SOZZINI (Socini), Camillo
SOZZINI (Socini), Camillo. – Figlio del giurista senese Mariano il Giovane e di Camilla Salvetti, ebbe numerosi fratelli: Ascanio, Alessandro, Bartolomeo, Camilla, Celso, Cornelio, Dario, Filippo, Giulio, Lelio, Marcoantonio e Porzia. La data di nascita è incerta, ma potrebbe essere fissata intorno al 1535: fu quindi quasi coetaneo del nipote Fausto.
Fino al 1543, dal momento che il padre Mariano insegnava diritto civile presso lo Studio, la famiglia visse a Padova, in un ambiente culturale molto vivace di discussione dell’aristotelismo e di penetrazione delle idee della Riforma. Nel 1543 la famiglia si trasferì, al seguito del padre, a Bologna, altra città italiana nella quale l’eterodossia aveva fatto proseliti: in quegli anni i Sozzini furono ispiratori di un cenacolo culturale di discussione teologico-filosofica, in cui spesso, secondo le accuse, si sconfinava nell’eresia e lo stesso Mariano fu invitato, privatamente, dall’Inquisizione, nel 1554, a non disputare più di religione.
II fratello Lelio, conquistato dalle dottrine della Riforma e avidamente curioso dei fermenti di idee che circolavano in quegli anni, si avvicinò alle dottrine antitrinitarie di Michele Serveto, e nel 1547 fu costretto all’esilio per sottrarsi alla persecuzione inquisitoriale. Nonostante l’ombra di Lelio gravasse sulla famiglia, sollecitando una sorveglianza continua, i Sozzini poterono godere della protezione data dalla figura del padre. Con la morte di Mariano, tutto cambiò costringendo nel maggio 1557 i fratelli di Lelio, Celso, Camillo, Cornelio, e i nipoti, Fausto e Dario, a garantire, con 2000 scudi, la loro presenza a Bologna al vescovo, Giovanni Campeggi. Di fronte al profilarsi di difficoltà crescenti, Camillo e il resto della famiglia decisero di tornare a Siena, nel frattempo caduta sotto i Medici e a Bologna rimase soltanto Celso, professore dell’ateneo: con questo trasferimento si vollero proteggere non soltanto le persone, ma anche i loro beni, circostanza che complicò i già tesi rapporti tra Firenze e la Chiesa di Roma che rimproverava a Cosimo di non avere intrapreso una seria politica antiereticale.
A Siena, Camillo e Fausto, zio e nipote pressoché coetanei, contribuirono a rilanciare l’attività culturale dell’Accademia degli Intronati, dove svolsero proselitismo, conquistando molti all’eresia. Nel frattempo, gli inquisitori intrapresero la loro offensiva: i Sozzini e altre persone di rilievo della città furono accusati di eresia, sebbene non venissero formulate accuse precise e circostanziate, poiché gli inquisiti agivano nicodemiticamente, assistendo alle messe senza partecipare però alla celebrazione eucaristica. Priva del sostegno politico mediceo, l’iniziativa inquisitoriale senese fallì, mentre quella parallela bolognese procedette in contumacia, nel corso del 1558, nei confronti di Cornelio e Camillo. In questo frangente, intervenne direttamente, sollecitato già nel dicembre del 1558 da Celso, Cosimo I: tra aprile e maggio del 1559, il duca adombrò un conflitto giurisdizionale perché i Sozzini erano cittadini senesi. Malgrado l’intervento, furono condannati in contumacia nel maggio di quell’anno.
Nel settembre del 1560, a seguito di un altro procedimento in cui furono raccolte ulteriori prove, l’Inquisizione bolognese ordinò quindi l’arresto di Dario a Bologna e di Cornelio a Siena, mentre Camillo riuscì a fuggire nei Grigioni e fu condannato in contumacia il 25 ottobre 1561, questa volta senza che Cosimo intervenisse a suo favore. Cominciava così la fase della dispersione del gruppo sociniano che avrebbe incontrato nuove difficoltà anche all’interno della comunità ereticale nei Grigioni.
Dopo un primo periodo a Zurigo, lasciata nel 1563, in seguito allo scoppio del caso di Bernardino Ochino, Camillo si stabilì a Piuro, centro dei Grigioni dal quale continuò a intrattenere rapporti epistolari con diversi esuli italiani. In quegli anni, si scontrarono la volontà di diffondere le idee antitrinitarie di Lelio che animava Camillo, con l’atteggiamento di maggiore prudenza imposto da Fausto, nel frattempo tornato nella penisola italiana. Gli scritti di Lelio e di Fausto erano stati affidati all’eretico romano, Francesco Betti che, rispettoso della consegna di non farli circolare, resistette alle pressioni in senso contrario di Camillo. Anche senza l’autorevole sostegno delle opere del fratello e del nipote, Camillo, che si definiva seguace dei ‘novi academici’, non si sottrasse alle dispute e infatti fu accusato di aver sostenuto dottrine antitrinitarie. Nel 1571, per arginare il radicalismo degli esuli italiani, il sinodo di Coira scomunicò Camillo e Niccolò Camogli e sospese Girolamo Turriani e Bartolomeo Silvio. Nel frattempo un’accusa di sodomia costrinse Camillo a fuggire da Piuro (Taplin, 2003, p. 250).
Nel 1571 Camillo era in Francia a Lione e l’anno seguente, grazie all’aiuto dell’amico banchiere lucchese, Matteo Balbani, sfuggì miracolosamente alla reazione cattolica contro gli Ugonotti successiva alla notte di S. Bartolomeo. Secondo alcune testimonianze di persone vicine alla famiglia, come Girolamo Bargagli, l’esperienza drammatica avrebbe fatto maturare in Camillo un sentimento di riavvicinamento alla Chiesa di Roma, ragion per cui scrisse una lettera ai cardinali inquisitori per chiedere di essere riammesso e perdonato (Szczucki, 2001, pp. 377 s.). Gli ultimi anni di vita sono avvolti nel mistero (Marchetti, 1968).
Morì intorno al 1575.
Fonti e Bibl.: J. Tedeschi, Notes toward a genealogy of the Sozzini family, in Italian reformation studies in honor of Laelius Socinus, a cura di J. Tedeschi, Firenze 1965, pp. 275-311; V. Marchetti, Documenti sul patrimonio di Fausto Sozzini, in Critica storica, IV (1968), pp. 540-549 (in partic. p. 541); Id., Gruppi ereticali senesi del Cinquecento, Firenze 1975, ad ind.; Aggiunte all’epistolario di Fausto Sozzini, 1561-1568, a cura di V. Marchetti - G. Zucchini, Warszawa-Lodz 1982, ad ind.; L. Sozzini, Opere, a cura di A. Rotondò, Firenze 1986; D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento e altri scritti, a cura di A. Prosperi, Torino 1992, ad ind.; G. Dall’Olio, Eretici e inquisitori nella Bologna del Cinquecento, Bologna 1999, ad ind.; L. Szczucki, Il processo di Fausto Sozzini a Siena, in La formazione storica della alterità: studi di storia della tolleranza nell’età moderna offerti a Antonio Rotondò, I, Firenze 2001, pp. 375-394 (anche per ulteriori riferimenti a fonti archivistiche); M. Taplin, The italian reformers and the Zurich Church, c.1540-1620, Aldershot 2003, ad ind.; M. Valente, I Sozzini e l’Inquisizione, in Faustus Socinus and his heritage, a cura di L. Szczucki, Krakow 2005, pp. 29-51(anche per ulteriori riferimenti a fonti archivistiche); M. Biagioni, The radical reformation and the making of modern Europe. A lasting heritage, Leiden 2017, pp. 41 s., 46, 50.