CATALAUNICI, CAMPI
. Erano così chiamati dall'antica popolazione celtica dei Catuvellauni, i quali diedero nome anche alla capitale della regione, Catalauni, oggi Châlons-sur-Marne. Geograficamente i Campi catalaunici corrispondevano press'a poco all'odierna Champagne e rappresentavano l'ingresso orientale più agevole delle Gallie. Sono famosi per la grande battaglia campale del 451 d. C. fra Attila ed Ezio.
Attila, invase e saccheggiate le Gallie fino a Orléans, fu costretto a ritirarsi da questa città per l'arrivo di Ezio, e cercò di riguadagnare il Reno; ma lungo il percorso della ritirata, non prima di Châlons e non dopo il passaggio della foresta delle Argonne, si vide costretto a ingaggiare battaglia con l'esercito dei Visigoti e Romani, comandato da Ezio. I due opposti schieramenti, con direzione nord-sud, erano contenuti a nord da un colle e a sud da un ruscello scorrente in direzione est-ovest (v. cartina). Gli Unni, che costituivano la cavalleria armata di arco, occupavano il centro della loro schiera; alla loro ala destra erano i contingenti alleati minori; alla loro ala sinistra gli Ostrogoti con Valamiro e i Gepidi guidati da Ardarico. I Romani erano a occidente e avevano preso posizione sul colle, costituendo così l'ala sinistra del loro schieramento. Erano guidati da Ezìo e da Torrismondo, figlio di Teodorico, re dei Visigoti, che comandava l'ala destra. Al centro erano stati collocati gli Alani, di cui si temeva la defezione, circondati per precauzione dagli altri contingenti alleati fedeli. Attila, considerando che il nemico era forte alle ali, si propose di sfondare il centro; a tal fine occorreva che, mentre gli Unni compivano al centro il massimo sforzo, almeno una delle ali resistesse. Perciò Attila, prevedendo che la sua ala destra difficilmente avrebbe resistito ai Romani, rinforzò l'ala sinistra. Erano circa le tre del pomeriggio quando fu dato il segnale della battaglia. L'esito della battaglia fu deciso sull'imbrunire. Il piano di Attila era fallito perché, se anche il centro nemico aveva ceduto e l'ordinamento romano era rotto, l'ala sinistra unna che doveva resistere era stata invece costretta a retrocedere fin dentro l'accampamento. La cifra dei morti, quale è riferita dalle fonti, se è esagerata (si parla di 300.000 caduti!), testimonia peraltro l'accanimento col quale si combatté. La mattina seguente nel campo romano si tributarono solenni onoranze alla salma di Teodorico caduto nel combattimento, mentre Attila, chiuso nell'accampamento, attendeva gli eventuali assalti romani. Torrismondo voleva riattaccar battaglia per vendicare la morte del padre; ma, dissuaso da Ezio, che non intendeva fosse distrutta quella potenza unna che gli dava appiglio a inserirsi nelle cose delle Gallie, tornò nelle sue sedi.
Nessuno dei contendenti uscì nettamente sconfitto e nessuno poté dirsi vincitore. Ezio infatti raggiunse il suo scopo, di abbassare la potenza d'Attila e affermare l'autorità dell'Impero romano nelle Gallie. I Visigoti anche raggiunsero il proprio scopo, ch'era quello di salvaguardare le loro sedi da invasioni di altri barbari, sia pure della loro stessa razza, come gli Ostrogoti. Attila poté arrestare gl'inseguitori e salvarsi la ritirata, che erano le sole ragioni per cui aveva accettato la battaglia.
Bibl.: H. d'Arbois de Jubainville, in Bibl. de l'École des chartes, s. 5ª, I (1860), pp. 370-373; XXXI (1870), pp. 211-216; A. de Barthélemy, in Rev. des quest. hist., VIII (1870), pp. 211-216; A. de Barthélemy, in Rev. des quest. hist., VIII (1870), pp. 337-404; A. Longnon, Géogr. de la Gaule au VI siècle, Parigi 1878, pp. 334-340; Girard, in Revue hist., XXVIII (1885), pp. 321-331; E. Andreoli, in Historia, I (1927); A. Solari, Gli Unni e Attila, Pisa 1916.