Vedi CAMMEO dell'anno: 1959 - 1994
CAMMEO (v. vol. II, p. 288)
L'arte del c. prese forma, con grande probabilità, nel pensiero e nel gusto di Alessandro Magno e del suo incisore Pyrgoteles, di una genialità pari a quella del re. Solo a questo maestro Alessandro conferì il diritto di incidere il suo ritratto in uno smeraldo (Plin., Nat. hist., XXXVII, 8); ma dello stesso artista possiamo anche ricordare la testa dell' Eracle li- sippeo incisa in un rubino convesso (collezione privata). Già Delbrück aveva riconosciuto nel busto in miniatura di Firenze un'effigie del re moribondo, dai tratti scomposti (Zwei Porträts, in Jdl, XL, 1925, pp. 8-15, tavv. II-V). È ugualmente nella cerchia di Alessandro e di Pyrgoteles che bisogna collocare i due c. circolari dell'Ermitage (Neverov, 1971, n. 5, di 61 mm di diametro e n. 4, di 53 mm di diametro): le dimensioni, il rilievo accentuato, la plasticità sfumata, sono superiori per finezza di espressione alle effigi sui tetradrammi, anch'essi circolari. Se la regolarità del profilo ricorda Alessandro, la voluminosa capigliatura e la profusione di riccioli morbidi rivelano una dolcezza che contrasta con il rigore del viso. A tale maestosità sovrana si contrappone lo sguardo di Medusa (Neverov, 1971, n. 4), raffigurata in formato ridotto, ma verosimilmente dello stesso artista. Questi due c. appartengono senz'altro ancora al IV sec. e potrebbero essere opere originali di Pyrgoteles.
In questa tradizione si inserisce la testa di Alessandro su un c. circolare, che risalta sulle tinte della corniola, conservato al Cabinet des Médailles di Parigi (v. E. Babelon, Camées, Parigi 1897, n. 222): un c. in tono minore, se confrontato con i precedenti, ma dotato della stessa potenza espressiva. Il rendimento fortemente ondulato della capigliatura è temperato dal diadema, che ricopre in parte il corno di Zeus Ammone attorno all'orecchio.
La Medusa della Collezione Merz, capolavoro del 300 a.C. circa, si ispira ugualmente all'immagine di Alessandro (Vollenweider, 1984, n. 53, fig. 1). Il viso in onice, finemente sfumato, si stacca su una base di corniola; è tuttavia più appiattito, e il tipo si avvicina piuttosto alle monete dei Seleucidi.
Nel periodo seguente le opere guida sono i due c. dell'Ermitage (Neverov, 1971, n. 1: alt. 15,5, lungh. 11,8 cm; c. di undici strati di sardónice) e di Vienna (Oberleitner, 1985, n. 3: alt. 11,5, lungh. 11,3 cm; c. di tre strati). Nel suo libro, pubblicato nel 1985, W. Oberleitner ha dimostrato chiaramente che la coppia reale non poteva raffigurare che Tolemeo II e Arsinoe II Filadelfo. Era stata questa l'opinione di Visconti, Eckhel e Eichler, che avevano affermato che i due c. provenivano da un'unica bottega, e che mentre il re è lo stesso sui due gioielli, la regina sul c. dell'Ermitage è la sua prima moglie, Arsinoe I, figlia di Lisimaco; sul c. di Vienna è invece la sua seconda sposa, Arsinoe II, sorella della prima. Questa interpretazione resta la più logica e la più convincente. I due c. rivelano unità nello stile dell'incisione e riflettono il modus vivendi dei diadochi e degli epigoni, i quali aspiravano a un ideale di bellezza sontuosa e magniloquente. Sappiamo che il topazio era particolarmente apprezzato da Tolemeo II, il quale lo fece utilizzare per una statua di Arsinoe alta quattro cubiti (Plin., Nat. hist., XXVII, 108); lo sfarzo della corte di questo sovrano è rimasto memorabile sino alla fine del mondo antico (cfr. Ath., V, 197 c, e i bicchieri e le coppe ornate di gemme).
L'arte del c. fu apprezzata alla corte dei Lagidi, soprattutto nel III sec., per ritrarre re, regine e fanciulli, oltre che per raffigurare scene idilliache. Da ricordare un busto di Tolemeo X al British Museum (Η. Β. Walters, Catalogue of the Antique Engraved Gems and Cammeos in the British Museum, Londra 1926, n. 3824, fig. 2), in pasta vitrea, una materia che serviva alla riproduzione e alla diffusione di questi gioielli.
Tra i c. legati ad altre dinastie si vogliono menzionare: la grande corniola del Cabinet des Médailles, con il ritratto di Perseo, re di Macedonia, opera notevole per la ricerca di plasticità e per il modellato sfumato; il ritratto di Mitridate VI, re del Ponto, caratterizzato da un'espressione violenta, conservato nel Museo Archeologico di Firenze. Questo principe, molto probabilmente commissionò ai migliori maestri dell'epoca numerosi c. recanti di preferenza immagini dionisiache e di tritoni. Un busto femminile di grande bellezza riflette l'atmosfera che regnava nel seguito di Mitridate, Nèos Dionysos (Musée d'Art et d'Histoire di Ginevra, inv. 23478, fig. 3).
Malgrado le crisi che travagliarono le monarchie ellenistiche e le guerre civili che dilaniarono la penisola italica, l'arte del c. sopravvisse, spesso in gemme di formato medio e piccolo, sulle quali si distinguono, p.es., i tratti di Pompeo Magno, di Sesto Pompeo e di altri (Vollenwei- der, 1972, tav. LXX, 1; Fossing, 1929, n. 1195). Questi c. sono di dimensioni ancora più ridotte rispetto a quelle delle gemme arcaiche, i cui incisori aspiravano a un'esecuzione perfetta della microtecnica.
Con queste miniature contrasta il primo c. del giovane Ottaviano (Vollenweider, 1972, tav. CLIX), che risale agli anni 36-30 a.C. Nell'aspetto generale della composizione e nel tracciato fermo delle linee esso preannuncia l'immagine del sovrano dai tratti decisi, quale p.es. quella sul
c. Strozzi del British Museum (Walters, Catalogue, cit., n. 3577)· H ritratto di Augusto del Cabinet des Médailles (Babelon, Camées, η. 234, fig· 4) mostra maggiori sfumature nella rifinitura: gioiello della casata giulio-claudia, realizzato intorno al 20 a.C., potrebbe essere opera di un maestro quale Dioscuride.
Tra i c. che riflettono l'opera di Augusto come uomo di Stato, ricorderemo quello di Vienna con Augusto e Roma, un tema che ispirò anche la fondazione dei santuarî di Lione e di Pergamo. Infatti non è Caligola a essere rappresentato, ma lo stesso Augusto (Oberleitner, 1985, fig. 29; Eichler, Kris, 1927, n. 6). Il profilo incurvato, che ha indotto Kyrieleis all'errata identificazione, si incontra su numerose serie monetarie della zecca di Lione (Giard, 1983, nn. 56/6a, 59/158, 6o/5a; id., Catalogue des monnaies de l'empire romain, I, Parigi 1976, n. 623). Il tema «Augusto e Roma» si ripropone sulla Gemma Augustea di Vienna (Oberleitner, 1985, fig. 22), alla quale H. Kahler ha dedicato uno studio dettagliato (Alberti Rubeni Dissertano de Gemma Augustea, Berlino 1968). Malgrado la sua certezza di aver fissato definitivamente {«hieb- und stichfest») la data di esecuzione e il significato storico di questo capolavoro, permangono ancora numerose tesi opposte. Ci si limita qui a evidenziare lo stile classico di questo gioiello, uno stile romano ispirato dalle migliori realizzazioni dell'arte greca, caratterizzato da una solennità qualificabile proprio come «augustea»: purezza di forme, nobiltà di linee, armonia compositiva. L'anno del trionfo di Tiberio sui Germani, 7 a.C., rappresenta la data più plausibile, confermata dalle monete emesse nello stesso anno, che mostrano lo stesso profilo di Augusto e uno stile identico (J.B. Giard, Catalogue, cit., tav. XXVII, 616 ss. e tav. XXVIII, 620, con la Vittoria dietro la nuca, 650, con globo e Vittoria; Mattingly, 1, tav. XX,7).
È ancora durante il regno di Augusto che fu eseguito il medaglione a tutto tondo del Cabinet des Médailles (Babelon, op. cit., n. 233, fig. 5), imperfetto nella rifinitura ma di grande profondità psicologica. Raffigura l'imperatore come parens patriae, cinto dalla corona in cui si intrecciano foglie di quercia e di alloro. L'incisore ha trascurato alcuni dettagli, soprattutto nel panneggio, indicato sommariamente, ma ha scolpito con grande sensibilità le orecchie e gli occhi, dall'espressione intensa, resi in conformità ai modelli ellenistici, così come le ciocche della capigliatura, mosse.
Il c. che ha determinato il maggior numero di studi, spesso tra loro divergenti, è senz'altro il Grande Cammeo di Francia. In particolare, tra il 1970 ed il 1985 sono usciti i lavori di H. Jucker, K. Jeppesen e, nel 1987, quello di W. R. Megow. Incentrati sull’identificazione dei personaggi, essi non tentano interpretazioni stilistiche: oscillano in modo dispersivo tra Caligola e Nerone, perdendo però di vista soprattutto l'unità costituita dall'opera d'arte. In un testo magistrale, Jean Charbonneaux (Le grand Camée de France, in Mélanges Picard, I, Parigi 1949, p. 170 ss.), dotato di grande intuizione e di una visione chiara delle antichità, aveva detto l'essenziale a proposito di questo cammeo. Vi è rappresentata la famiglia imperiale riunita dopo i numerosi lutti che l'avevano decimata tra il 14 e il 23 d.C.: la morte di Augusto, poi di Germanico, infine quella di Druso II. I contorni che si stagliano netti e verticali dalla base (a un'altezza compresa tra 4 e 6 mm) sono come staccati dal fondo; il rilievo, notevole nel modellato, viene da ciò accentuato.
Questo dettaglio tecnico riveste una grande importanza, poiché Möbius, che non lo aveva ben compreso, aveva utilizzato la gemma per collocare un importante c., conservato a Stoccarda, nel periodo dei Severi, cioè intorno al 200 d.C. Quest'ultimo c. sarebbe vicino, secondo lo stesso autore, al c. di Kassel, che risale effettivamente a quell'epoca, simile certo per le dimensioni, ma del tutto differente per la mancanza di struttura, l'ineleganza dei dettagli deformati e il pastiche compositivo (Möbius, 1966; Megow, 1987, A 132 e Β 52, tav. XLVII). Il c. di Stoccarda rivela una forma estetica che mantiene il canone classico di equilibrio e regolarità, sebbene l'esecuzione non sia perfetta. Si tratta probabilmente dell'opera di una bottega provinciale, come Lione o Emerita, dove un artista locale lo avrebbe creato attorno al 50 d.C.
Alla corte di Marco Aurelio e di Faustina, la produzione dovette essere abbondante e di buona qualità. Essa è in gran parte perduta a causa delle guerre che obbligarono l'imperatore a trasformare in moneta i tesori del Palazzo (W. Weber, in The Cambridge Ancient History, XI, Cambridge 1936, p. 369). Sotto i Severi, gli incisori degli Antonini continuarono probabilmente a prestare la loro opera. L'assassinio di Geta, che lasciava al soloiCaracalla tutto il potere, vide presto nascere una maniera espressiva informe e barbara, uno stile che si perpetuò sotto Eliogabalo: un c. a Ginevra (collezione privata) mostra un'effigie dura e irrigidita di Iulia Paula (erroneamente identificata come Iulia Domna da E. Nau, e come Iulia Mamaea da Megow, 1987, Β 53, tav. LI,4. Cfr. però la moneta in Mattingly, v, tav. XCVI,4). Da questo momento in poi le opere dei maestri costituirono sempre più delle eccezioni, alternate ad altri lavori di espressiva brutalità, fino alla rinascita del classicismo sotto Costantino.
Bibl.: H. Mattingly, Coins of the Roman Empire in the British Museum, I-VI, Londra 1923-1962; F. Eichler, E. Kris, Die Kameen im Kunsthistorischen Museum, Vienna 1927; P. Fossing, The Thorvaldsen Museum. Catalogue of the Antique Engraved Gems and Cameos, Copenaghen 1929; Η. Möbius, Der grosse Stuttgarter Kameo, in SchwMbll, XVI, 1966, p. 110 ss.; H. Kyrieleis, Zu einem Kameo in Wien, in AA, 1970, pp. 492-498; id., Der Kameo Gonzaga, in BJb, CLXXI, 1971, pp. 162-193; O. J. Neverov, Antique Cameos in the Hermitage Collection, Leningrado 1971; M. L. Vollenweider, Die Porträtgemmen der römischen Republik, Magonza 1972; Κ. Jeppesen, Neues zum Rätsel des Grand Camée de France, Aarhus-Copenaghen 1974; H. Möbius, Zweck und Typen der römischen Kaiserkameen, in ANRW, II, 1975, pp. 1-56, tav. XVI, fig. 23; H. Jucker, Die Glasphalerae mit dem Porträt des Nero Iulius Caesar, in SchwMbll, XCIX, 1975, pp. 50-60 (con bibl.); D. Kaspar, Neues zum Grand Camée de France, ibid., p. 61 ss.; H. Jucker, Der grosse Pariser Kameo, in Jdl, XCI, 1976, pp. 211-250; O. J. Neverov, Kameja Gonzaga («il Cammeo Gonzaga»), Leningrado 1977; N. Dacos, A. Giuliano, D. Heikamp, U. Pannuti, Il tesoro di Lorenzo il Magnifico. Le gemme e i vasi (cat.), Firenze 1980; E. Zwierlein-Diehl, Der Divus-Augustus-Kameo in Köln, in KölnJbVFrühGesch, XVII, 1980, pp. 12-53, tav. xvi; J. B. Giard, Le monnayage de l'atelier de Lyon des origines au regne de Caligula, Wetteren 1983; M. L. Vollenweider, Deliciae Leonis. Antike geschnittene Steine und Ringe aus einer Privatsammlung, Magonza 1984; H. Jucker, Trajanstudien zu einem Chalzedonbütchen im Antikenmuseum, in JbBerl- Mus, XXVI, 1984, pp. 17-78; W. Oberleitner, Geschnittene Steine. Die Prunkkameen der Wiener Antikensammlung, Vienna 1985; E. Zwierlein-Diehl, Die Chalzedonstatuette aus der römischen Grabkammer in Köln-Weiden, in JbBerl- Mus, XXXV, 1985, pp. 15-33; W. R. Megow, Kameen von Augustus bis Alexander Severus, Berlino 1987; L. Tondo, F. M. Vanni, Le gemme dei Medici e dei Lorena nel Museo Archeologico di Firenze, Firenze 19902.