CANAPA (lat. cannăbis; fr. chanvre; sp. cáñamo; ted. Hanf; ingl. hemp)
Con questo nome s'indica tanto la pianta, Cannabis sativa L., quanto la fibra tessile che da essa si ricava. La canapa è pianta erbacea annuale, appartenente alla famiglia delle Moracee, sottofamiglia delle Cannaboidee: ha fusto eretto, semplice o poco ramificato, angoloso e scanalato, alto da m. 2 a 6 e più, secondo le razze e i paesi; foglie opposte e spesso nella parte superiore alterne, provviste di due stipole acuminate, lungamente picciolate, a lembo diviso sino alla base in 5 a 9 e anche 11 lobi lineari-lanceolati acuti a margine dentato; tutta la pianta è coperta da una fine peluria e da numerose ghiandole, ed emana un odore particolare intenso. È dioica; negl'individui maschili i fiori sono disposti in pannocchie terminali e ascellari allungate lasse e sono sprovvisti di brattee, constano d'un calice di 5 sepali e di 5 stami; negl'individui femminili i fiori sono riuniti in glomeruli raccolti in una falsa spica terminale compatta e fogliosa, e ciascun fiore è avvolto da una bratteola accrescente, in cui si trova l'ovario sormontato da due lunghi stimmi e cinto da un perigonio membranoso. Il frutto (volgarmente detto seme) è un piccolo achenio di forma ovoidale leggermente schiacciato, a pericarpio duro e fragile grigio-verdastro, reticolato per venature più scure; è senza albume, e ricco d'olio.
Indipendentemente dalle differenze nelle strutture fiorali, evidentissima anche all'occhio profano è la diversità tra le piante maschili (volgarmente dette femmine) e le femminili (volgarmente dette maschi o canapacci) a completo sviluppo (fig. 1). Nelle prime il fusto è più sottile e slanciato e gl'internodî sono più lunghi, pure più lunghi sono i piccioli delle foglie, i segmenti della lamina più stretti e generalmente in numero minore che nelle seconde; nel tempo della fioritura la differenza s'accentua, per l'aspetto ben diverso che conferiscono alle piante dei due sessi le infiorescenze (fig. 2). Inoltre le piante maschili crescono più rapidamente delle femminili, mentre queste raggiungono maggiore sviluppo e hanno vita più lunga delle maschili.
Benché la canapa debba essere annoverata fra le specie dioiche più costanti, pure la sua dioicità non è assoluta, poiché si trovano, specialmente in alcune razze, piante monoiche e anche con fiori unisessuali ed ermafroditi sullo stesso individuo. La canapa, come una delle piante più tipicamente dioiche, è stata oggetto di molti studî circa la proporzione numerica dei sessi e la determinazione di essi. Dalle numerose statistiche eseguite nei più diversi paesi del mondo è risultata sempre una prevalenza di piante femminili, e cioè, secondo i casi, da 105 a 130 di queste su 100 piante maschili; e le numerose esperienze fatte da molti biologi non sono riuscite mai a modificare il rapporto, né scegliendo i semi in base a varî criterî, né variando le condizioni esterne di sviluppo delle piante, sicché appare che il sesso della futura pianta sia già predeterminato nel seme, il quale però non presenta alcun carattere manifesto di riconoscimento.
La canapa pare sia originaria dell'Asia centrale, dove si riscontra allo stato selvatico, e donde fin dalla più remota antichità fu introdotta in Cina e poi nella Russia e nell'Europa media e occidentale; fu nota ai Romani. Oggi è estesamente coltivata in molti paesi di clima temperato, sia per la produzione della fibra, sia per quella dei semi, dai quali si estrae olio.
La produzione mondiale annua della fibra di canapa varia tra 5 e 8 milioni di quintali; nel 1926 essa fu di q. 6.991.000 e i paesi di più grande produzione furono in quell'anno i seguenti:
La produzione mondiale annua dei semi di canapa varia da 4 a 6 milioni di quintali (esclusa la Cina, che è uno dei maggiori produttori, ma per la quale mancano le statistiche); nel 1926 fu di q. 5.670.000, dei quali q. 5.045.000 furono dati dalla U. R. S. S.
Coltivazione e prima lavorazione.
In Italia la canapa si coltiva per l'estrazione della fibra; il seme si usa soltanto per la riproduzione e per tale uso viene anche esportato; è rinomato specialmente quello di Carmagnola. Se l'Italia è il secondo paese del mondo per la quantità di fibra di canapa prodotta, è il primo per la qualità di questa, eccellente per finezza, morbidezza, bianchezza, lucentezza; ed è il primo anche per il rendimento unitario della coltivazione, pari a q. 10 di fibra all'ettaro in media per tutto il regno, e che nei maggiori centri di produzione sale a 12 q. e più. Secondo la statistica ufficiale l'estensione della coltura e la produzione, distinte per compartimenti, negli anni 1926 e 1927, sono state le seguenti:
La media dell'ultimo quinquennio dell'anteguerra (1909-1913) fu di ha. 80.902 di superficie coltivata e di q. 835.000 di fibra prodotta. L'esportazione di canapa dall'Italia (in media in ragione del 50% del prodotto) in questi ultimi anni è stata: nel 1924, q. 519.420; nel 1925, q. 463.557; nel 1926, q. 536.971; nel 1927, q. 839.033, oltre una considerevole quantità di stoppa.
I paesi acquirenti sono soprattutto la Germania, l'Inghilterra, la Francia, il Belgio, l'Olanda e gli Stati Uniti d'America.
Preparazione del terreno, semina e raccolta. - La canapa ha bisogno di terreno profondo, soffice, fresco, ricco di sostanza organica. Si deve principalmente appunto all'accurata lavorazione e concimazione del terreno, l'abbondante ed eccellente fibra della canapa emiliana in confronto a quella di altri paesi. In Emilia s'inizia la preparazione del terreno con tre lavorazioni d'aratro in estate subito dopo il raccolto del grano, spargendo nello stesso tempo e sotterrando il letame; in autunno si pratica una rifenditura, e finalmente, poco prima della semina, si esegue un'erpicatura o lo sminuzzamento delle zolle con la zappa. La semina si pratica in genere nel marzo, a spaglio o a righe: si semina sempre fitto per avere fusti alti e non ramificati, ma più o meno fitto secondo la natura del terreno e la quantità di concime sparso, e anche secondo la qualità di fibra che si desidera ottenere; la semina più fitta dà fibra lunga, fine, delicata, la meno fitta invece più grossolana e più resistente. In conseguenza del suo grande e rapido sviluppo (in circa cinque mesi compie l'intero ciclo) la canapa dopo la semina non richiede che un paio di sarchiature. Data la necessità d'una forte concimazione organica e di lavori profondi e ripetuti, la canapa nella rotazione agraria dei terreni occupa il primo posto, o posto di rinnovo, preceduta e seguita da cereale d'inverno.
Per la produzione del seme destinato alla riproduzione, si usa seminare la canapa in campo apposito (canapacciara), ponendo due o tre semi in piceole buche alla distanza di 50 cm. l'una dall'altra, ovvero si semina nei campi di granturco, di barbabietola, o nei medicai con un metro di distanza tra pianta e pianta, oppure nei campi ordinarî di canapa si lasciano nella raccolta generale alcune piante femmmili a compiere la maturazione dei loro semi.
La raccolta della canapa ha luogo tra la fine di luglio e i primi d'agosto; non è facile però giudicare il momento preciso della maturità della fibra, poiché una differenza, anche di pochi giorni, può influire sensibilmente sulla qualità e anche sulla quantità del prodotto. La canapa raccolta precocememe dà fibra più chiara, ma anche meno resistente e in minore quantità; se raccolta con ritardo dà fibra più grossa, più scura, più ruvida e di più laboriosa estrazione. La raccolta (figura 4) si fa sradicando le piante, procedimento che tende a scomparire, o più generalmente falciandole al piede; le piante, lasciate per qualche tempo al sole sul canapaio, si essiccano e, battute, lasciano cadere le foglie e le inflorescenze; i fusti nudi (bacchette) che rimangono vengono separati secondo la loro lunghezza (tiratura) e raccolti in mannelle o fasci d'uguale lunghezza e grossezza.
Macerazione. - I fasci così preparati vengono trasportati ai maceri (in Campania detti gore o lagni; fig. 6). Questi consistono in grandi fosse piene d'acqua, ove i fasci vengono immersi, accatastati gli uni sugli altri e trattenuti da grossi sassi, che impediscono a essi di risalire a galla. In alcune località i fasci sono macerati in acqua corrente; l'importante si è che l'acqua contenga i bacilli atti alla fermentazione, che si manifesta con violenza e dà un puzzo penetrante, talché i maceri si tengono lontani dai centri abitati. Pare che il più importante bacillo sia il B. felsineus individuato dal Carbone. Infatti, si eseguirono esperimenti di macerazione biologica, immettendo nell'acqua detto bacillo, e si ebbero soddisfacenti risultati.
La macerazione, che permette la separazione della corteccia dal fusto, è uno dei problemi più ardui e non ancora ben risolti praticamente; quella naturale richiede da quattro fino a dieci giorni, secondo la temperatura, la qualità dell'acqua, il tipo di canapa, ecc.; non v'è durante detto tempo nessun rigoroso controllo tecnico; tutto è affidato all'esperienza tradizionale del contadino, la quale non è sempre una sicura guida. Bisogna poi pensare che le acque dei maceri, soggette ad avversità climateriche, non sono sempre pulite e che nello stesso macero si fanno due o tre macerazioni (cotte) successive, in condizioni variabili da una cotta all'altra. Tutto ciò va a scapito dell'uniformità e bontà del risultato, senza contare i danni che la manipolazione materiale nei trasporti, le legature, le compressioni a forza entro il macero, l'immersione e l'emersione possono recare alla fibra. La macerazione biologica non è ancora praticata specie per l'alto costo degl'impianti che richiederebbero mezzi di cui non potrebbero disporre se non potentissimi enti sovvenzionati almeno all'inizio, dallo stato.
Vi sono anche recenti ricette per la macerazione chimica, delle quali gl'inventori si dicono assai soddisfatti sia dal lato tecnico, sia dal lato del costo, ma finora non è possibile darne un giudizio sicuro.
Per la canapa di qualità molto andante si omette talvolta la macerazione, lasciando la canapa verde. Ma sulla convenienza di questo procedimento si discute tuttora.
Asciugamento. - Dopo il macero i fasci si asciugano all'aria libera, slegandoli prima da un capo, e disponendoli poi a fascio d'armi sul terreno (fig. 8). Se il tempo è bello, in pochi giorni la canapa acquista un bel colore lucente fra il biondo e l'argentino chiaro; se invece è piovoso la canapa non può asciugare regolarmente, perde di colore e lucentezza, spesso s'imbratta di fango al piede e quindi lo stesso stelo non mantiene tinta uniforme, e infine l'acqua, che cola lungo le fibre, le sgomma e le riappiccica a caso fra loro, riducendone la proprietà di divisibilità e quindi di finezza (titolo), e di elasticità e quindi di filabilità.
Poiché le cotte sono due o tre, il periodo di macerazione e di successivo asciugamento si protrae per alcune settimane, durante le quali non è facile che il tempo si mantenga costantemente sereno; è chiaro quindi che la macerazione non è senza rischi.
L'asciugamento a ricovero dalle intemperie e razionalmente condotto, costituisce uno dei problemi che va affrontato per la tranquillítà del coltivatore e per il vantaggio dell'industria della canapa.
Stigliatura e scotolatura. - Gli steli asciugati subiscono la stigliatura, che ha per scopo di spezzarne il nucleo legnoso, e la scotolatura, sciabolatura o gramolatura che sbarazza le fibre utili da tutti i pezzetti di legno attaccati a esse. Ormai la macchina quasi ovunque ha sostituito, in grazia della maggior sicurezza di controllo, la lavorazione a mano, pur dando risultati meno economici e tecnicamente meno perfetti: la lavorazione a mano, infatti, permette di moderare o di forzare la rottura degli steli a seconda delle loro proprietà specifiche, mentre la macchina rompe uniformemente qualunque tipo di fibra che le venga sottoposto. A ogni modo questa operazione della gramolatura permette la separazione dei varî filamenti tessili contenuti in ogni stelo.
I filamenti tessili (tiglio) di canapa sono costituiti da cordoni di fibre situati nel libro, cioè nello strato più interno della corteccia, i quali si anastomizzano fra di loro, formando come una rete a maglie lunghissime e strettissime, che avvolge tutto lo stelo; ciascuna fibra elementare è fusiforme, appuntita alle estremità, in sezione trasversale a contorno più o meno poligonale irregolare, a parete spessa e a cavità piuttosto larga nella parte mediana della fibra e che va restringendosi verso le punte. Briosi e Tognini distinguono nel tiglio di canapa due sorta di fibre elementari: fibre primarie, in grandissima prevalenza, lunghe 10-25 mm. e del diametro di 13-45 μ con parete più o meno debolmente lignificata; e fibre d'origine secondaria assai più piccole e con parete più o meno fortemente lignificata.
Il tiglio deve uscire dalla gramolatura senza canapucci e ben disteso; e si dovrebbero ancora togliere al piede quelle fibre corte che esso contiene e che sviliscono il valore della canapa. Il ricavo in tiglio della canapa, quale proviene dal campo, è del 10%. La fibra passa ai magazzini di cernita e imballaggio, e di qui è messa sul mercato in balle di diverse dimensioni e forme, secondo la provenienza. Lo scarto di assortimento, come quello di campagna, forma le stoppe di campagna o strappature, le quali pure sono raccolte, selezionate, imballate e poste sul mercato per produzione di filati grossolani per spagheria e corderia.
Per somiglianza delle fibre e degli usi cui vengono destinate, nel commercio si dà il nome di canapa seguito da varie specificazioni alle fibre che si estraggono da diverse piante del tutto differenti dalla canapa. Così si chiama canapa di manilla la fibra che si ricava dalla Musa texilis Nees (v. abacà); canapa di Sisal quella che si estrae dalle foglie dell'Agave sisalana Perr. (v. agave), canapa di Maurizio, quella che si ricava dalle foglie della Fourcroya gigantea Vent.; canapa della Nuova Zelanda, la fibra estratta dalle foglie del Phormium tenax Forst.; canapa di Bombay, quella ottenuta dalla corteccia di varie specie di Hibiscus e soprattutto dell'H. cannabinus L.; canapa del Bengala quella di alcune specie di Crotalaria e principalmente della C. iuncea L. e della C. tenuifolia Roxb.; canapa della Siberia, infine, la fibra tratta dai fusti di Urtica cannabina L., e altre.
Olio di semi. - I semi di canapa dànno per pressione il 25% d'olio; usando i solventi (solfuro o tetracloruro di carbonio, benzina) se ne ottiene il 30-32%. Quest'olio si adopera generalmente per fabbricare saponi teneri e per colori e vernici; in taluni paesi, come in Russia e in Cina, si usa anche come commestibile. In farmacia i semi di canapa servono per emulsioni.
Bibl.: G. Briosi e F. Tognini, Intorno alla anatomia della canapa, in Atti dell'Istituto botanico dell'università di Pavia, s. 2ª, III e IV, Milano 1894 e 1897; U. Somma, La canapa, Bologna 1923; O. Heuser ed altri, Hanf und Hartfasern, Berlino 1927.
Lavorazione industriale.
La parte industriale nella lavorazione della canapa s'inizia negli opifici ai quali essa giunge in balle di mannelle o rotole di filaccia ottenuta dalla pianta per mezzo delle operazioni che abbiamo descritte di sopra. La storia dell'industria della canapa si confonde con quella del lino (v.)
La canapa ha generalmente un uso intermedio tra il cotone e la iuta. Queste fibre, di consumo assai più vasto e di commercio mondiale organizzato, fanno sentire fortemente le ripercussioni del variare dei loro prezzi sul mercato della canapa e sovente a svantaggio di quest'ultima. Svariati sono gli usi che la canapa trova in commercio: dalla fabbricazione di tessuti pesanti, a quelli di cordami, spaghi, refi, articoli per pesca e marina. Qualunque sia lo scopo finale, il primo ciclo di operazioni è quello di filatura, il cui diagramma di lavorazione è rappresentato dal seguente schema:
A seconda dell'uso cui il filato deve adibirsi variano naturalmente i successivi procedimenti di lavorazione. Per citarne i principali:
Filatura. - Assortimento. - È un'operazione fatta a mano che serve a separare la fibra a seconda del colore, della qualità, della lunghezza. Le qualità fini e pastose sono dette gargiolo (1°, 2°, 3° in ordine decrescente di qualità); le robuste, cordaggio (1°, 2°, 3°, 4°); le morbide e corte, basso (1°, 2°, 3°). Durante questa lavorazione si procede anche a un accoppiamento delle mannelle nel senso della lunghezza, per formare chioppe uniformi che facilitano e rendono più redditizie le successive operazioni.
Ammorbidatura. - Ha lo scopo di produrre un riscaldamento per frizione, che sciogliendo le sostanze agglutinanti faciliti la suddivisione delle fibre elementari. Due sono i tipi di macchine sui quali in generale questa operazione viene effettuata: quello bolognese (fig. 9), quello inglese (fig. 10). In entrambe, le fibre sono fatte passare fra coppie di cilindri scanalati sovrapposti.
Nel tipo bolognese i cilindri sono in numero di due, l'inferiore motore, il superiore mosso con le estremità poggianti su due guide verticali scorrevoli, e governati da contrappesi per esercitare sulla canapa la necessaria pressione. È una macchina d'azione violenta e che si adopera in generale per i materiali più forti e più duri. La potenza richiesta è di circa 3,5 HP.
Il tipo inglese ha parecchie coppie di cilindri di minor diametro, premute tra loro da molle; alle coppie è impresso un movimento rotativo alternato, in cui però lo spostamento in un senso è maggiore che nel senso opposto, ottenendosi così l'avanzamento della fibra che è fatta passare fra le coppie. Le due serie di cilindri sono disposte in un piano orizzontale o a semicerchio rispetto a un asse comune. Questa macchina produce un'azione più graduale della precedente. La potenza richiesta è di circa 4 cavalli. Vi sono infine ammorbidatrici a forma di ruota da mulino, l'uso delle quali va però estinguendosi.
Tagliatura. - Poiché la fibra della canapa ha lunghezze variabili dai m. 1,50 ai 3,50, essa non può essere lavorata in tutta la sua lunghezza poiché le macchine assumerebbero proporzioni assai grandi, non consentite da esigenze costruttive e di spazio; occorre quindi tagliar la canapa in pezzi della lunghezza di cm. 70 circa. Questa operazione consente anche di suddividere i tagli ricavati dalle due estremità da quelli della parte centrale, che hanno caratteristiche superiori.
Si usano segatrici o strappatrici. Le prime (fig. 11) sono costruite sul principio della sega circolare e formate da un robusto disco rotante a grande velocità, munito alla periferia di solidi denti d'acciaio che tagliano la chioppa in fibra; essa viene fornita al disco da due coppie di cilindri alimentatori, ai quali è presentata a mano. La macchina è a doppia facciata; vi è adibita un'operaia per parte e può preparare fino a chilogrammi 2000 in 8 ore, assorbendo circa 2 cavalli e mezzo di forza.
Le strappatrici (o scavezzatrici; fig. 12) sono sostanzialmente costituite da due robusti assi a sezione quadrata, fra loro paralleli, sporgenti circa 25 cm. e distanti fra loro circa 40 cm. Di essi uno è fisso, l'altro girevole. Assicurata la filaccia in fascio da una parte al primo e avvoltala dall'altra al secondo, si produce lo strappo. Una strappatrice a due facce produce kg. 1000 in 8 ore assorbendo circa un cavallo e mezzo di forza.
Qualcuno preferisce la tagliatrice perché più economica, altri la strappatrice perché essa, prima che lo strappo avvenga, stira il materiale e quindi inizia la parallelizzazione delle fibre. Lo strappo inoltre, essendo meno netto del taglio, fornisce fibra con le estremità in condizioni più atte a comporre un nastro nelle successive operazioni di filatura.
Pettinatura. - La canapa segata o meglio rotta per strappo è divisa in mannelle di circa 300 grammi e portata alla macchina di pettinatura (fig. 13). In altri tempi si usava una preventiva sgrossatura a mano su pettini grossolani. Quest'operazione è oggi quasi completamente abbandonata anche per i perfezionamenti apportati alla pettinatura. Secondo il modo di segatura o scavezzatura un'operaia può preparare giornalmente da 500 a 900 kg. di mannelle. (Per la pettinatura a macchina delle fibre lunghe come queste di canapa, v. filatura).
La pettinatrice rappresentata nella fig. 13 è una macchina di notevoli dimensioni: vi si vedono, spioventi da una lunga guida orizzontale, le chioppe o mannelle di fibra serrate fra morsetti (libri) che automaticamente vengono spinti lungo i fianchi della pettinatrice, dove lunghi pettini orizzontalmente fissati a cinghie continue, quasi fossero collegati a catena, penetrano tra le fibre con punte variamente grosse e distanti, togliendone quelle ribelli alla parallelizzazione o comunque intricate, che apposite spazzole cilindriche collocate inferiormente asporteranno dai pettini (stoppe di pettinatura). La macchina provvede automaticamente ad aprire i libri e a richiuderli affinché venga serrata la coda della mannella che fu pettinata e si esponga alla pettinatura la testa che era chiusa. Una pettinatrice può lavorare bene con una operaia kg. 900 di canapa il giorno e rende circa il 45% di pettinato e il rimanente di stoppa con una piccola percentuale di calo; richiede circa 6 cavalli di forza.
Squadratura e classifica. - È un'operazione da farsi a mano ripassando su due pettini a punte fisse, di cui il primo ha punte più lunghe, grosse e rade del secondo, le mannelle che già furono pettinate sulla macchina. Sovente, quando si tratti di pettinati troppo grossolani, che non si prestano a utile raffinamento, questo lavoro viene omesso. È necessario però squadrare e classificare, quando si vogliono filati fini dal 16 al 25.
Il pettinato, debitamente impaccato per titolo, deve essere riposto in appositi magazzini asciutti ma freschi e vi deve essere lasciato possibilmente almeno un mese per acquistare in morbidezza. Le stoppe ordinariamente s'imballano pure suddivise per classifica in cinque o sei gruppi; però, ove lo spazio lo conceda, è ottima cosa non pressare le stoppe fine, per diminuire la formazione di piccoli nodi nella cardatura successiva.
Il titolo d'un pettinato e di una stoppa non è un dato fisso come per il filato, ma un semplice numero convenzionale che varia da fabbrica a fabbrica: p. es. una mannella è del titolo 10 quando le sue fibre saranno adoperate a fare del filato fino al titolo 20; del 6 se produrrà filato fino al titolo 12 e così via. Un'operaia squadratrice può dare in 8 ore da 100 a 180 kg. di squadrato con una media di stoppe fine dall'1 al 4%. Esiste un mercato di pettinato e di stoppe in Italia che esporta pettinati e stoppe grezze specialmente in Francia, Inghilterra, Svizzera, America latina.
Ai pettinati si dànno parechi nomi che contraddistinguono qualità e fogge diverse, come per esempio: pesoni, mazzoni, graffietta, puattola (Emilia), spontiti, guardioni, pettinati fini (Napoli).
Le stoppe grezze, che provengono dalle lavorazioni della canapa in campagna, si chiamano: miste, prime, seconde, terze, quarte, scarti, bassi da corda (Emilia); asseccature, teste scelte e correnti, faina e fainella, strappature naturali (Napoli).
Dai pettinati e dalle stoppe cominciano le operazioni di filatura propriamente detta, ossia: 1. la formazione di un nastro continuo di fibre; 2. la correzione di questo nastro grossolano e la sua progressiva trasformazione in un nastro sempre meno irregolare; 3. la riduzione di detto nastro in stoppino cilindrico; 4. la filatura dello stoppino. I pettinati variano di qualità, secondo l'assortimento da cui provengono e il grado di pettinatura cui sono stati sottoposti; per formare il nastro, debbono essere adoperate mannelle di qualità omogenea per natura, lunghezza, forza e grossezza di fibre; così si dica per le stoppe, che è bene mescolare diligentemente. Nella composizione del nastro sta in gran parte il segreto della buona riuscita del filato.
Stenditura. - Quest'operazione, condotta su apposite macchine (fig. 14), serve a riunire le mannelle pettinate in un nastro continuo; parecchi di questi nastri sono poi uniti insieme e stirati. Il nastro risultante avrà una sezione più uniforme per la naturale compensazione delle variazioni, che deriva dall'accoppiamento e dallo stiro.
Su cinghie continue (4 in figura) dotate di movimento non rapido vengono stese in file parallele le mannelle di pettinato le une appresso alle altre, sottoponendo le code di quelle alle cime di queste, in modo da formare quattro o sei nastri continui. Questi sono presi da una coppia di cilindri fornitori e guidati attraverso pettini accompagnatori a un'altra coppia di cilindri stiratori, così chiamati perché correndo più veloci dei fornitori afferrano a mano a mano le fibre che loro si presentano e le trascinano di là facendole scorrere attraverso i pettini e strisciare sulle fibre non ancora afferrate.
I pettini sono formati da sbarrette su cui sono montate file di punte dotate di un movimento continuo di avanzamento per mezzo di due viti orizzontali. Mentre ai cilindri stiratori si forniscono quattro o sei grossi nastri che avanzano lentamente, dai cilindri stessi escono altrettanti nastri, ma sottili e veloci, con fibre parallele, perché tutte tratte nella stessa direzione. I nastri, mediante una tavola di ghisa speciale con fenditure a 45° rispetto alla direzione di uscita dei nastri stessi e nella quale essi passano, vanno a sovrapporsi e riunirsi in uno solo. Va da sé che la distanza fra le coppie di cilindri del gruppo di stiro deve essere maggiore della lunghezza delle fibre affinché queste non siano spaccate. Questa norma è essenziale anche per le macchine successive, sino ai filatoi.
Una stenditrice assorbe un cavallo e mezzo di forza e richiede due o tre operaie. Secondo il titolo da prodursi e le dimensioni dei nastri, si possono ottenere da un minimo di kg. 250 a un magsimo di kg. 1000 di nastro continuo in 8 ore.
Allo stenditoio, s'interrompe l'automaticità del lavoro iniziatosi con la pettinatura perché è l'operaia che deve comporre a mano il nastro elementare stendendo le mannelle una di seguito all'altra nel modo ricordato. Esiste una macchina che automaticamente fa quest'operazione, ma è poco usata. Per questa e altre macchine dobbiamo osservare che i progressi fatti nella lavorazione della canapa non sono certo paragonabili a quelli raggiunti per altre fibre. Specialmente per ottenere filati sottili, i macchinari sono ancora troppo ingombranti, mastodontici e costosi rispetto ai prodotti assai mediocri che si ottengono; la meccanica fina ha qui un vasto campo di applicazione per un diagramma di lavoro più razionale.
Cardatura. - Mentre per formare il nastro primitivo dal pettinato si usa la stenditrice, se si tratta della stoppa si usa la carda.
La carda (fig. 15) è essenzialmente costituita di un grande tamburo rotante intorno a un asse orizzontale e con la superficie tutta guarnita di punte. Lungo la periferia di questo tamburo esistono coppie di cilindri ruotanti intorno ad assi paralleli a quello del tamburo e anch'essi guarniti di punte. Una tela continua guida le stoppe a una coppia di cilindri fornitori muniti di punte uncinate, i quali a mano a mano afferrano le fibre e le presentano al grande tamburo rotante a forte velocità dall'alto al basso rispetto alla tela fornitrice.
Questo tamburo trascina seco le fibre in una direzione unica, ma per ottenere l'effetto dell'apertura della fibra, come avviene nella scardassatura a mano, presso il tamburo e poi presso il cilindro fornitore, nel senso del moto, esiste un primo cilindro a punte il quale gira lentamente e toglie al tamburo, trattenendole, tutte quelle stoppe che esso non ha già raddrizzate e aperte.
Subito appresso a detto cilindro operatore esiste un altro cilindro strappatore, più veloce del precedente, il quale ritoglie al cilindro lavoratore le stoppe e le riporta raddrizzate sul gran tamburo.
Le coppie di cilindri lavoratori e strappatori si susseguono attorno al tamburo variando da cinque a otto secondo le carde, e questo trattenere e sottrarre le stoppe, guidandole sempre in una stessa direzione, fa in modo che le fibre siano disposte parallelamente e siano aperte. Bisogna raggiungere il maggior raddrizzamento con le minime perdite di stoppe corte, diminuendone la caduta sotto la carda per mezzo di cilindri sostenitori di latta posti inferiormente e presso i cilindri a punte.
Le stoppe raddrizzate e isolate dopo l'ultima coppia di cilindri lavoratore e strappatore, vengono sottratte al tamburo dai cilindri raccoglitori, poi tolte a questi mediante coltelli oscillanti e guidate in strisce a uno stiratoio con cilindri stiratori, pettini di guida e tavola riunitrice, che si trova anteriormente e lateralmente alla carda e dove i varî nastri si riuniscono in uno, come si è detto precedentemente per la riunitrice.
Una carda assorbe 405 HP e produce da 400 kg. per i filati grossi a 180 kg. di nastro per i filati fini. Un'operaia può condurre una carda se alimentata a mano; tre carde, e più, se alimentate meccanicamente.
Accoppiamento e stiro. - Il nastro uscente dalla stenditrice o riunitrice per il lungo tiglio, e dalla carda per le stoppe, deve avere approssimativamente un dato peso per una determinata lunghezza secondo il titolo definitivo di filato che si vuol ottenere da esso.
Il nastro di lungo tiglio e quello di stoppa passano poi a una serie di stiratoi (fig. 16) il cui scopo è sempre di accoppiare un certo numero di nastri della macchina precedente e dare a essi un determinato stiramento, in genere superiore all'accoppiamento, sicché il nastro vada via via raffinandosi. Il numero degli stiratoi varia a seconda del titolo e della qualità del filato che si lavora: in generale tre o quattro per il lungo tiglio e due o tre per le stoppe. Ogni stiratoio è diviso in varie sezioni affiancate; in ciascuna passa una serie di nastri che si riuniscono in uno o più all'uscita.
In tutte queste macchine bisogna avere cura che vi sia:
1. diminuzione di grossezza, lunghezza e distanza delle punte, da passaggio a passaggio, in modo però che i nastri siano sempre ben attraversati dalle punte e regolarmente condotti dal cilindro fornitore allo stiratore;
2. diminuzione di scartamento fra i due cilindri fornitore e stiratore da passaggio a passaggio;
3. rapporti di velocità fra cilindro fornitore, sbarrette e cilindro stiratore, adatti al materiale lavorato.
Gli stiratoi per il lungo tiglio assorbono una potenza di cavalli 1 a 1½ per sezione, quelli per stoppa un po' meno. In tutte queste macchine gli stiri variano fra 15 e 6 e gli accoppiamenti stanno fra un minimo di 2 e un massimo di 12.
Passaggio al banco a fusi. - Ottenuti dagli stiratoi i nastri relativamente regolari, occorre assottigliarli e dare ad essi una prima torsione.
La macchina adoperata a questo scopo è il banco a fusi (fig. 17). Esso ha cilindri stiratori e sistemi di punte come gli stiratoi, ma ogni nastro passa isolatamente subendo uno stiro che varia per lo più fra 7 e 12, e all'uscita dai cilindri stiratori discende lungo il braccio di un'aletta girevole intorno a un fuso verticale sul quale è infilato un rocchetto di legno girevole anch'esso, ma con velocità indipendente da quella dell'aletta. Il fuso e l'aletta rotando forniscono al nastro una determinata torsione e ne determinano l'avvolgimento sopra il rocchetto.
La tavola che porta i rocchetti sale e scende lentamente in modo che la distribuzione del nastro (diventato stoppino) avvenga in modo regolare sul rocchetto. Quando si debbono produrre filati grossolani per corde o spaghi non si rende necessaria questa preparazione, che precede la macchina a filare, ma sullo stesso banco a fusi si dà lo stiramento e la torsione necessarî per ottenere il titolo definitivo di filato. Un banco a fusi ha in genere da 6 a 12 sezioni di 8 0 10 fusi ciascuna, secondo le dimensioni dei rocchetti che ordinariamente sono alti dagli 8 ai 12 pollici inglesi. La forza assorbita è di circa 1 a 1,5 HP ogni sezione, e un'operaia accudisce normalmente a un'intera macchina. Il titolo dello stoppino è da 4 a 10 volte più grosso di quello del filato definitivo a seconda che esso è di stoppa o di lungo tiglio, filato a secco o a umido.
Filatura propriamente detta. - Lo stoppino trattato a umido (cioè facendolo passare in una bacinella con acqua calda) si può assottigliare di più perché le fibre sgommate scorrano meglio; così se a secco si ottengono filati fino al titolo 16, a umido si arriva al 30.
Il filatoio (fig. 18) è simile al banco a fusi, anzi più semplice, mancando i pettini a punte e in parte gli organi di regolazione per la variabile velocità dei rocchetti; essi sono trascinati in rotazione dal filo stesso e la loro velocità è regolata mediante un freno costituito da un contrappeso a corda che poggia su una scanalatura praticata alla base del rocchetto stesso. I fusi sono azionati da cordini o da nastri di cotone comandati da un lungo cilindro orizzontale motore. I rocchetti per la filatura della canapa hanno un'altezza varia da 2½ a 6 pollici e la corrispondente velocità di rotazione dei fusi va da 4000 a 2500 giri circa. La produzione di un filatoio varia a seconda della torsione che viene data al filato e della velocità di rotazione dei fusi. In pratica va da 600 a 700 yards per fuso-ora. La macchina di filatura è quasi sempre a doppia facciata; ogni facciata contiene dai 50 ai 120 fusi (dai più grossi ai più piccoli), che richiedono una filatrice aiutata da una squadra di operaie per eseguire il ricambio dei rocchetti pieni, il che avviene dalle 6 alle 12 volte in 8 ore. Queste squadre di scaricatrici sono di circa 6 ragazzine e possono curare da 5 a 8 macchine. La forza adoperata è in media da 6 a 10 HP. Per una macchina di filatura a umido occorrono in media kg. 18 a 20 di carbone in 8 ore. Una recente miglioria per la macchina di filatura a secco ha reso semi-automatico lo scarico dei rocchetti pieni.
Titolo del filato. - Per il titolo del filato di canapa si segue generalmente il sistema inglese, ossia: un filo è del titolo 1 quando 60.000 yards (1 bundle) di esso pesano 200 libbre (m. 54.840 e kg. 90,72 circa); il titolo 2 pesa la metà; il titolo 10 pesa la decima parte, ecc. Il bundle si suddivide in 200 filzuoli di 300 yards ciascuno; onde per il titolo 1, un filzuolo pesa una libbra.
Più raramente la titolazione viene fatta col sistema metrico secondo il quale un filato è del titolo 1 quando m. 1000 pesano un kg.; del titolo 2 quando pesano ½ kg., e così di seguito.
Il rapporto fra il titolo inglese e quello metrico è di circa 1: 1.66.
Aspatura. - I rocchetti pieni che sono tolti dalla macchina di filatura vengono innaspati in matasse che hanno yards 2½ di periferia, in modo che 120 giri di aspa dànno un filzuolo, 10 filzuoli dànno una matassa (o due matasse per titoli più grossi dal 3 al 6 circa, o più matasse per titoli grossissimi da 0¼ al 2); 20 matasse da 10 filzuoli ciascuna formano un bundle. L'energia richiesta è minima. Un'operaia può innaspare da 10 a 14 bundles in 8 ore.
Si usa anche un'aspa più piccola della precedente, detta aspa corta per telai a mano, che ancora si adoperano a domicilio in parecchie contrade d'Italia: ha la circonferenza di yards 1½ e i filzuoli sono di 1000 giri. Per filati fini da rendere bianchi per produzione di pizzi e frange, s'usano anche filzuoli più piccoli e sottili.
Asciugamento. - Se il filato è a umido, dopo l'aspatura viene passato all'asciugamento. Durante la stagione calda questo avviene per semplice esposizione all'aperto: quando invece la stagione è umida o fredda, si ricorre ad asciugatoi termici di varî tipi. Si deve fare in modo che l'asciugamento avvenga in modo graduale e moderato: sarebbe errato superare una temperatura di 45°.
Impaccatura. - Il filato di canapa s'impacca poi per lo più in pacchi da 9 kg. per l'aspa normale e da kg. 6,800 per l'aspa corta. È sempre buona cosa lasciare per varî giorni il filato in magazzino prima del suo uso: il filato stagionato acquista in forza, in elasticità, in lucentezza, in scorrevolezza, poiché i piccoli peli superficiali tendono a riattaccarsi al corpo del filo.
I magazzini per il filato debbono essere freschi, ben aereati, con pochissima luce e non umidi, e il filato riposa meglio in caselle fra le quali possa passare l'aria, che non ammassato in alte pile.
Il filato di canapa può essere destinato alla tessitura o alla ritorcitura, o alla corderia o alla spagheria. Nel primo caso rimane quasi sempre a capo unico; nel secondo è accoppiato a più capi.
Refi. - Il prodotto che va sotto questo nome è ottenuto dall'accoppiamento di due o più capi di filato dello stesso titolo, fra loro ritorti. Il grado e il senso della torsione variano a seconda dell'uso che del refe viene fatto. Svariati sono gli usi a cui servono i refi di canapa; più comunemente per cucire tele pesanti e saccherie e per confezionare arnesi da pesca.
La riunione e torsione dei capi fra loro è ottenuta sul torcitoio (fig. 19). Un torcitoio nelle sue parti essenziali non è dissimile dal filatoio ad alette già descritto, e infatti si compone: a) di una rastrelliera sulla quale sono posti i rocchetti del filato da ritorcere, in numero corrispondente ai capi dei quali il refe deve comporsi; b) di una coppia di cilindri alimentatori fra i quali essi vengono passati e che forniscono una determinata lunghezza di filo nell'unità di tempo; c) di una serie di fusi e di alette analoghi a quelli del filatoio, che ritorcono fra loro i diversi capi avvolgendone il prodotto ottenuto sopra un rocchetto infilato sul fuso e poggiante su una banchina dotata d'un movimento alternativo di sali scendi tale da determinare un avvolgimento uniforme. Variando la velocità dei cilindri alimentatori si ottiene il grado di torsione desiderato.
Parecchi sono i tipi di torcitoi ma il loro funzionamento è analogo. Le dimensioni delle bobine, la distanza fra i fusi e il loro numero, la corsa della banchina sono le caratteristiche che individuano un torcitoio e che variano a seconda della grossezza del filo da ritorcere e del numero dei capi che debbono comporre il refe. Questi elementi influiscono grandemente, insieme col grado di torsione che si vuol raggiungere, sulla produzione ottenibile da una di queste macchine: perciò volendo enunciare delle cifre, queste avrebbero un valore assai relativo. Anche la potenza assorbita è in relazione alle caratteristiche sopraddette e varia in media da 8 a 12 HP per macchina a doppia facciata. A seconda del titolo e del numero dei capi un'operaia può accudire a una o a due facciate.
Dopo ricevuta la torsione, i rocchetti di refe passano al reparto confezione; questa nella maggior parte dei casi fornisce matasse analoghe a quelle che abbiamo descritte per il filato, per le quali poi la circonferenza e il peso variano grandemente a seconda della destinazione del prodotto, in relazione sia all'uso che di esso vien fatto sia alle abitudini della piazza cui è destinato. In minor quantità i refi sono confezionati in rocche crociate o in gomitoli.
Spagheria. - Gli spaghi lucidi di canapa sono moltissimo usati specie come imballaggio, dalle dimensioni più fini per la legatura di piccoli pacchi a quelle più grosse per gl'imballaggi pesanti, e in minor quantità per cuciture e per articoli varî.
La lavorazione è in parte eguale a quella dei refi. Anch'essi sono composti dalla riunione di due o più capi di filo fra di loro ritorti; perciò l'operazione di torcitura è del tutto analoga a quella che abbiamo descritto per la fabbricazione dei refi; non varia che il grado di torsione, in generale più elevato.
Dal torcitoio i rocchetti contenenti il ritorto vengono passati alla lucidatura, che ha lo scopo di ottenere un prodotto avente una superficie perfettamente levigata, lucida e tale che consenta un facile scorrimento, e di dare a esso un aspetto migliore.
La macchina lucidatrice (fig. 20) è costituita da una serie di cilindri pulitori rotanti a grande velocità, sui quali viene fatto passare il ritorto che si svolge dai rocchetti posti sopra una rastrelliera che precede la macchina. Questi cilindri sono ricoperti di guarnizioni di ferro o di corda e in numero variabile a seconda del tipo di materiale che viene lavorato. Più comunemente si hanno due o tre gruppi di due o tre cilindri ciascuno, preceduti e intercalati da bacinelle. Di queste la prima viene riempita di acqua, la successiva o le successive di un appretto a base di fecola e grassi. Il ritorto passa nella prima bacinella contenente acqua, da questa sulla prima serie di cilindri pulitori che ne levigano la superficie asportandone le asperità e le pelurie, successivamente nella bacinella contenente l'appretto e da qui sulla seconda serie di cilindri lucidatori, dopo di che va ad avvolgersi su grandi tamburi (due o tre) riscaldati a vapore che ruotano lentamente e lo asciugano, mentre una serie di altri cilindri rotanti a grande velocità e ricoperti di cera lo lucidano. Dai tamburi asciugatori il ritorto lucidato va ad avvolgersi su un'altra serie di rocchetti collocati su apposita banchina. La velocità di svolgimento del ritorto, la pressione con cui esso si appoggia sui cilindri pulitori e lucidatori, il numero di questi e il tipo di guarnizione usata, sono tutti elementi che variano a seconda della grossezza del ritorto, del materiale che lo costituisce, del grado di lucidatura che si vuol ottenere. La produzione di una lucidatrice varia grandemente con la grossezza dello spago lavorato; lo stesso si dica della potenza assorbita, che varia fra 6 e 12 HP.
Da poco tempo si costruiscono lucidatrici con gabbie rotanti invece che cilindri a vapore per l'avvolgimento del ritorto. Queste gabbie sono racchiuse in camere calde e hanno una ventola montata sul loro stesso asse che gira velocemente in modo che l'asciugamento avviene soltanto in parte per riscaldamento e in parte per aereazione forzata.
All'operazione di lucidatura segue la confezionatura. Questa varia a seconda dell'impiego dello spago: normalmente è in matasse o in gomitoli. Le prime si fabbricano in modo analogo al filato o al refe; gli elementi che variano sono la circonferenza e il peso. I gomitoli, invece, sono preparati su apposite macchine gomitolatrici (fig. 21). Ve ne sono di tipi diversi ma tutte funzionano sul seguente principio: lo spago è avvolto su un asse da un'aletta ed entrambi sono rotanti. La velocità e l'inclinazione dell'asse rispetto all'aletta determinano l'angolo con cui s'incrociano i successivi strati di spago, e variano col procedere della formazione del gomitolo, il quale è in generale costituito nella sua parte interna da un incrocio rado e nella parte superficiale da un rivestimento più spesso, dove i fili si susseguono uno dopo l'altro senza interspazî, in modo da costituire una copertina compatta. Il peso dei gomitoli è in relazione alla grossezza dello spago e al suo uso, e più comunemente varia dai 15 ai 500 grammi.
Le macchine gomitolatrici di tipo semi-automatico hanno da una a quattro alette e dall'abilità delle operaie dipende il numero di gomitoli che contemporaneamente si possono produrre. In genere nelle 8 ore lavorative si producono da 500 a 1200 gomitoli a seconda delle grammature e delle grossezze dello spago. La potenza assorbita è minima e non raggiunge che un terzo circa di HP per ogni macchina.
In questi ultimi tempi sono state costruite aggomitolatrici del tutto automatiche con un numero di fusi variabile fino a 20, a seconda del peso dei gomitoli da ottenere. Queste macchine, già diffuse specialmente negli Stati Uniti d'America, vanno introducendosi anche in Europa.
Corde di canapa. - Le corde di canapa sono largamente usate: non solo semplicemente per legatura e imballaggio, ma anche per sollevamento di pesi, per l'attrezzatura navale, per la trasmissione di forza meccanica, per la fabbricazione di attrezzi per pesca, ecc.
Un determinato numero di fili elementari fra loro ritorti costituisce il lignuolo, la riunione di parecchi lignuoli (normalmente tre o quattro) forma la corda. I lignuoli hanno una torsione contraria a quella dei fili che li compongono e sono fra loro riuniti con torsione inversa alla propria; da questo contrasto risulta l'equilibrio che mantiene la corda in formazione.
La fabbricazione di una corda può essere: a mano, semi-automatica, e completamente automatica. Il primo e più antico sistema è oggi abbandonato nelle corderie, ma è tuttora seguito da qualche piccolo cordaio. Gli altri due sono praticati entrambi e presentano ciascuno pregi e inconvenienti proprî.
Col sistema semi-automatico si ottiene un prodotto più perfetto e quindi più resistente, ma sono necessarî un personale specializzato e un grande spazio. Col secondo si ha un vantaggio nel costo di produzione, specialmente quando il valore della mano d'opera è elevato, poiché richiede un numero più ristretto di personale e lo spazio occupato è assai inferiore.
In generale vengono fabbricati col sistema semi-automatico i cavi di grosse dimensioni e quelli che debbono presentare speciale accuratezza; col sistema automatico le corde di piccole e medie dimensioni (però, in America specialmente, sono fabbricati con quest'ultimo sistema anche i grossi cavi).
Il sistema di lavorazione semi-automatica è analogo a quello a mano. La differenza consiste in una maggior perfezione delle macchine, le quali anziché essere azionate a mano sono messe in moto da energia meccanica. La lavorazione si svolge su una striscia di terreno detta aia di corderia, la cui lunghezza è in relazione a quella delle corde che si vogliono ottenere.
Il macchinario è costituito di due parti; una fissa, piazzata a una delle estremità (fig. 22), l'altra mobile e scorrente lungo la corderia su un binario che l'attraversa (fig. 23). Entrambe prendono il movimento dalla stessa fonte per mezzo di una fune continua, la quale percorre, a fianco della rotaia e guidata da rulli di sostegno, tutta la lunghezza della corderia, ed è mantenuta in tensione per mezzo di un contrappeso. Dietro la parte fissa è collocata una rastrelliera che porta le rocche di filato.
Un determinato numero di fili, che debbono comporre ciascun lignuolo e che sono quindi in relazione al diametro di questo e al titolo del filato, è fatto passare attraverso tubi calibrati che si trovano nella parte superiore della macchina fissa ed è poi attaccato a una serie di ganci della macchina mobile. Questi ganci sono dotati di una velocità di rotazione regolabile a piacimento, in funzione della velocità di movimento della macchina lungo la corderia. In tal modo la macchina, movendosi, mentre distende i fili li ritorce fra di loro e forma così i lignuoli. Una serie di sostegni mobili fa da appoggio a essi impedendo che i varî lignuoli, che contemporaneamente sono fabbricati, vengano fra loro a contatto o abbiano a strisciare sul terreno. La lunghezza dei lignuoli è in relazione a quella della corda da fabbricare, tenendo conto del raccorciamento dovuto alla torsione e che in media è del 25% circa.
Raggiunta la lunghezza desiderata, i lignuoli sono tagliati dalla parte della macchina fissa, e in gruppi di tre o quattro, a seconda della composizione della corda, sono attaccati a una serie di ganci che si trovano su detta macchina. Tali ganci, anch'essi dotati di un movimento di rotazione, ma in senso contrario a quelli della macchina mobile, ritorcono fra di loro intorno a un asse comune i lignuoli con un grado di torsione variabile secondo la flessibilità della corda che si vuol ottenere.
Ultimata così la fabbricazione, la corda viene in generale confezionata in rotoli mediante apposita macchina avvolgitrice (fig. 24). La potenza assorbita e la possibilità di produzione di ciascuno di questi sistemi di macchine variano grandemente con le dimensioni delle corde che si producono; così da 4 0 5 HP per la macchina più piccola si sale fino a 20 HP circa per quella più grossa e si possono raggiungere anche i 30 o 35 quintali in 8 ore di lavoro, quando si fabbricano grossi cavi per ormeggio di navi.
Anche il sistema di lavorazione automatica si vale di due macchine; una per la preparazione dei lignuoli, detta formatrice (fig. 25), l'altra per il loro accoppiamento, detta accoppiatrice (fig. 26); soltanto quando si tratti di cordicelle sottilissime si usano macchine che compiono simultaneamente i due procedimenti.
La formatrice è costituita da un'intelaiatura portante un aspo nel quale si colloca il rocchetto su cui deve avvolgersi il lignuolo. L'asse dell'aspo e quello del rocchetto sono fra loro ortogonali e l'uno e l'altro dotati di un movimento di rotazione intorno al proprio asse; la velocità reciproca dell'uno di essi rispetto all'altro può essere regolata e determina il grado di torsione che si vuole raggiungere. A un'estremità della macchina è collocata la rastrelliera che porta i fili, e il fascio di fili, che deve comporre il lignuolo, passa attraverso un tubo calibrato prima di avvolgersi sul rocchetto. Uno speciale guidafili provvede a ottenere la regolare distribuzione del lignuolo sul rocchetto. Si hanno macchine a un solo aspo e che quindi preparano un lignuolo per volta, altre a parecchi aspi; ciò è in relazione alla grossezza dei lignuoli che si debbono fabbricare. La lunghezza della corda è limitata dalle dimensioni dei rocchetti, ma è in generale molto maggiore di quella che è possibile ottenere nelle corderie all'aia.
Preparati i lignuoli, questi vengono collocati sulla macchina accoppiatrice la quale è analoga, ma costituita da due serie di aspi: la prima di tre a quattro distribuiti circolarmente ed equidistanti fra loro, sui quali sono caricati i rocchetti portanti i lignuoli; la seconda di un solo aspo di più grandi dimensioni che determina l'accoppiamento di questi e sul quale è piazzata la rocca su cui si avvolge la corda finita. Le due serie di aspi sono dotate di movimento rotatorio simultaneo, ma opposto: la velocità di ciascuna serie è variabile a piacimento e determina il grado di torsione della corda. Ultimata la sua preparazione, questa passa alla confezionatura che, come si è detto, è generalmente in rotoli; anzi si hanno dei tipi di macchine nelle quali la preparazione del rotolo è simultanea alla fabbricazione della corda.
Anche per questo sistema la potenza assorbita e la produzione sono in relazione al diametro della corda che si fabbrica; la prima oscilla fra i 2 e i 6 HP, la seconda ha un valore medio intorno ai 1200-1500 metri in 8 ore di lavoro. Tali macchine sono in generale sorvegliate da donne e una sola operaia può accudire a due macchine.
Tessitura. - La tessitura della canapa non presenta caratteristiche spiccatamente diverse nelle sue linee generali da quelle delle altre fibre tessili (cotone, lino, iuta, ecc.). I tessuti che si ottengono sono in generale tessuti pesanti per scopi svariati: marittimi, industriali, agricoli; in minore quantità tessuti più leggieri per uso domestico, spesso misti con cotone o lino.
La tessitura della canapa, come in generale quella delle altre fibre, si suddivide in tre stadî principali: preparazione, tessitura propriamente detta, finimento.
Preparazione. - Il filato giunge in generale alla tessitura confezionato in matasse, e tutte le operazioni che vanno sotto il nome di preparazione, hanno lo scopo di prepararlo in modo che possa essere messo a telaio. La preparazione si distingue in preparazione del filo per ordito e in preparazione del filo per trama.
La prima comprende la rocchellatura o incannatura, l'orditura, l'imbozzimatura; la seconda, la preparazione delle spole.
Rocchellatura. - Ha lo scopo di svolgere il filato dalle matasse avvolgendolo su rocchetti, per mezzo di macchine chiamate rocchellatrici. Una macchina ha in generale 60 fusi e assorbe 2-3 HP. A ogni operaia è affidato un numero variabile di fusi a seconda del titolo del filato da svolgersi e precisamente 20-25 per i titoli grossi, 12-15 per i fini. Anche la produzione varia a seconda del titolo; per un titolo medio si può calcolare che essa si aggiri sui 60-70 kg. per operaia in 8 ore.
Orditura. - Serve a predisporre il filato in un fascio di fili di numero determinato, ordinati parallelamente e in modo regolare e avvolti sopra un subbio. La macchina che effettua questo lavoro si chiama orditoio. Si hanno due tipi di orditoi: orditoio a cilindri e orditoio a sezione.
Il primo svvolge sul subbio direttamente il numero totale di fili che debbono comporre l'ordito, mentre il secondo avvolge sopra un aspo tanti fasci di fili della lunghezza stabilita; la riunione di questi fasci forma il numero totale richiesto e che viene avvolto sul subbio. Entrambe queste macchine sono munite d'una rocchettiera detta cantra, sulla quale vengono disposti i rocchetti di filato; questo, svolgendosi dai rocchetti e prima di avvolgersi sul subbio, passa attraverso i denti d'un pettine che serve a distribuire regolarmente i fili, mentre altri organi appositi hanno lo scopo di misurare la lunghezza del filato svolto e d'arrestare la macchina quando avvenga la rottura di uno dei fili. Un orditoio a cilindri assorbe circa 2 HP e produce intorno ai 3000 metri di ordito in 8 ore, mentre un orditoio a sezione assorbe nello stesso tempo una potenza variabile fra 1½ e 4 HP e produce 1500 metri di ordito.
In questi ultimi tempi si è iniziato per la canapa, come già per il cotone, l'uso di preparare il filato su bobine incrociate coniche anziché su rocchetti. Esse hanno il vantaggio di consentire una velocità di svolgimento molto maggiore (perché il filo si sfila nella direzione dell'asse della bobina che sta ferma e non si svolge da un rocchetto che gira nel senso perpendicolare al suo asse) e di rendere più facile e assai meno frequente il ricambio delle bobine ultimate.
Imbozzimatura. - Quest'operazione, che per determinati tipi di tessuti non viene eseguita, serve a dare un appretto al filato affinché possa scorrere con maggior facilità attraverso gli occhielli dei licci e resistere allo sfregamento determinato dal loro movimento alternativo. Questo procedimento può essere accoppiato a quello già descritto di orditura, o seguirlo.
Il filato viene fatto passare in una vasca che contiene l'appretto e successivamente asciugato, o mediante l'avvolgimento su cilindri riscaldati a vapore, o passando attraverso uno scomparto riscaldato ad aria calda e ventilato; dopo di che il filo va ad avvolgersi sul subbio. Varî sono i tipi di queste macchine, quello migliore e che permette di raggiungere una più elevata produzione è il tipo ad aria calda con ventilazione. Questa macchina è formata essenzialmente da una camera chiusa da vetri e riscaldata mediante radiatori. In essa entra il fascio di fili dopo essere passato nella vasca contenente l'appretto, s'avvolge su aspi ruotanti ed esce dalla parte opposta asciugato. Nell'interno della camera appositi ventilatori mantengono l'aria in movimento. La potenza assorbita è di 5-6 HP: la produzione di circa 6000-7000 metri in 8 ore.
Un altro tipo di macchine è formato invece da grandi cilindri di rame riscaldati a vapore e ruotanti; il filato, uscendo dalla vasca d'appretto, passa su questi cilindri che lo asciugano e s'avvolge poi sul subbio. Questo tipo di macchina assorbe una potenza di 3-4 HP e produce circa 2500 metri in 8 ore.
Preparazione delle spole. - Ha lo scopo di svolgere il filato dalle matasse o eventualmente dai rocchetti, preparandolo in spole adatte alle navette dei telai.
Di macchine per spole ve ne sono di tipi diversi; le più usate per l'industria della canapa sono quelle che confezionano le spole a cops, cioè senza animelle. Esse sono sorvegliate da ragazzine, ciascuna delle quali può sorvegliare da 15 a 30 fusi. L'energia richiesta è quasi trascurabile.
Tessitura propriamente detta. - La tessitura propriamente detta consiste nell'inserire la trama tra i fili componenti l'ordito, in modo che dall'intreccio dell'una con gli altri si formi il tessuto. Il telaio per la tessitura della canapa non presenta speciali caratteristiche rispetto a quello adoperato nella tessitura delle altre fibre; deve però avere la robustezza necessaria.
Nella tessitura della canapa si ha generalmente ancora un'operaia per ciascun telaio: però in determinati casi un'operaia può accudire a più telai, specialmente se ad essi sono applicate le moderne provvidenze, come l'arresto automatico per rottura d'ordito, e il cambio automatico di navette o di bobine (fig. 27). La potenza assorbita da un telaio, a seconda che si tratti di tessuti più pesanti o più leggieri, varia in generale da un massimo di circa 1 HP a un minimo di ⅓ di HP (si va sino a 5 HP per i telai altissimi e pesantissimi). Anche la produzione d'un telaio è variabile in relazione al tessuto che viene prodotto; per i tipi più comuni si aggira sui 30-40 metri in 8 ore di lavoro.
Finimento. - Comprende quel complesso di operazioni che il tessuto subisce dopo la sua fabbricazione, sia per renderlo atto allo scopo per cui deve essere adoperato, sia per dargli un aspetto migliore. Normalmente queste operazioni sono la rasatura e la calandratura (inoltre: subbiatura, spruzzatura, ecc.).
La prima operazione (rasatura) consiste nel far passare il tessuto fra serie di coltelli elicoidali, la cui distanza reciproca è regolabile. Questi coltelli dotati di una forte velocità di rotazione asportano la pelurie e tutte le parti estranee, che si trovano alla superficie del tessuto. La calandratura consiste nel far passare il tessuto fra coppie di pesanti cilindri rotanti, riscaldati o freddi, che lo lucidano e lo stirano. Le altre operazioni hanno minore importanza. Dopo queste operazioni le pezze vengono misurate e piegate e sono pronte per la spedizione.
I tessuti più comuni di canapa sono: le tele grezze, le olone, le tele cremate di tutta canapa o miste con cotone, le tele candide.
Le prime servono per gli usi più svariati, quando sia necessario un tessuto di grande resistenza e durata. Le seconde sono normalmente adoperate per usi di bordo e per la preparazione di copertoni impermeabili. Le tele cremate vengono usate per la preparazione di biancheria grossolana di uso casalingo, militare, per ospedali, ecc. Le tele candide servono alla preparazione di biancheria più fina.
Candeggio. - L'imbianchimento della canapa si fa sul filato o sul tessuto. Nella canapa il filato si candeggia a un primo grado detto cremato, ottenendosi un colore giallognolo. Il procedimento più comune è costituito di un trattamento a caldo in un bagno d'ipoclorito di calcio, un'abbondante risciacquatura, un bagno di soluzione di acido cloridrico diluito e un'ulteriore risciacquatura.
Il cremato serve, come abbiamo detto più sopra, alla preparazione di tessuti per biancheria grossolana. In una seconda serie di operazioni simili alla prima, ma riducendo le dosi degl'ingredienti, si arriva al quarto bianco che è di un colore avorio e serve per tele più fini. Raramente si spinge la canapa in filato a candeggi più avanzati per non compromettere la resistenza in tessitura; quando si tratta di refe si arriva anche al bianco latte, rinnovando le serie di operazioni e stendendo al prato le matasse.
Sono in corso di studio nuovi tipi di candeggio senza cloro, con acqua ossigenata; i risultati tecnici sembrano molto buoni, e si vanno superando le ultime difficoltà economiche. Per maggiori particolari, v. candeggio.
Mercato del filato e refe di canapa. - Il filato a umido si vende in Italia per le tessiture, tanto in greggio (specialmente nei numeri grossi dal 3 al 10 per tele pesanti) quanto in cremato (specialmente per i tipi misti con cotone). Il filato a secco è venduto nei numeri grossissimi alle corderie e spagherie, nei numeri più fini e nelle qualità migliori ai calzolai e ai tubifici. All'estero molta merce è venduta anche sotto forma di refe. I migliori clienti, oltre l'America latina, sono la Svizzera, la Germania, l'Austria, i Paesi Bassi, il Portogallo, la Norvegia e l'Inghilterra. Gli Stati Uniti acquistano filati pei canovacci e refi da pesca. L'Australia acquista filati per spagheria e la Cina refi varî di canapa.
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