CANDIANO
. La genealogia della famiglia dei Candiano, che occupa quasi un secolo della storia veneziana, è, soprattutto nelle origini, assai incerta. La discendenza da Pietro C., che per primo fu elevato al seggio ducale per designazione del voto popolare nell'887, degli omonimi successori del secolo seguente non è affatto dimostrata, anzi pare contraddetta dall'espressione del più autorevole cronista. La brillante parentesi delle audacie veneziane per la conquista dell'altra sponda adriatica, inaugurata da questo principe, infelicemente conclusa col sacrificio della sua persona nell'impresa dalmatica, non ebbe seguito: al momento della sua morte mancava un erede famigliare, che raccogliesse la tradizione da lui lasciata e la portasse a compimento. I C. di cinquant'anni dopo erano di altra stirpe e di altro sentire. Il secondo come il terzo C., di nome essi pure Pietro, dogi nella prima metà del sec. X seguono l'attenta e vigile politica di raccoglimento, che non è tuttavia incurante dell'interesse marinaro delle patrie lagune, ma non è sufficiente ad appagare chi è stimolato da ben altro interesse. Questo conflitto mette il figlio contro il padre, il quarto contro il secondo Candiano, nel 959; e l'avvento di quello segna un brusco ripiegamento alla politica continentale, portata per egoistico interesse di famiglia alle estreme conseguenze. La corte ducale si feudalizza nei costumi per l'entrata in essa di una sposa di stirpe germanica; lo spirito veneziano della stirpe ducale si feudalizza anch'esso ricevendo nella persona di un collaterale del doge, il fratello Vitale, detto Ugo, l'investitura della podestà comitale padovana. Tali vantaggi furono realizzati col sacrificio della naturale tradizione della vita veneziana. Non solo restò offeso il sentimento patrio con l'adozione di un costume ad esso estraneo, ma anche fu diminuito e quasi umiliato il geloso patrimonio d'indipendenza nazionale di fronte alla potenza imperiale degli Ottoni, con la quale parve collaborare in stretta intesa, all'interno ed all'estero, tutta la famiglia, dal doge Pietro al patriarca Vitale suo figlio, all'altro suo fratello, Vitale, divenuto conte di Padova. Un tragico destino li attendeva tutti: per il primo, una sanguinosa vendetta, consumata a furia di popolo nel 976 sulla sua persona e su quella dell'innocente erede; al secondo era riservato un doloroso esilio, intessuto di rabbiose congiure, e un umiliante ritorno; al terzo, il rapido sfacelo di una fortuna acquistata a prezzo di non simpatiche rinunce. Tramontava così al cader del secolo la fortuna politica di una famiglia, che aveva dominato la vita pubblica veneziana per più di cinquant'anni: e forse si estingueva anche la stirpe nel succedersi di poche generazioni. La scialba figura di Vitale C. che governò in breve intermezzo fra il primo e il secondo Orseolo, con ogni probabilità non solo non appartiene al ramo diretto degli omonimi predecessori, ma forse è anche estraneo a quella famiglia. Invocato pacificatore delle fazioni, fallì nel suo compito, e in breve abbandonò l'alta dignità senza lasciare eredi.
Bibl.: Brunacci, Storia ecclesiastica di Padova, ms. del Museo civico di Padova, V, f. 157; Gradenigo, Due lettere all'abate G. Brunacci dei monasteri doppi di Venezia e dei conti che dominarono Padova, Venezia 1742; A. Gloria, Codice diplomatico padovano, Venezia 1879-81, II, i, p. 42; R. Cessi, Venezia ducale, I, Padova 1929, p. 242 segg.; E. Zorzi, Il territorio padovano nel trapasso da comitato a comune, in Miscell. Dep. stor. patr. per le Venezie, s. 4ª, III, p. 47 segg.