CAMPANINI, Barbara, detta la Barberina
Nacque a Parma nel 1721. Ebbe due sorelle: la prima, Marianna, mediocre ballerina, fece la sua carriera a Parigi ed entrò nel corpo di ballo berlinese nel 1747; dell'altra, di cui il Collini riferisce solo l'iniziale del nome (M.), si sa soltanto che visse a Firenze. La C. (il cui cognome è dato da Ceresole, p. 149, e da Thiebault, I, p. 339, nelle forme "Comparini" e "Gasperini") era detta "la Barberina". Prese probabilmente le prime lezioni di ballo da un coreografo del teatro Farnese, ed è sicuro che lavorò con il danzatore napoletano A. Rinaldi Fossano, eccellente nel genere comico e pastorale (Noverre), che la portò a Parigi nella primavera del 1739 per presentarla all'Académie Royale de musique. La C. apparve per la prima volta all'Opéra il 14 luglio dello stesso anno, nell'opéra-ballet in tre entrées su musica di J.-Ph. Rameau (Fêtes d'Hébé ou Les Talents lyriques), il quale compose, per la danzatrice italiana, quattro arie di danza, ponendole alla fine della seconda entrée ("La Musique"). Le Mercure galant attesta l'unanime consenso tributato alla C. che, nello stile già lanciato dalla Camargo, eseguiva miracoli di virtuosismo sviluppando la tecnica dell'"entrechat à quatre" fino a raggiungere l'"entrechat à huit".
Anche i fautori della "terre-à-terre" e dello stile nobile alla Sallé, che non apprezzavano le "batterie", i salti e le complicazioni italiane, furono costretti a riconoscere il successo della C. (Argenson, Journal et mémoires, II, p. 197), la quale, con il Rinaldi Fossano, contribuì in modo decisivo al successo dei Talents tanto che le repliche si susseguirono per quasi due mesi consecutivi.
Il 3 sett. 1739 l'Académie rappresentava Zaïde, reine de Grenade, balletto eroico in tre atti con prologo su musica di J.-N.-P. Royer; in compagnia, sotto la direzione di Dupré, figuravano i Malter, i Dumoulin, M. Sallé, la Mariette, le Dallemand e la Campanini. Costei sarebbe dovuta apparire solo al secondo atto, ma il Mercure ed i Frères Parfaict riferiscono che danzò con il Rinaldi Fossano in parecchie entrate di differenti generi pantomimici. Il 29 ottobre dello stesso anno ancora insieme danzarono per il re a Fontainebleau, dove la Comédie-Française rappresentava Andromaque e Les Précieuses ridicules e, dopo una settimana, Athalie e Les Vendanges de Suresnes (i due danzatori mandarono in visibilio gli spettatori eseguendo una entrée nel "divertissement de la dancourade").
Al successo della C. come danzatrice non fu da meno quello che riscosse come donna: "Alta, slanciata, formosa, ella aveva il portamento di una deità" (Olivier-Norbert). II primo pretendente fu un ricco olandese, il signore di Lis, che offrì 150.000 fiorini per una sua visita all'Aja, ma fu più fortunato il principe Vittorio Amedeo di Carignano, dal 1730 ispettore generale dell'Académie Royale de musique, che l'ospitò con grande sfarzo in una sua casa. "Con la mediazione della sua signora madre", la C. accordava intanto i suoi favori ad altri quindici corteggiatori, tra cui il principe de Conti, il marchese de Thibouville, un prelato e il preferito, duca de Dufort. Il ricchissimo inglese lord Arundel fu protagonista di un famoso scandalo, che scoppiò quando il Carignano lo trovò in compagnia dell'amante. Le rimostranze del principe umiliarono la C. al punto che ella disertò le scene per una settimana e cominciò a maturare il proposito di fuggire a Londra con l'Arundel. Ma il Carignano riuscì a trattenerla a Parigi, se non con le preghiere almeno con l'uso della sua autorità d'ispettore, e dandole la garanzia di un'assoluta libertà e di uno stipendio di 500 lire mensili. La sua fortuna aumentava di giorno in giorno sia in teatro sia nella vita privata, seguita con scandalistico interesse dalle gazzette.
Il 3 dic. 1739 la C. rientrava in scena con il Dardanus di Rameau, ma nonostante il suo successo personale l'opera non riscosse il favore del pubblico e fu presto sostituita con una ripresa dei Talents. Nel marzo e nel giugno del 1740 si esibì a Versailles; il 6 marzo, davanti a Luigi XV ed alla regina, chiuse la serata della Comédie-Française danzando un passo a due campestre con Valentino Riccoboni, il figlio del celebre Lélio. Il 23 marzo danzò, nel terzo intermezzo della commedia Le Roi de Cocagne, una sarabanda e una furlana tratte dal balletto delle Indes galantes di Rameau e ancora, alla fine della rappresentazione, eseguì, accompagnata dal Riccoboni, una nuova pantomima su musica di A. Blaise. Il 22 giugno, nel balletto "des différentes nations" che concludeva la commedia Le magnifique di A.-H. La Motte, al centro dei "personaggi egiziani" (Malter, Dumoulin, Mariette e Mimi Dallemand), si distinse per la sua meravigliosa agilità.
Nel luglio dello stesso anno John Rich, il celebre Arlecchino che dirigeva il Covent Garden di Londra, riuscì a togliere la C. ai Parigini. Il 1º agosto il principe di Galles Federico festeggiò al palazzo di Cliveden il compleanno della principessa Augusta di Brunswick: lo spettacolo costituito da un "masque" di J. Thomson e di D. Mallet, cui seguì The Judgment of Paris di W. Congreve, si chiuse con balletti-pantomime in cui la grazia, la bellezza e la prodigiosa agilità della "Tersicore italiana" superarono di gran lunga l'aspettativa generale. Il 25 ottobre essa apparve al Covent Garden ed entusiasmò gli spettatori esibendosi sia nelle entrées comiche sia nel genere più impegnativo del "grand ballet sérieux".
Alla morte del Carignano (1741), il nuovo ispettore M. de Bombarde, che cercava di ricostituire un valido gruppo di danzatori, inviò lo scenografo G. N. Servandoni a Londra per richiamare la C., che accettò l'invito e giunse a Parigi l'ultimo giorno di maggio. Il 13 giugno rientrava in scena con L'Empire de L'Amour, balletto eroico in tre atti del marchese de Brassac, e il 4 luglio, alla ripresa delle Fêtes grecques et romaines, interpretava il classico ruolo di Tersicore, in cui si erano cimentate tutte le étoiles del secolo, riuscendo a dimostrare che la danza nobile e la danza di grande espressione le erano congeniali quanto il genere brillante e pastorale. Tornata al Covent Garden per la stagione 1741-42, con i suoi partners Ch. Le Picq e Ph. Lalauze, la C. riscosse come l'anno precedente un grandissimo successo. La scrittura successiva le venne da Dublino, dove il signor Du Val, impresario del Theatre in Smock-Alley, la ingaggiò con due celebrità inglesi: David Garrik e Margaret Peg Woffington. Il 29 agosto del 1742 la C. danzò per l'ultima volta a Dublino; pare che l'inverno seguente si sia esibita ancora al Covent Garden. Nel settembre 1743, a Parigi, s'impegnava con M. de Chambrier, ministro plenipotenziario del re di Prussia, a passare al servizio di Federico II alla fine del carnevale 1744. Ma finì invece per fuggire a Venezia con il giovane lord James Stuart de Mackenzie, che voleva sposarla.
Vani furono gli interventi del conte Giovanni Cattaneo che reclamava, da parte di Federico II, l'adempimento dell'impegno: la C. era irremovibile e dichiarava di essere ormai sposata, per cui il precedente contratto decadeva automaticamente senza l'approvazione del "caro sposo". Il 3 febbr. 1743, secondo quanto afferma il D'Ancona, il Cattaneo, che si diceva storiografo e consigliere intimo del re di Prussia, si rivolgeva al Maggior Consiglio, ricevendo solo promesse d'intervento. Interessò pure gli ambasciatori di Francia e di Spagna, i quali cercarono di persuadere la C.; ma la giovane donna, forte dell'appoggio del futuro marito e di un suo amico, entrambi membri del Parlamento inglese, si ostinava nel rifiuto. Anche il residente della regina d'Ungheria la mandava a chiamare, come suddita di Maria Teresa; la questione diveniva vieppiù intricata, mentre i prudenti Savi veneziani erano costretti a temporeggiare per tutelare l'antica franchigia veneta senza contrariare apertamente né l'Austria né la Prussia. Ma quando Federico con drastica decisione sequestrò il bagaglio dell'ambasciatore veneziano a Londra, Cappello, che, rientrando in Italia, attraversava il territorio prussiano, le trattative furono riprese a Vienna tra l'ambasciatore veneziano Marco Contarini e il conte Dohna, rappresentante di Federico: esse portarono all'arresto della C., che fu segregata nella casa del fante Beltrame sotto la guardia di otto uomini. Inutili furono gli appelli dello Stuart al ministro inglese a Berlino, vanificati dall'irriducibile opposizione dei parenti di lui al matrimonio; inutile il suo tentativo di corrompere il rappresentante dell'ambasciatore prussiano che aveva prelevato la C. al confine austriaco; inutili furono anche le sue minacce, che riuscirono a provocare solo l'intervento della polizia e l'immediato allontanamento del giovane lord. Questi non si rassegnò e, arrivato a Vienna, riuscì ad ottenere dal conte Dohna il passaporto e una lettera di raccomandazione per un'udienza da Federico. La C., dopo un viaggio lungo e faticoso, arrivò a Berlino l'8 maggio; lo stesso giorno giungeva lord Stuart. L'udienza non gli fu concessa ed alla sua lettera di supplica, Federico rispose con l'ordine di lasciare la Prussia al più presto. Prima di salpare per Londra "l'infortuné", come egli si firmava, inviò alla C. due lettere, le prime di una corrispondenza affettuosa che sarebbe durata sin dopo il matrimonio della ballerina con un altro uomo.
Il 13 maggio 1744 la C. debuttò a Berlino negli entr'actes dello spettacolo dato dalla Comédie-Française. Il trionfo fu coronato da una offerta di contratto per cinque anni. La C. chiese l'enorme somma di 5.000 talleri che il re accettò e che anzi, l'anno successivo, aumentò di 2.000 talleri aggiungendo al contratto una clausola di nullità nel caso che la C. si fosse sposata.
Federico, di cui non era famosa la prodigalità, specie nei confronti degli artisti, fu certo affascinato più dall'arguzia e dall'intelligenza della C. che dalle sue "gambe da uomo", come asserisce malignamente Voltaire (Vita privata..., p. 87). La C., a Berlino, ebbe modo di mettere in luce queste altre qualità accogliendo, nel suo lussuoso appartamento alla Behrenstrasse, un salotto letterario in cui s'incontrava un'élite intellettuale internazionale. Lo stesso re, con il marchese d'Argens, il conte Algarotti, il cavaliere de Chasot, il generale de Rothembourg fu annoverato tra i più assidui frequentatori. Gli indiscreti accennano a qualche dissapore tra loro per i favori della C. (vedi una lettera riferita da D. Caminer, Storia della vita di Federico il Grande, Venezia 1787, cit. da D'Ancona, p. 74); pare che l'Algarotti volesse addirittura sposarla.
Dal luglio del 1744 al giugno del 1748, la C. si fece applaudire in tutte le opere rappresentate alla Hofaper. Dai tre libretti che ci rimangono, sappiamo che in Arminio (musica di J. A. Hasse, gennaio 1747) appariva, con B. Lany, in un passo a due al primo atto e ancora, al terzo atto, nel "Ballet des héros"; nel Cinna (musica di J. G. Graun, 2 genn. 1748), danzò al secondo atto un passo a due con P. Sodi nel "Ballet des amis de l'Empereur" ed al terzo atto, nel "Ballet du Peuple romain", un altro passo a due col Sodi. Nell'Europa galante (mus. di Graun, 27 marzo 1748), eseguì un passo a due con tal "sieur Artus" e un "a solo" nella Entrée des Turcs. Pare che abbia raccolto il suo più gran successo negli intermezzi dell'Adriano in Siria (musica di Graun, 29 dic. 1745), e soprattutto nel terzo che rappresentava l'avventura di Pigmalione, dove ella interpretava il ruolo della statua (questa pantomima ha ispirato A. Pesne nel decorare il pannello intitolato Pygmalion della Musikzimmer di Sans-Souci).
Nel 1748, fatta oggetto della pubblica dichiarazione d'amore di Charles-Louis de Cocceji, figlio maggiore del gran cancelliere, la C. cadde in disgrazia del sovrano, e non appena si apprestò a lasciare il paese, fu trattenuta dal capo della polizia fin quando non si risolse a pagare alcuni debiti di cui pare ignorasse l'esistenza. Durante il soggiorno a Londra che seguì, rivide senza dubbio Stuart de Mackenzie; potrebbe anche darsi che abbia ballato al Covent Garden. All'inizio del 1749 tornò a Berlino e, sfidando l'ira del re, annunciò il suo prossimo matrimonio con il Cocceji, che fu rinchiuso in un castello, ma, appena rimesso in libertà, raggiunse la C. e la sposò in segreto. Federico II esiliò la coppia in Slesia, dove il giovane Cocceji assunse la carica di vice-presidente del concistoro di Glogau nell'autunno 1752. Relegata, dopo una vita brillante, in un piccolo centro di provincia, la neobaronessa, capricciosa e collerica, non tardò a scontrarsi con un marito autoritario e volubile. La separazione avvenne di fatto nel 1759 quando la C. si ritirò nel castello di Barschau da lei acquistato con le terre di Polach e di Borschütz per 70.000 scudi. Nel 1788 la separazione fu sancita dal divorzio: il 20 luglio 1789 la C., firmandosi ancora Cocceji, dichiarava in una lettera a Federico Guglielmo II, di non aver nessun rimpianto e di essere stata infelice per tutto il tempo del suo matrimonio; chiedeva però che le fosse concesso il titolo di contessa, almeno per sollevarla dalla sua condizione di donna abbandonata; avrebbe impegnato i suoi beni, che ammontavano a circa 100.000 scudi, nella fondazione di un istituto per le nobili povere di Slesia. Il 6 nov. 1789 venne soddisfatta la sua richiesta e un blasone complicato e fantasioso veniva assegnato alla "contessa de Campanini". L'istituto che la C. secondo la sua promessa fondò fu posto sotto la protezione del re, ed ebbe uno statuto assai austero e il motto "Virtuti asilum", ma la sua fondatrice e prima badessa non poté fregiarsi del titolo di "Eccellenza" che pretendeva. Dopo una temporanea impuntatura tuttavia, la C. assolse il suo compito direttivo con tenacia e serietà fino alla fine dei suoi giorni.
Morì mentre passeggiava nel suo giardino, fulminata dalla rottura di un aneurisma, la sera del 7 giugno 1799, e fu sepolta nella chiesa di Hochkirch, contrariamente alle sue disposizioni testamentarie, che furono tutte annullate, per cui anche i diversi lasciti particolari furono venduti a favore dello Stato.
Tra i ritratti della C. dipinti a olio si ricordano quelli di A. Pesne (uno è nella galleria di Sans-Souci e un altro è nella Theezimmer del castello di Potsdam); un altro dipinto a olio di Z. Ziegler e uno di A. Bausewein sono nel castello di Barschau. Di autore ignoto, forse Pesne, il ritratto nel castello ducale di Zerbst; un pastello famoso eseguito da R. Carriera ed ora al Museo di Dresda la ritrae a vent'anni; una pregevole miniatura di Diemoz è conservata al castello di Barschau. Assai rara è l'incisione di C. B. Glassbach, che ritrae la C. con un costume villereccio (Berlino, Kupferstichkabinett). Tra i pannelli del Pesne, oltre al già citato Pygmalion, sono da menzionare quello del Concert en plein air e quello della Danse en plein air, ambedue nella Theezimmer del castello di Potsdam.
Fonti e Bibl.: Y. G. Noverre, Lettres sur la danse, Lyon-Stuttgart 1760, p. 83; Id., Lettres sur les arts imitateurs en général et sur la danse en particulier, I, Paris 1807, p. 262; C. A. Collini, Mon séjóur auprès de Voltaire..., Paris 1807, p. 5; Voltaire, Oeuvres complètes. Correspondance avec le Roi de Prusse, II, Paris 1824, p. 199; R-L. d'Argenson, Journal et Mém., II, Paris 1860, p. 197; D. Thiébault, Souvenirs de vingt ans... à Berlin, Paris 1891, I, p. 339; Voltaire, Vita privata di Federico II, Roma 1945, p. 87; V. Ceresole-T. De Saussure, J.-J. Rousseau à Venise, Genève 1885, p. 149; J. J. Olivier-W. Norbert, Une étoile de la danse au XVIIIe siècle, B. C., Paris 1910; A. D'Ancona, Memorie e documenti di storia italiana nei secc. XVIII e XIX, Firenze 1913, pp. 149 s.; A. Marchi, La ballerina B. C., in Aurea Parma, X (1926), 4, pp. 204 s.; N. Bazzetta De Vemenia, Danzatrici ed etere d'Italia, Como 1927, p. 37; Enciclopedia dello Spettacolo, I, coll. 1461-1464 (sub voce Barbarina).