CANALE (lat. canalis)
È un passaggio scavato artificialmente per farvi scorrere l'acqua, destinata a scopi industriali o alla navigazione. In quest'ultimo caso i canali possono avere utilità e interesse internazionale e quindi sono sottoposti a uno speciale regime giuridico, come i canali di Kiel (v.), di Panama (v.), di Suez (v.); oppure possono interessare un solo stato nel cui territorio siano aperti per creare vie di comunicazione interna o per irrigazione. Il canale interessa le piu svariate applicazioni dell'idraulica. Nelle derivazioni d'acqua per uso industriale o irriguo, si dispone frequentemente un primo tratto di canale a piccola velocità (canale di calma o canale moderatore) per un'opportuna decantazione delle acque, prima che imbocchino il canale derivato, propriamente detto.
I canali industriali, svolgendosi con tracciato opportuno (all'aperto, ovvero in galleria) e con pendenza moderata, hanno lo scopo di guadagnare e rendere disponibile un certo dislivello, rispetto al corso d'acqua o bacino di restituzione, e quello di alimentazione d'un impianto di forza motrice idraulica. Fra i moltissimi esempî, dovuti specialmente al rapido sviluppo della tecnica idroelettrica, ricordiamo il canale Piave-S. Croce (figg. 1, 2, 3), destinato a condurre fino a 80 mc. d'acqua al 1″ dal Piave al Lago di S. Croce, per alimentare uno dei più ragguardevoli complessi di centrali idroelettriche d'Europa.
I canali d'irrigazione servono a condurre e distribuire l'acqua destinata a una zona irrigua; ciò che può contribuire fondamentalmente alla feracità dei terreni eccessivamente asciutti. Classico esempio fra i molti in Italia è quello del Canale Cavour (fig. 4), derivato dal Po a Chivasso per alimentare (col concorso di altre derivazioni secondarie) la più importante rete italiana di canali irrigui, che distribuiscono complessivamente ben 180 mc. d'acqua al 1″, con uno sviluppo di canali di oltre 1500 km. Numerosissimi esempî si riferiscono a quasi tutti i maggiori fiumi italiani. Le figure 5 e 6 si riferiscono al canale della Vittoria, derivato dal Piave presso Nervesa, per irrigare parte della provincia di Treviso.
I canali di bonifica servono invece a facilitare l'allontanamento delle acque da terreni deficienti di scolo, e, quando non sia disponibile un bacino di recapito abbastanza depresso, a raccoglierle e condurle a impianti meccanici di sollevamento (impianti idrovori), azionati con forza motrice opportuna. Fra i molti esempî, un grande canale di bonifica è, nella provincia di Padova, il Canale dei Cuori, il quale serve a far defluire fino a circa 40 mc. d'acqua al 1″, per prosciugamento d'un territorio di oltre 24.000 ettari, con l'aiuto d'un grande impianto idrovoro.
Un altro tipo di bonifica è rappresentato dalle colmate: nelle quali, anziché abbassare il livello delle acque rispetto al terreno, ci si propone invece di rialzare regolarmente le terre. Ciò può ottenersi con procedimento idraulico: all'uopo, i canali di colmata servono a trasportare acque torbide, derivate da un fiume ovvero procurate artificialmente; e a distribuirle sul terreno da bonificarsi (suddiviso con arginelli in convenienti zone o casse di colmata), affinché vi si verifichi la deposizione delle particelle solide. Bonifiche per colmata sono in Italia quelle operate dall'Ombrone nelle paludi di Grosseto, dal Lamone nell'Emilia e altre.
Canali di scolo si richiedono assai frequentemente (anche senza che si tratti di vere bonifiche) per prosciugare determinate zone, cantieri di lavoro, ecc. Analogamente possono pure servire tubi o condotti di drenaggio; si adoperano altresì frequentemente per smaltire le acque infiltratesi entro la massa d'una costruzione.
I canali navigabili debbono presentare dimensioni trasversali adatte a lasciare ampio passaggio ai battelli aventi una determinata sagoma e presentare altre condizioni adatte alla navigazione (velocità limitate, curve di grande raggio, ponti non costituenti ostacolo, ecc.). I loro dislivelli vengono generalmente superati dalla navigazione mediante sostegni a conca. La fig. 7 si riferisce alla rete di navigazione veneta-padana, e precisamente alla linea di grande navigazione, per natanti da 600 t., fra il Po e la Laguna veneta.
I canali marittimi sono quelle vie navigabili create artificialmente attraverso il territorio di uno stato, di solito, o di più stati, per collegare due mari che detto territorio separava e hanno notevole importanza nel diritto internazionale (v. sotto).
Anche negli acquedotti per acqua potabile, nelle condotte adduttrici principali (dalle sorgenti fino alle zone di utilizzazione), convengono in certi casi, anziché tubazioni a pressione, canali a pelo libero, naturalmente ricoperti e protetti da ogni possibilità d'inquinamento. Così l'acquedotto pugliese ha il canale principale, capace di 6,2 mc. al 1″, a pelo libero, con numerose gallerie, di lunghezze superiori perfino ai 15 km. (fig. 8).
Un altro genere importante è quello dei canali e condotti di fognatura (fig. 9) destinati all'allontanamento dai centri abitati delle acque ordinarie di rifiuto e altresì delle acque piovane, unitamente ovvero separatamente le une dalle altre.
Come comportamento idraulico di un canale, il caso più semplice e di considerazione più frequente nella pratica è quello di un canale a moto uniforme, ossia a sezione liquida costante. Tale è il caso di un canale ad alveo cilindrico o prismatico, ove il profilo libero dell'acqua risulti parallelo al profilo del fondo. Si dice portata d'un canale o corso d'acqua il volume liquido (espresso ad es. in metri cubi) che attraversa una sezione trasversale nell'unità di tempo (ad es. in un minuto secondo). Il valore della portata si esprime specificando l'una e l'altra misura (ad es. in mc. 1′′: metri cubi al secondo).
In una sezione trasversale della corrente, si constata sperimentalmente che le velocità (intese come medie locali, ossia prescindendo dai moti secondarî di agitazione) variano da punto a punto, tendendo a decrescere verso le pareti, e talora manifestando una lieve decrescenza anche verso la superficie libera, in prossimità di questa. Il punto di massima velocità si trova ordinariamente nella zona centrale, poco sotto la superficie libera. La distribuzione delle velocità nei varî punti d'una sezione può mettersi graficamente in evidenza, mediante linee isotachie (fig. 10): ciascuna delle quali, debitamente quotata, collega i punti di eguale velocità. Indicando con S la sezione liquida, con d S un suo elemento infinitesimo, con v la velocità (o meglio, se del caso, la sua componente longitudinale), variabile da punto a punto, la portata risulta espressa da
La velocità media, cioè il valore medio della velocità v nel campo S, è quindi
e potrebbe quindi convenzionalmente attribuirsi a tutti i punti della sezione, ottenendo conseguentemente una corrente fittizia, di portata eguale a quella della corrente obiettiva considerata.
In alcune questioni è necessario tener conto delle variazioni di velocità da punto a punto d'una sezione trasversale; ad es., nei riguardi delle possibili erosioni, esercitate quando le velocità presso il fondo e le sponde superino certi limiti. Così un canale in terreni sciolti, in vicinanza alle pareti non deve presentare velocità superiori a 0,10÷0,25 metri al 1″; in terreni compatti, a 0,40÷o,50; in terreni ghiaiosi, a 0,70 circa. Altre volte, e generalmente nelle impostazioni pratiche di calcolo, per semplicità ci si riferisce alla sola velocità media, che si tratta perciò di mettere in relazione coi principali elementi pratici dai quali essa dipende. Tali sono, secondo le assunzioni usuali: la pendenza I del profilo libero; la lunghezza convenzionale R denominata raggio medio o raggio idraulico della sezione, definito come quoziente fra l'area della sezione liquida S e la lunghezza del contorno bagnato C, essendo cioè (fig. 11)
Un indice di scabrezza è variamente assunto a rappresentare la maggiore o minore asperità delle pareti. Per la correlazione testé accennata, un'espressione assai in uso è la cosiddetta 2a equazione di Bazin:
in cui all'indice di scabrezza γ convengono valori variabili da 0,06 o anche meno, per pareti assai lisce (cemento, legno levigato), fino a 1,75 o più, per pareti con molte asperità (erbe, sassi, ecc.). Analoga è la cosiddetta formula abbreviata di Kutter
variando m, analogamente, da 0,10 a 2,4 o più.
Simili espressioni, desunte essenzialmente dall'esperienza e proposte da varî autori, sono molto numerose. Una marcata preferenza si delinea poi per espressioni monomie (trattabili quindi per logaritmi, o anche con appositi regoli da calcolo) della forma generale
risultando l'esponente y eguale o poco superiore a ½, e x alquanto superiore a ½.
La pendenza del profilo libero d'un canale (o pendenza motrice) serve a vincere o compensare le resistenze al moto che si verificano lungo il canale. Per una data pendenza e per una data area S della sezione liquida, la velocità media V e quindi la portata Q=SV aumentano con l'aumentare di
ossia col diminuire di C. Perciò, nel confronto di varie sezioni di medesima area, quella per la quale il contorno bagnato C risulta minimo si potrà dire sezione di massima portata, o di minima resistenza. Tale risulta, nel senso più generale, una sezione circolare o semicircolare; ove R risulta eguale alla metà del raggio geometrico.
Fra le sezioni trapezie (fig. 12) più generalmente usate nella pratica, dopo prefissa l'inclinazione n delle sponde (n di base per 1 di alt.), si ricavano le seguenti relazioni per caratterizzare, nel senso accennato, le proporzioni geometriche di minima resistenza al moto dell'acqua:
essendo h l'altezza d'acqua sul fondo. In particolare, per sezioni rettangolari (n = 0):
Queste sezioni però non corrispondono esattamente alla minima spesa; sia perché alla sezione liquida è da aggiungersi la sezione costruttivamente supplementare, che corrisponde al franco lasciato oltre il massimo livello d'acqua; sia per altre considerazioni pratiche, che possono suggerire proporzioni geometriche diverse.
Con le precedenti espressioni, si possono risolvere i principali problemi inerenti al calcolo idraulico di un canale a regime uniforme. Tali sono la determinazione o verifica della portata di un canale, di cui siano assegnati tutti gli elementi della sezione e la pendenza; l'assegnazione della pendenza, dati gli elementi della sezione e la portata; la determinazione della sezione (fig. 13) da assegnarsi a un canale di data portata e pendenza (problema questo che può rendersi determinato, associando qualche altra condizione di forma).
Altri particolari riguardi nel progetto e nella costruzione di un canale si connettono con gli scopi specifici ai quali esso è destinato. Considerazioni economiche possono intervenire (oltre che nella scelta del tipo di sezione, variamente conformata, più o meno incassata nel terreno, con determinato rivestimento, o con muri di sponda ecc.) anche nell'impostazione idraulica generale del problema; interessando particolarmente entro certi limiti, la determinazione della pendenza più conveniente.
Così per un canale industriale, la pendenza da preferirsi può essere individuata, raffrontando la perdita di caduta (e quindi d'energia) conseguente alla pendenza del canale, con la spesa di costruzione del canale stesso. Col variare della pendenza questi due elementi variano in senso vicendevolmente opposto, così da lasciar impostare la ricerca di un optimum di convenienza.
Nella costruzione di un canale, lo studio dei movimenti di terra non differisce sostanzialmente da quello praticato per una strada ordinaria o ferrovia. L'adattamento al terreno è in certi casi subordinato a certi rapporti altimetrici, dipendenti sia dagli scopi ai quali un canale deve servire, sia da particolarità locali del tracciato. Inoltre esso si collega sempre con considerazioni d'insieme, tecniche ed economiche, come si è già detto.
I canali d'irrigazione debbono possibilmente mantenersj più elevati dei terreni da irrigarsi, per evitare la necessità di sollevamento meccanico delle acque. La loro portata deve evidentemente commisurarsi alla estensione della zona da irrigarsi e alla dotazione specifica d'acqua assegnata per ettaro. Dalla rete dei canali irrigatori (principali, secondari, terziarî ecc.) l'acqua viene erogata ai singoli appezzamenti di terreno, secondo un certo turno (o ruota) e un certo orario (numero di ore di ciascun adacquamento). Nell'insieme, la portata necessaria a un determinato comprensorio irriguo può ragguagliarsi a una media continua per ettaro, che nelle nostre regioni si aggira sull'ordine di grandezza di 1 litro al 1″, con scostamenti anche notevoli, secondo i caratteri del terreno e delle coltivazioni.
All'opposto, i canali di scolo generalmente debbono percorrere le linee più depresse del terreno loro tributario. La loro portata viene spesso riferita all'estensione del rispettivo bacino, mediante il cosiddetto coefficiente udometrico, espressione un po' impropria, usata per designare la portata massima di scolo, in litri al 1″ per ettaro. Per la maggior parte delle bonifiche dell'Italia settentrionale nel dimensionamento dei canali si sono assunti coefficienti udometrici di 1 a 2 (o anche più) litri al 1″ per ettaro. In condizioni speciali di bacini di piccola estensione, o soggetti a infiltrazioni dall'esterno o dal sottosuolo, e specialmente nelle bonificazioni meccaniche, si sono usati anche valori di 3 0 4 litri al 1″ per ettaro. Naturalmente, la portata va generalmente aumentando, da monte a valle, lungo un canale di bonifica, con l'aumentare del bacino scolante; diminuisce invece lungo un canale d'irrigazione.
In rapporto all'altimetria del terreno, la sezione di un canale può risultare variamente: i canali possono cioè riuscire incassati nel terreno, o a mezza costa, oppure parzialmente o totalmente pensili, in tal caso sono provveduti di muri di sponda o di argini.
Il fondo e le sponde possono essere variamente rivestiti, allo scopo di conseguire sia la necessaria impermeabilità nell'attraversamento di terreni più o meno permeabili, sia una sufficiente resistenza alle azioni della corrente. La forma di sezione più generalmente usata è quella trapezia, con sponde variamente inclinate, a seconda della natura dei terreni (ove si tratti di canali in terra) e delle preferenze costruttive. In certi casi, le sponde vengono interrotte da banchine, per interrompere lo sviluppo delle scarpate, anche in vista di evenienze dell'esercizio. Sopra una di queste banchine, o comunque sulla sommità arginale o sulla sponda di un canale navigabile, può svilupparsi la strada alzaia per la trazione dei battelli.
I principali manufatti accessorî di un canale (oltre all'opera di presa) variano assai, secondo il genere di esso. Tali sono: edifici o sostegni di regolazione della portata (fig. 14) con paratoie regolatrici (a manovra manuale o automatica); sfioratori di troppo pieno e bocche di scarico; chiaviche di scolo e bocche di erogazione e ponti canali (fig. 15) e sifoni (fig. 16, 17), per attraversare depressioni del terreno, strade o altri ostacoli; ponti fissi o mobili; muri di caduta, per localizzare (specie in canali d'irrigazione) abbassamenti non utilizzabili di quota, evitando soverchie pendenze dei tronchi limitrofi; conche sostegni per navigazione; partitori delle portate (fig. 18) e dispositivi per la loro misura.
Bibl.: U. Masoni, Idraulica teorica e pratica, Napoli 1908; F. Marzolo, Utilizzazione di forze idrauliche, Padova 1926; G. Ferro, Navigazione interna, Padova 1927; V. Baggi, Costruzioni idrauliche, Torino 1928; F. Marzolo, Idrotecnica generale, Padova 1928; De Marchi, Idraulica, Milano 1930; C. Ruggiero, Idraulica agraria, Padova 1930.
Diritto internazionale. - Hanno importanza dal punto di vista del diritto internazionale soprattutto i canali marittimi. Qualcuno parla di canali interoceanici, ma non del tutto esattamente, in quanto detti canali possono avere importanza internazionale anche quando congiungono due mari non oceanici, aperti e anche chiusi. Per la loro somiglianza con gli stretti, dal punto di vista geografico, essi vengono spesso chiamati anche stretti artificiali, ma la loro condizione giuridica può esser molto diversa, per il fatto appunto che nell'un caso si ha una trasformazione del territorio solido in territorio acqueo, mentre nell'altro si tratta di acque rientranti nel cosiddetto mare territoriale e, se lo stretto ha una certa ampiezza, anche nell'alto mare.
Non esistono ancora principî generali di diritto internazionale ben definiti nei riguardi dei canali, come esistono per i fiumi e in parte per gli stretti (ove si prescinda dalla disposizione dello statuto di Barcellona del 20 aprile 1920 sul regime delle vie d'acqua d'interesse internazionale, relativa alle condizioni dei canali laterali e accessorî dei cosiddetti fiumi internazionali); però dalle loro stesse caratteristiche fisiche emerge chiaramente che essi sono nient'altro che parti del territorio dello stato - come lo sarebbe ad es. una nuova strada che, a opera dell'uomo, congiungesse le rive d'un istmo - e quindi lo stato territoriale ha un diritto su di essi e può esercitare esclusivamente la propria potestà d'impero nell'ambito di essi. Di conseguenza, in tempo di pace lo stato territoriale è libero di tener aperto o chiuso il canale alle altre potenze oppure di tenerlo aperto soltanto sotto determinate condizioni (caso del canale di Kiel, prima della guerra mondiale); e in tempo di guerra, se lo stato territoriale è belligerante, il canale può diventare teatro delle operazioni, esser bloccato o addirittura distrutto, e se invece lo stato è neutrale, ne dovrà esser vietato in ogni caso il passaggio alle navi da guerra dei belligeranti. Questo, in via generale. È sempre possibile, però, che mediante convenzioni internazionali i singoli canali siano sottoposti a un regime speciale. E così è avvenuto soprattutto nei riguardi dei canali interoceanici, poiché i grandi interessi del commercio e della navigazione mondiale non potevano permettere che gli stati territoriali si valessero della loro sovranità per chiudere il canale o intralciarne comunque il passaggio
Bibl.: Della vasta letteratura in materia vedi particolarmente, da un punto di vista generale: D. Schulthess, Das internationale Wasserrecht, Zurigo 1915; R. Laun, Die Internationalisierung der Meerengen und Kanäle, Berlino 1918; G. Lederle, Das Recht der internationalen Gerwässer, Berlino 1920; G. De Wisscher, Le droit international des communications, Parigi 1924; W. Ivan Eysinga, Les fleuves et canaux internationaux, in Bibliotheca Visseriana, II, Leida 1924; F. Peters, Internationale Wasserstrassen, Berlino 1927; nonché i manuali di L. Oppenheim, Internat. Law, 4ª ed., I, Londra 1922, p. 325 segg.; I. Hatschek, Völkerrecht als System rechtlich bedeutsamer Staatsakte, Lipsia e Erlangen 1923, pp. 196-198; A. Cavaglieri, Corso di diritto internazionale, Napoli 1925, pp. 289-291; E. Liszt-M. Fleischman, Das Völkerrecht systematisch dargestellt, 12ª ed., Berlino 1925, pp. 303-308; P. Fauchille, Traité de droit international public, Parigi 1925, I, pp. 2, 285 segg.
Architettura. - Canale è termine tecnico usato per indicare una scanalatura in generale, e particolarmente il listello cavo che nel capitello ionico intercede fra l'àbaco e l'echino (v. ordini). Detto canale continua prolungandosi alle sue estremità in avvolgimenti spiraliformi, sino a terminare in un semplice occhio o bottone al centro. Canale, o meglio gola o guscio, è anche la cavità o listello cavo, che ricorre talora a più riprese sul basamento della colonna ionica, alternato a listelli rigonfî, detti tori.