CANAAN (ebr. K‛nā‛an, gr. Χαναάν, lat. Chanaan)
Nella Genesi (X, 16-19) Canaan è detto figlio primogenito di Cam e padre di numerosi figli, i quali alla loro volta sono progenitori di popolazioni abitanti il territorio che fu più tardi chiamato Palestina e, di là dai confini di questa, quello della costa fenicia: Sidonî, Hittiti, Iebusei, Amorrei, Evei, Arcei, Sinei, Aradî, Samarei, Amatei. I loro confini si estendevano "da Sidone verso Gerara fino a Gaza, verso Sodoma, Gomorra, Adama, Seboim fino a Lesa". L'esegesi così geografica come etnografica e storica di questo passo della "Tavola dei popoli" presenta non poche difficoltà, sia perché taluni dei popoli e delle località che vi sono menzionati non sono pienamente identificabili, sia, soprattutto, perché in esso popolazioni sicuramente non semitiche, come gli Hittiti, sono accomunate nella discendenza da Canaan con altre, come i Fenici (di cui Sidonî è qui, come spesso e come anche in Omero, sinonimo), le quali sembrano appartenere alla stirpe semitica ed essere strettamente congiunte con gli Ebrei.
Altrove, nella Bibbia, il termine Canaan ha valore geografico e designa all'incirca il territorio che divenne più tardi la sede nazionale degli Ebrei e fu detto da essi Terra d'Israele, ossia la Palestina, rimanendo tuttavia esclusi da Canaan i distretti palestinesi transgiordanici (v. specialmente Numeri, XXV, 10, 14, Giosuè, XXII, 9-11, 32). Tale esso compare nelle storie dei patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe, che vi pongono le loro sedi di pastori nomadi; tale nel racconto dell'esodo degli Ebrei dall'Egitto e del loro ingresso nella Terra promessa, la quale coincide appunto con Canaan. E tale accezione geografica trova conferma nelle trascrizioni egiziana (K'-n'-n') e cuneiforme (Kinaéni,Kinaéna, Kinaééi: nei documenti di Tell el-‛Amārnah) che si riferiscono esclusivamente al territorio palestinese. Sicché, secondo alcuni, dovrebbe ammettersi che la genealogia della "Tavola dei popoli" non rappresenti se non il raggruppamento, sotto un antenato fittizio, dei varî popoli, diversi di origine e provenienza, che si stanziarono successivamente in Palestina prima degli Ebrei; e Canaan, qualunque possa essere l'etimologia del vocabolo (quella dalla radice ebraica kn‛ "esser basso" prima comunemente ammessa, oggi è abbandonata, e si pensa piuttosto a un'origine preseimitica), avrebbe solo significato territoriale.
Ma, d'altra parte la stessa Bibbia contiene numerosi passi nei quali i Cananei compaiono soltanto come uno dei molti popoli della Palestina preisraelitica e sono posti sullo stesso piano di questi; mentre in altri passi l'intera popolazione preisraelitica è designata col termine generico Amorrei. E infine risulta, non solo dalla Bibbia (v. specialmente Giudici, I, 32; Isaia, XXIII, 6; Ezechiele, XVII, 4; Otsea, XII, 8; Sofonia, I, 11; Zaccaria, XIV, 21; Abdia, 20; Proverbi, XXXI, 24; Giobbe, XL, 30), ma anche da fonti indigene, che i Fenici davano a sé stessi il nome di Cananei: così in iscrizioni di monete di Laodicea dell'età ellenistica; nella notizia di Filone di Biblo (presso Eusebio, Praep. Ev., I, 10, 39), secondo cui Χνᾶ sarebbe l'eroe eponimo dei Fenici; in quella risalente a Ecateo di Mileto (presso Stefano di Bisanzio ed Erodiano), secondo cui Χνᾶ sarebbe il nome antico della Fenicia; in quella di Suida, che dà Χαναναῖοι come sinonimo di Fenici; finalmente un famoso passo di S. Agostino (Espos. epist. ad Rom., 13) attesta che ancora nel sec. IV d. C. la popolazione punica dell'Africa romana s'intitolava Chanani. Da ciò si è indotti a credere che i Cananei rappresentino uno dei numerosi elementi etnici penetrati in epoca preistorica nella Palestina, regione di millenarie migrazioni, il quale, sia per la sua maggiore importanza rispetto agli altri, sia per contatti più stretti da esso avuti con gli Ebrei, avrebbe finito col designare a potiori la popolazione non ebraica della Palestina stessa; e anzi alcuni studiosi, osservando come nel Pentateuco l'alternarsi del termine Cananei con quello di Amorrei corrisponda alla divisione delle fonti jahvista ed elohista, quale è ammessa dalla teoria documentaria, e come questa teoria assegni alla fonte jahvista un'origine meridionale e a quella elohista un'origine settentrionale, hanno supposto che i Cananei abbiano costituito una migrazione semitica che, provenendo dal Sud, avrebbe occupato la parte meridionale della Palestina (press'a poco il territorio della Giudea), mentre gli Amorrei (sicuramente identificabili con gli Amurru della storia babilonese; v. amoriti), sarebbero penetrati dalle regioni desertiche dell'Est, stanziandosi nella parte settentrionale (essi sono infatti attestati anche nella Transgiordania). I Cananei, la cui penetrazione in Palestina avrebbe preceduto di alcuni secoli quella degli Amorrei (sicuramente databile, in base a sincronismi babilonesi, dal principio del 2° millennio a. C.), rappresenterebbero la prima migrazione semitica in Palestina e si sarebbero spinti fino alla costa, comprendendo quindi anche i Fenici, i quali ne costituirebbero l'elemento meno alterato da migrazioni posteriori. Non manca tuttavia chi nega il semitismo dei Cananei e ravvisa in essi l'avanzo di popolazioni che abitarono la Palestina fin dall'età paleolitica, riservando il carattere di Semiti ai soli Amorrei. Per maggiori particolari v. ebrei: Storia; palestina; semiti.
Da quanto precede risulta che il problema della pertinenza etnica dei Cananei è ancora lontano dalla soluzione. Tuttavia nell'uso degli studiosi delle antichità palestinesi si suole designare genericamente col nome di Cananei tutto l'insieme dei popoli che hanno abitato la Palestina prima che questa fosse conquistata dagli Israeliti nomadi provenienti dal deserto, e che hanno lasciato copiosi avanzi della loro civiltà, messi in luce dagli scavi praticati da circa un cinquantennio (v. palestina). Da tali scavi si desume che la Palestina, già abitata, come si è visto, fin dalle prime età preistoriche, ebbe un notevole sviluppo di monumenti megalitici (dolmen, menhir, recinti circolari) tra la fine del 4° e il principio del 3° millennio a. C. A questa antichissima civiltà ne succede una seconda, nella quale i più ravvisano il primo strato di popolazione semitica, e sulla quale comincia assai per tempo a farsi sentire l'influsso egiziano. Fin dalla IV dinastia si ha notizia di spedizioni egiziane nel territorio cananeo, e le relazioni fra le due regioni raggiungono una particolare intensità sotto la XII dinastia. Al tempo stesso, il formarsi del grande impero babilonese sotto la dinastia di Hammurabi favorisce l'espansione della civiltà accadica anche in direzione della Palestina, sicché questo paese presenta, fin da tempi remoti, quell'aspetto di civiltà composita che gli rimane caratteristico durante tutto lo sviluppo ulteriore della sua storia. Interrotte dall'invasione degli Hittiti (c. 1800 a. C.), i quali rimasero in Palestina parecchi secoli dopo la conquista israelitica, e da quella degli Hyksos in Egitto (questa stirpe di nomadi quasi certamente semitici dominò anche parte della Palestina), le relazioni della civiltà cananea con l'Egitto e con la Mesopotamia ripresero nel sec. XVI, a partire dalla quale epoca si riscontrano in Palestina notevoli aggregati cittadini (i più importanti tra quelli noti finora sono Lakish, Gezer, Ta‛annak, Gerico, Megiddo, Bēth Shan) con solide cinte fortificate e munite di torri, con acropoli su cui sono costruite residenze regali e santuarî, con cospicui avanzi di glittica e di ceramica. È caratteristico il fatto che, benché la supremazia politica appartenga all'Egitto (Tuthmosi III riconquista Canaan verso il 1470), gl'influssi culturali babilonesi si alternano con quelli egiziani.
Ma l'epoca in cui la civiltà cananea è meglio nota è quella cosiddetta di Tell el-‛Amārnah (sec. XIV): dai documenti cuneiformi rinvenuti in quella località egiziana si è in grado di conoscere con precisione lo stato politico del paese, diviso in piccoli principati indigeni sottomessi alla sovranità del faraone, col quale essi corrispondono in accadico, la lingua diplomatica del tempo. Tra i molteplici dati forniti dalle lettere di Tell el-‛Amārnah sono specialmente notevoli quelli che si riferiscono alle condizioni di sicurezza del paese, minacciato dalle incursioni degli Hittiti e dei nomadi semitici provenienti dal deserto orientale, tra i quali devono porsi senza dubbio gli Ebrei (secondo alcuni da ravvisarsi nei Khabiru di cui è spesso fatta menzione nelle lettere), che appunto in quel tempo si accingevano alla conquista della Terra promessa. Le lettere di Tell el-‛Amārnah contengono anche preziose informazioni sulla lingua del paese attraverso un certo numero di glosse apposte, in caratteri cuneiformi, a vocaboli accadici: da esse risulta che il cananeo del sec. XIV a. C. era estremamente vicino all'ebraico e al fenicio, il che spiega l'espressione "lingua di Canaan" in Isaia, XIX, 18, per indicare l'ebraico.
In quest'epoca all'influsso egiziano e a quello babilonese si accompagna, specialmente nella ceramica, quello della civiltà egea, che si esercita, oltre che con l'importazione dei prodotti di quella civiltà, attraverso l'occupazione della costa cananea da parte dei Filistei (siano essi di origine cretese oppure asianica), i quali certamente, indebolendo la compagine degli stati cananei, facilitarono la penetrazione degli Ebrei da oriente. La conquista operata da questi (narrata nel libro di Giosuè e nel primo capitolo di quello dei Giudici) non avviene se non gradualmente, e, se ridusse i Cananei nello stato di soggezione politica ed economica che i testi biblici descrivono, non li sterminò né distrusse la loro civiltà; anzi dall'assorbimento di essa da parte dei conquistatori risultò, in seguito, il carattere specifico della nazione ebraica nell'epoca del suo pieno sviluppo politico e culturale. Dalla Bibbia sappiamo che comunità cananee persistettero fino all'età della monarchia (v. II Re [Samuele], XIV, 7; III [I] Re, IX, 16, e specialmente II Re [Samuele], XXI, benché vi sia usato il termine Amorrei): esse furono considerate negli ambienti religiosi puramente ebraici quali focolari d'idolatria e di costumi contrarî alla legge divina, donde la prescrizione del Levitico, XVIII, 6: "non fate come si fa nella terra di Canaan"; e analogamente si spiega l'insistenza con cui nella Genesi è ricordato che i patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe non vollero sposare le figlie dei Cananei. E, in realtà, tutto o quasi tutto ciò che nella Bibbia è vietato e condannato come usanza idolatrica (e perciò appunto dovette essere largamente praticato dal popolo) è da riportarsi all'adozione di credenze e di pratiche cananee da parte degli Ebrei: il culto dei luoghi alti; l'adorazione del vitello, di Astarte, delle asherōth; i sacrifizî umani. Di tutte queste pratiche i ritrovamenti archeologici hanno fornito abbondante documentazione.
Bibl.: La sterminata letteratura sull'archeologia palestinese è raccolta, per gli anni 1895-1924, in P. Thomsen, Die Palästina-Literatur, voll. 4, Lipsia 1908-1927; quella corrente e i risultati provvisorî degli scavi negli organi delle società e scuole per l'esplorazione della Palestina, quali Palestina Exploration Fund (Annual e Quarterly Statements), American Schools of Oriental Research in Jerusalem (Annual e Bulletin), Palästina-Jahrbuch d. deutsch.e vang. Institut f. Altertumswiss. d. heil. Landes, Zeitschr. d. deutsch. Palästina-Verein, Revue biblique. Il miglior lavoro d'insieme è ancora quello di H. Vincent, Canaan d'après l'exploration récente, Parigi 1914. Abbondantissimo materiale e giudiziosa sintesi storica in R. Kittel, Geschichte des Volkes Israel, 5ª e 6ª ed., I, Stoccarda-Gotha 1923, pp. 19-210. Per la pertinenza etnica dei Cananei v. specialmente F. Böhl, Kanaäer und Hebräer, Lipsia 1911 (Beitr. sur Wiss. vom Alten Test., 9); O. Procksch, Die Völker Altpalästinas, Lipsia 1914 (Das Land der Bibel, I, 2).