opere migliori (fra questi il celebre Sogni del 1896, conservato presso la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma).
Negli anni seguenti Vecchi intensificò ulteriormente la sua produzione letteraria a cui si dedicò senza interruzioni per tutta la vita, estendendo la collaborazione a nuovi periodici come Il Giornalino della domenica diretto da Luigi Bertelli (Vamba), dove apparvero suoi articoli fin dal primo numero uscito nel giugno del 1906. Fra i contributi più significativi, nei diversi generi che egli praticò, vanno annoverate la Storia generale della Marina militare (Firenze 1892; seconda ed. riveduta e accresciuta Livorno 1895); La educazione geniale del corpo. Passeggiata, nuoto, remo, vela, danza, velocipede ed alpinismo, Roma 1894; In viaggio lungo le coste d’Italia, Genova 1895; il romanzo avventuroso Al lago degli elefanti (Torino 1898), considerato il suo capolavoro; La marina contemporanea, Torino 1899; I giovani eroi del mare: racconti e novelle (Torino 1900); Sotto il mare della patria. Racconto d’avventure marinaresche, Roma 1903; Caccie su terra e su mare: lettere di due giovani esploratori (Torino 1910); In grembo al mare. Oceanografia popolare, Bologna 1912; Il libro dei prodigi (Milano 1913); L’arcipelago toscano (Bergamo 1914); Storia del mare (Torino 1923); Il romanzo di un negriero. Avventure marinaresche (Torino 1929). Degni di menzione, fra i suoi scritti di carattere autobiografico: Memorie di un luogotenente di vascello (Roma 1896); Ricordi di fanciullezza (Milano 1897); Cronachette del Risorgimento italiano (Firenze 1920); Al servizio del mare italiano (Torino 1928).
Nel 1894 lanciò l’idea di una Lega navale italiana, un’associazione che doveva farsi promotrice della cultura e degli interessi marinari. Essa si costituì tre anni dopo, nel 1897, e si dotò di un proprio periodico ufficiale, La Lega navale, di cui Vecchi fu assiduo collaboratore per tutta la vita.
Morì a Forte dei Marmi il 6 settembre 1932.
Un elenco dettagliato delle sue opere, compreso lo spoglio dei contributi apparsi su riviste e periodici, è in Jack La Bolina al servizio del mare italiano, a cura di G. Anelli - G. Merlini, Acquaviva Picena 2011, pp. 66-79.
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