CANAL, Guido (Vido), detto il Grande
Figlio di Niccolò, veneziano; non è possibile stabilire se a lui si riferiscano alcune notizie riportate dai documenti, che ricordano con questo nome nel novembre 1294 un consigliere "supra comuni" per S. Marco; il 9 ott. 1298 un ambasciatore presso il patriarca di Aquileia; nel febbraio del 1301 un consigliere ducale; nell'aprile dello stesso anno un savio sulle cose di Genova; in settembre un provveditore alla commissione dei castellani di Modone e Corone; in ottobre un savio circa un fatto di rappresaglie. Inoltre nel dicembre del 1302 un Guido da Canal presentò una proposta in Senato; infine il 20 genn. 1311 un Guido da Canal fu inviato, insieme con Pietro Zen, Vitale Michiel e Belleto Giustinian, ambasciatore presso Enrico VII.
Il C. invece quasi sicuramente va identificato con il Guido da Canal che il 3 giugno 1302 fu nominato ambasciatore presso il sultano d'Egitto. Risultato della delicata missione, compiuta tra il 2 e il 5 agosto, fu la stipulazione di un importante trattato che confermava le concessioni già fatte dal precedente sultano (franchigie e garanzie doganali; libertà e sicurezza per i mercanti veneziani; permanenza in Alessandria di un console veneto, Francesco da Canal nipote di Guido; risarcimento per una nave arrestata a Gaza e portata al Cairo). Il 18 agosto il C. rese noti gli accordi all'emiro di Alessandria.
Il C. fu due volte duca di Candia. Tale magistratura gli venne affidata per la prima volta nel 1303, probabilmente in febbraio. Quando in giugno fu autorizzato a tenere presso di sé, in Creta, il figlio Giovanni, doveva ormai trovarsi nell'isola; infatti in quel mese era già in corso la costruzione delle case dei Consiglieri, che costituiva uno dei compiti affidati dal Maggior Consiglio al nuovo duca. L'8 ag. 1303 l'isola fu colpita da un terribile terremoto che arrecò gravissimi danni; i Greci approfittarono della congiuntura per ribellarsi. Il C. ne fu allarmato, tanto più che solo da poco tempo si erano sopìti, per stanchezza dei contendenti, disordini e faziosità. Anche questa volta comunque la soluzione venne dall'interno delle forze ribelli: fu lo stesso Alessio Calergi, cui i Greci si erano rivolti come a loro capo, a indurre i ribelli a deporre le armi.
Nel 1304 il C. ordinò a Candia un sequestro di schiavi che i proprietari sostenevano essere destinati al sultano d'Egitto. Si aprì così una grave crisi che minacciò i buoni rapporti veneto-egiziani e si protrasse dall'aprile del 1304 al settembre 1305. L'emiro di Alessandria arrestò il console Francesco da Canal, e la Repubblica fu costretta a inviare un ambasciatore. La vertenza fu infine composta: dapprima le autorità venete in Alessandria Promisero di procurare ai danneggiati un risarcimento, poi la stessa Repubblica diede disposizioni in tal senso. Tali conclusioni non permettono quindi di stabilire se il C. avesse effettivamente agito nella confisca in modo legittimo, come affermava.
Per rafforzare il governo di Candia il C. sostenne la necessità di riforme nella organizzazione militare: raggruppamento delle serventerie e rafforzamento della cavalleria. A Venezia le proposte furono accolte e si acconsentì alla realizzazione della riforma (luglio 1304). Il mandato del C. ebbe termine nel 1305; in giugno era già arrivato nell'isola il successore.
Trascorsa la contumacia prevista, nel 1307 il C. fu nominato per la seconda volta duca di Candia. L'elezione avvenne probabilmente in aprile (in questo mese il Maggior Consiglio fissò le modalità per l'elezione) e in luglio il C. si preparava a raggiungere l'isola; l'ultima notizia sulla presenza in Candia del predecessore Belleto Giustinian risale al 21 agosto. Nel marzo del 1309 ricevette un incarico molto delicato: doveva esaminare alcune richieste del patriarca di Costantinopoli, che inseriva le sue pretese nella lunga controversia, iniziata nel 1307, fra Venezia ed i vescovi cretesi per alcune terre date in affitto ad Alessio Calergi. La presenza del C. in Candia è testimoniata fino all'agosto 1309, quando accolse il nuovo duca Niccolò Sanuto.
Il 14 giugno 1310, la notte precedente la congiura Querini-Tiepolo, il C. fu inviato dal doge, insieme con Marco Michiel e Matteo Manolesso, presso Pietro Querini per parlamentare con i congiurati e convincerli a desistere dai loro disegni. La missione fallì e i messaggeri ducali "fere ibi faerunt gladiis interfecti". Infine, a riconoscimento dei suoi meriti, fu creato procuratore di S. Marco, con ogni probabilità nel 1312 (il Barbaro, incerto per quanto riguarda l'anno - 1310 o 1312 -, afferma in aprile e precisa che fu procuratore "de supra"). Nello stesso anno il 26 settembre venne nominato capitano generale della flotta veneta impegnata al recupero di Zara ribellatasi. Tenne il blocco alla città per tutto l'inverno. Nel marzo del 1313 aveva già lasciato il comando della flotta, mentre la guerra si sarebbe conclusa solo in settembre.
Il Capellari colloca la sua morte nell'anno 1314.
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