CAMPANELLO (fr. clochette; sp. campanilla; ted. Klingel; ingl. small bell, hand bell)
Fino dai primi tempi dell'arte cristiana, si conobbe l'uso dei campanelli, e se ne fecero di varî metalli: oro, argento dorato o no, bronzo, rame, ferro, e anche di altre materie, come vetro, porcellana, terracotta. Nel Medioevo si ebbero anche campanelli di stagno; nel Rinascimento furono per lo più di bronzo ricco di stagno, per ottenere un miglior suono e un bel colore del metallo: un campanello in oro era nel tesoro di Carlo V. La forma più comune fu in principio quella troncoconica; ma se ne conoscono anche di cilindrici, svasati alla base, di quadrangolari rastremati, e di emisferici.
I campanelli trovati nelle catacombe non sono forse che dei giocattoli. Sappiamo invece che dei tintinnabula si usavano nei monasteri per invitare al servizio divino: di tal genere sono le antiche campane di ferro che si associano ai nomi di santi irlandesi. I campanelli servirono più tardi per annunziare gli uffizî nell'interno delle chiese, e soprattutto per segnare certe parti della messa; ma quest'uso sembra non risalga molto al di là del sec. XII, e non è sicuramente attestato che per questo secolo e poi sotto il pontificato di Gregorio IX. Di questo periodo il campanello più antico che si conosca è quello romanico coi simboli apocalittici degli Evangelisti, trovato a Reims nel 1844. Destinato alla chiesa, il campanello fu ornato riccamente come si faceva degli altri arredi del culto; e quando col Rinascimento venne in voga anche nell'uso domestico, per tavolo, fu ricco di ornati, di figurazioni profane, di stemmi spesso sostenuti da putti, di motti dei nomi dei proprietarî, delle marche e firme dei fonditori. Il manico era spesso formato da una semplice nappa, oppure era di bronzo; veniva anche ornato di figure.
In Italia i migliori campanelli furono prodotti dai bronzisti padovani e veneziani: alcuni sono con ragione attribuiti ad Andrea Riccio, ma anche artisti stranieri, come Jan van den Eynde e i suoi figli ne produssero numerosi. Fra i nomi di artisti italiani, noti, che si ritrovano sui campanelli, si possono citare quello del veronese Giuseppe De Levi e quello di Alfonso Alberghetti. Fra le serie più numerose di campanelli del Rinascimento si devono menzionare quella del Museo Nazionale di Firenze e quella del Victoria and Albert Museum di Londra.
Bibl.: J. Labarte, Histoire des arts industriels au Moyenâge et a l'époque de la Renaissance, III, Parigi 1866, p. 427; Didron ainé, Manuel des oeuvres de bronze et d'orfèvrerie du Moyen-âge, Parigi 1869, p. 96 segg.; C. Drury, E. Fortuum, A descriptive catalogue of the Bronzes of European Origin in the South Kensington Museum, Londra 1876, p. 75 segg.; F. Cabrol, Dict. d'archéologie et de liturgie chrétienne, III, ii, Parigi 1914, s. v. Cloche et clochette; G. Lehnert, Illustrierte Geschichte des Kunstgewerbes, Berlino s. a.; F. Schottmüller, Bronzestatuetten und Geräte, Berlino 1918; W. Bode, Die italienischen Bronzestatuetten der Renaissance, Berlino 1922.
Campanello elettrico (fr. sonnette électrique; sp. campanilla eléctrica; ted. elektrische Klingel; ingl. electric bell). - I campanelli elettrici sono sonerie azionate da una corrente elettrica ricavata da una batteria di pile o derivata dalla rete di distribuzione urbana (generalmente a corrente alternata) o infine prodotta da una piccola macchina magneto-elettrica (come p. es. nella soneria di chiamata di alcuni telefoni e apparecchi industriali, fra cui quella per la ricerca di corti circuiti elettrici). Assai svariate sono le forme che furono proposte per i campanelli elettrici: ma tutte si basano sullo stesso fenomeno elettromagnetico: la magnetizzazione temporanea del nucleo di ferro dolce di un solenoide quando l'avvolgimento è percorso da corrente elettrica. La figura dà lo schema di una soneria a tremolo, il cui funzionamento è il seguente: ai due serrafili S, S1, del campanello fanno capo i due fili del circuito esterno che comprende, in serie, una batteria di pile P e un tasto d'interruzione o bottone B. Quando il tasto venga abbassato, la corrente da S1 passa in V, attraversa la molla m′, l'àncora a di ferro dolce, percorre le bobine dell'elettromagnete M e attraverso il serrafilo S torna alla pila. Il nucleo dell'elettrocalamita, magnetizzandosi, attira l'àncora, e il martelletto dà un colpo sulla campana: ma appena il magnete ha attratto a, il circuito elettrico s'interrompe in V, l'elettromagnete non esercita più l'attrazione e l'àncora è riportata nella posizione iniziale dalla molla m′′: il circuito è così richiuso e il fenomeno si ripete con grande frequenza finché B è abbassato. È ovvio, poiché non si sfrutta che la forza attrattiva dell'elettromagnete, che esso può venire eccitato con corrente tanto continua quanto alternata. Quando i campanelli vengono alimentati con pile, si usa in generale una batteria che dia una tensione di 4÷6 volta. Quando si usi invece la corrente alternata stradale, si può adoperare una delle comuni sonerie per 4÷6 volta, interponendo un trasformatorino come indica lo schema in cui S è la soneria, T il trasformatore, A la sorgente elettrica: oppure si possono usare sonerie costruite in modo da poter sopportare direttamente le tensioni stradali usuali di 100÷200 volta. Infine si può azionare una stessa soneria con diversi bottoni situati, p. es:, in diverse stanze: e si può munire l'impianto di un quadro che indica mediante numeri che si alzano la provenienza della chiamata. Esistono infine sonerie che dànno un sol colpo ad ogni chiamata, sonerie a sirena, tromba, ecc.