CANDI (Chandj, Chandjs, de Candi)
Un "C. marangonus de Spilimbergo de confinio Sancte Marie Magdalene", cioè dimorante nella parrocchia di S. Maria Maddalena a Venezia e attivo come falegname-carpentiere, è ricordato in un docum. del 19 dic. 1410 (Paoletti, 1893, p. 259). Egli può forse essere identificato con quel "maestro Candi, falegname, del fu Matteo", la cui moglie Agnese, "l'ultimo" di febbraio 1463, fa testamento, lasciando eredi lui di 25 ducati e i figli Giovanni e Benedetto di quant'altro rimaneva dei suoi beni (ibid., p. 97).
Di questo "maestro Candi" fu Matteo troviamo notizia in altri due documenti: il primo, datato 10 apr. 1457, ricorda "Mº Candi marangon et sua moier et do fioli suo"; il secondo, un atto notarile del 22 ott. 1460, lo menziona ancora come padre del ben più famoso Giovanni (ibid., pp. 259 s.). Dell'attività dell'altro figlio suo, Benedetto, non si sa nulla. Non ne conosciamo né la data di nascita, né quella di morte, che deve collocarsi, però, tra il 1463 e il 1488, anno in cui il notaio Girolamo Bonicardi stende un contratto tra i provveditori della Scuola grande di S. Marco in Venezia e "magister Ioanne Candi" del fu ser Candi.
Il Paoletti ricorda altri Candi presenti a Venezia all'inizio del sec. XV, pur essi capomastri, o imparentati con famiglie di architetti, e si è trovata notizia di un'altra famiglia dello stesso nome; ma è impossibile appurare quali legami di parentela esistessero tra loro e con il "maestro" di Spilimbergo.
Il figlio Giovanni (Zuan, Zuane), da un documento del 22 ottobre 1460, risulta coniugato con donna Lucia di Bartolomeo Possato; e il titolo di "magister", che gli si attribuisce, potrebbe indicare che da qualche tempo si dedicava ad un'"arte". Nel 1466 fa parte della confraternita della Scuola grande di S. Marco a Venezia, che solitamente accoglieva tra i suoi adepti coloro che collaboravano alla costruzione o all'abbellimento della sua sede. Documentato è il suo contributo alla "rifabrica" della Scuola, dopo l'incendio del giovedì santo del 1485. In qualità di "marangon" ormai famoso, giacché doveva dirigere unitamente a maestro Marino de Doimo alcuni "maistri dei mior di questa terra", provvede ai lavori di falegnameria e carpenteria della sala terrena (travature, bordonali, soffitto) e dell'"albergo" (Paoletti, 1893, pp. 102 s.), il cui soffitto subirà (1504) notevoli modifiche da parte di Biagio e Pietro da Faenza. Nel 1475 è interpellato per la messa in opera di ventisei tiranti per il tetto della chiesa di S. Chiara nell'isola di Murano. Nel 1489, avendo come collega maestro Zuan Baston, costruisce una "capella e certi muri" a Scorzè, presso Mirano.
Il 10 genn. 1496 gli oratori di Belluno erano incaricati di cercare a Venezia "un uomo d'ingegno" e di chiamarlo a Belluno per fare il modello del palazzo dei Rettori "novo edificandi"; il 14 marzo dello stesso anno il Consiglio dei minori faceva pagare a "Mº Giovanni Candi Veneto", per aver fatto "modellum et formam", del nuovo palazzo dei Rettori "da costruirsi", 15 ducati d'oro, oltre al rimborso delle spese di viaggio da e per Venezia.
Nonostante la minuziosa documentazione dei fatti fin qui riferiti, il Guggenheim esita alquanto ad attribuire a Giovanni la paternità di questo edificio, poiché egli non sarebbe mai stato citato come architetto, ma solo quale falegname e carpentiere. Abbiamo già visto però come egli dovesse essere a conoscenza delle leggi di statica architettomca, essendo stato interpellato per mettere in opera tiranti, e come nel 1489 fosse impegnato in un'opera in muratura. Anzi, nel 1499, un documento riferentesi a questa costruzione lo qualifica espressamente "murarius", titolo che si dava di consueto agli architetti; e come architetto lo vedremo impegnato alla fabbrica del palazzo Contarini a S. Paternian in Venezia. Il Guggenheim, tuttavia, crede di trovare conferma al suo dubbio nel fatto che era stata concessa facoltà al provveditore e ai Consigli di provvedere il legname e di prendere accordi con "murariis pro fabrica Palatii[s] construendi de novo" fin dal febbraio 1491, data che in effetti si trova incisa, nel capitello angolare sinistro del porticato, accanto ad una scritta che, male interpretata dal Ravazzini, non è altro se non l'abbreviazione del nome del provveditore Matteo Tiepolo sotto il cui governatorato (1491) fu presa per la prima volta la decisione di costruire "de novo" il palazzo: ma ciò non prova che la costruzione del palazzo fosse iniziata proprio nell'anno 1491.Insostenibile sembra inoltre l'esistenza di un precedente disegno di cui Giovanni si sarebbe limitato a eseguire il modello in legno, in quanto, verosimilmente, dovrebbe esserne citato l'autore in quell'unica fonte che ci dà notizia del suo intervento. La costruzione del palazzo si protrasse per molti anni, ma non c'è motivo di dubitare che venissero rispettati nelle linee generali "modellum et formam" forniti da Giovanni nel 1496.
Altre opere condusse Giovanni a Venezia, come attesta una "commissaria" del 13 ag. 1499 (Paoletti, 1893, p. 259): lavorò per Pietro Zen, per Pietro Querini da S. Leonardo, per Pietro Contarini da S. Paternian (fino ad oggi confuso con Pietro Maria Contarini, suo genero). Per il Contarini il C. costruì il famoso palazzo con la "scala jn bovolo", presso l'odierno campo Manin a Venezia, molto più unitario e coerente in tutte le sue parti del Palazzo pubblico di Belluno, forse anche perché privo di qualsiasi distrazione ornamentaria. Per questo motivo si può ritenere che il palazzo Contarini sia la testimonianza più vera del gusto schietto dell'artista.
Il 9 ag. 1506 Giovanni abitava a Venezia, in una casa della confraternita di S. Marco. In quello stesso anno moriva.
Fonti e Bibl.:P.Paoletti, L'architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, Venezia 1893, pp. 97, 259 s. (per il Candi figlio diMatteo), 102 s., 169, 175, 223, 258-260 (per Giovanni); M. Guggenheim, Il pal. dei rettori di Belluno, Venezia 1894, passim, G. Ravazzini Il palazzo dei rettori in Belluno, in Arte e storia, XXX (1911), pp. 69-81; G. Tassini, Curiosità veneziane, Venezia 1915, p. 373; P. Paoletti, La Scuola Grande di S. Marco, Venezia 1929, p. 19; U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 492.