PISTRUCCI, Camillo
PISTRUCCI, Camillo. – Nacque a Roma l’11 febbraio 1856 da Federico Maria e da Maria Scarsella.
La famiglia paterna annoverava artisti e patrioti: i Pistrucci furono amici di Giuseppe Mazzini ed ebbero parte attiva nelle vicende del Risorgimento italiano. Nipote di Benedetto, scultore, incisore e capo medaglista della Zecca londinese, Camillo fu spesso confuso con il figlio di questo, suo omonimo, scultore della scuola di Bertel Thorvaldsen, morto all’età di quarantatré anni nel 1854.
La formazione di Pistrucci si compì dal 1873 al 1877 presso il Regio Istituto romano di belle arti in via di Ripetta diretto dal veronese Luigi Rosso. Suo compagno di studi fu Giuseppe Sacconi, con il quale stabilì un solido e duraturo rapporto di amicizia.
La fase iniziale della sua attività di architetto lo vide gradatamente elaborare il proprio codice stilistico con la redazione di progetti per i grandi concorsi di architettura e le esposizioni internazionali.
La proclamazione a capitale del Regno d’Italia aveva costituito, per Roma, l’inizio di un periodo di importanti modifiche strutturali. Pistrucci contribuì a delinearne il nuovo volto, confrontandosi con il dibattito in corso sullo stile nazionale: ne risultò l’elaborazione di «un linguaggio pausato, accademicamente impeccabile, purgato di ogni ambiguità manieristica, con alcuni cauti riferimenti all’architettura europea» (Placido, 1991, p. 66).
Opera giovanile fu il progetto redatto nel 1876 in occasione del concorso per il nuovo palazzo per le esposizioni di belle arti, che vide vincitore Pio Piacentini, in cui era evidente l’influenza di Rosso nell’adozione di un linguaggio ricco di riferimenti all’architettura d’Oltralpe. Nel 1880 prese parte alla IV Esposizione di belle arti di Torino con i disegni del monumento alle Cinque giornate di Milano. Di pochi anni successivi (1882) furono i due progetti per lo stabilimento Bocconi e poi per La Rinascente, uno dei quali efficacemente caratterizzato dall’adozione di una struttura metallica e da ornati di gusto moderno in ferro e vetro.
La prima importante realizzazione di Pistrucci fu il collegio Massimo alle terme di Diocleziano. Nel 1883 il gesuita Massimiliano Massimo affidò, infatti, al giovane Camillo, «figlio di Federico Maria già ‘ingegnere delle acque’ di casa Massimo» (ibid., p. 67), l’incarico di erigere l’edificio nell’area sulla quale sorgeva la cinquecentesca villa Peretti Montalto. La prima soluzione progettuale elaborata fu respinta dal Comune di Roma in quanto ritenuta non conforme alle prescrizioni del piano regolatore, quindi modificata e nuovamente presentata.
Quantunque si trattasse di un’opera di esordio, l’elegante impiego dell’ordine classico e il ricorso, effettuato con mano sicura, allo stile cinquecentesco di area toscana e romana, denotavano con sufficiente chiarezza i tratti più significativi del suo linguaggio.
Del 1884 è il progetto, contrassegnato dal motto «Majestas», elaborato in occasione del primo concorso per il palazzo di Giustizia e redatto con Giulio Magni. Alla successiva tornata, indetta alla fine di aprile 1885, Pistrucci prese parte in forma individuale e con due differenti soluzioni progettuali contrassegnate dal proprio cognome. I due lavori furono eliminati nel corso del secondo grado dell’esame; di entrambi la commissione presieduta da Andrea Busiri evidenziò il mancato rispetto dei limiti assegnati all’area di progetto e varie mancanze in ordine all’organismo sotto il profilo distributivo e statico; mentre furono molto apprezzati i prospetti, giudicati di valore «molto superiore a quello delle piante, se si considerano nella disposizione e nei rapporti tra le diverse loro parti» (Commissione ministeriale per il Palazzo di Giustizia da erigersi a Roma, in Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia, n. 70, 25 marzo 1887, p. 1054), e il modo in cui, al piano terreno, «vennero collocate tutte le aule delle Assise, del tribunale civile e correzionale e della Pretura urbana, ciascuna delle quali ha dall’esterno ingresso indipendente, attraverso speciale vestibolo» (p. 1054). Nel 1887 fu tra i concorrenti firmatari del ricorso intentato contro la deliberazione emessa il 20 marzo di quell’anno dalla commissione esaminatrice con la quale questa, dato atto di come nessuno tra i lavori presentati avesse soddisfatto pienamente i requisiti del concorso, riteneva di segnalare alla considerazione del governo i quattro progetti ritenuti migliori.
Sempre del 1887 fu il progetto della casa Pisani in vicolo di S. Francesco a Ripa, interessante sperimentazione stilistica nell’ambito di una tipologia edilizia tipica del periodo quale era la casa da pigione: «nell’edificio di Pistrucci il telaio costruttivo diventa[va] immagine principale nonostante la facciata, non più dominata dai ritmi orizzontali di cornici marcapiano ma dalla verticalità dei sostegni» (Consoli - Pasquali, 2005, p. 261) e dai profondi solchi chiaroscurali delle logge.
Per conto della medesima committenza progettò il casamento sulla via Cavour in angolo con le vie di S. Maria Maggiore e dei Quattro Cantoni (1888), con risalti angolari in bugnato, caratterizzato dalla fitta sequenza di arcate a sesto ribassato poste a delineare, lungo i tre fronti dell’edificio, le bucature del primo ammezzato.
Nel 1890 redasse il progetto per una chiesa parrocchiale e prese parte, a Torino, alla I Esposizione italiana di architettura con un’apprezzata selezione di opere; i suoi lavori furono premiati con una medaglia d’argento.
L’ultimo decennio dell’Ottocento, segnato dalla profonda crisi seguita alla ‘febbre’ edilizia degli anni Ottanta, aveva visto nascere un interesse tutto nuovo per le questioni legate allo studio e alla tutela del patrimonio artistico e architettonico anche di tipo ‘minore’. Nel 1890 fu tra i fondatori dell’AACAR (Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura in Roma): Pistrucci vi partecipò attivamente, prendendo parte alle commissioni e ai gruppi di studio fino al 1905. In quegli stessi anni figurò tra i membri del Consiglio comunale capitolino.
L’attività professionale di quel decennio risentì della grave situazione di stallo in cui versava il settore edilizio. Pochi gli interventi, e di non rilevante entità: la realizzazione di un meniano in via di Fontanella Borghese (1894), gli interventi di sopraelevazione in via Milano (1897) e in via delle Mantellate, il restauro di un edificio in via dell’Impresa 19, la costruzione di un’edicola sacra in via Merulana (1898). Nel 1896 curò la sistemazione della casa di via degli Artisti dove andò a risiedere con Emma Corteselli, sua moglie, sposata nel 1883, con la quale ebbe due figlie: Elisa e Giorgia.
Nel 1894 Pistrucci fornì i disegni per il concorso per la nuova stazione ferroviaria di Bucarest; tra il 1895 e il 1897 redasse due progetti per la sistemazione di piazza Colonna. La scala di intervento, volutamente ridotta allo scopo di limitare l’entità delle demolizioni, denotava un’attenzione non comune nei riguardi del tessuto urbano della città storica.
Nel corso dei primi anni del Novecento, con la ripresa ormai consolidata dell’attività edilizia, curò la progettazione e la realizzazione di una struttura ospedaliera per conto del Pio Sodalizio dei fornari italiani sul viale della Regina (1904): demolito negli anni Cinquanta del secolo scorso, l’edificio era stato progettato in sintonia stilistica con il prospiciente complesso del policlinico. Nel 1905 completò il progetto per l’albergo Genio in via Zanardelli; nello stesso anno subentrò a Francesco Azzurri, morto nel 1901, nell’incarico di architetto dell’ambasciata dell’Impero austro-ungarico che aveva sede in S. Marco.
Il complesso, divenuto proprietà austriaca dopo il trattato di Campoformio (1797) e adibito a residenza degli ambasciatori, era costituito dal palazzo di S. Marco – l’odierno palazzo Venezia – e dal cosiddetto ‘palazzetto’. Quest’ultimo era scampato in extremis alla integrale demolizione, prevista dal piano regolatore in quanto situato sull’area interessata dalla costruzione del Vittoriano, grazie alla tardiva ma non inefficace mobilitazione della stampa, nell’agosto 1910.
Tra il 1910 e il 1913 Pistrucci, già autore di ipotesi progettuali conservative fino ad allora ignorate, curò le operazioni di spostamento e ricostruzione del ‘palazzetto’ a ovest dell’edificio maggiore in forzata collaborazione con l’architetto Ludwig Baumann, autore, per conto del governo asburgico, di un ulteriore progetto che prevedeva l’integrale demolizione di pregevoli parti dell’edificio, tra le quali le dieci arcate del quadriportico. Negli stessi anni, ancora con Baumann e Franz Pokorny, realizzò alcuni interventi di trasformazione al palazzo Venezia, tra i quali la modifica dello scalone (1911), a sua volta demolito e ricostruito successivamente in stile rinascimentale da Luigi Marangoni (1924-30).
Nel 1927 Pistrucci fu eletto tra i membri dell’Accademia di S. Luca. Morì a Roma pochi mesi dopo, il 27 settembre 1927.
Oltre alle opere citate, si segnalano: il villino Chiovenda in via Angelo Brunetti (1911), caratterizzato da un linguaggio «vicino alle elaborazioni stilistiche internazionali» (Placido, 1991, p. 67), gli interventi di restauro al palazzo Lancellotti in via della Maschera d’Oro (1915) e l’ampliamento del villino Cappellini-Washington sulla via Aurelia (1924).
Fonti e Bibl.: La figlia Giorgia ha donato i disegni di Pistrucci al Gabinetto comunale delle stampe, presso il Museo di Roma, dove sono conservati. Ulteriori suoi elaborati relativi ai lavori nel complesso del palazzo Venezia sono conservati nel fondo del ministero degli Esteri dell’Österreichische Staatsarchiv di Vienna. Inoltre: Roma, Archivio storico Capitolino, Titolo 54, 1871-1922, prot. nn. 7473/1883, 39950/1883, 75046/1887, 59040/1888, 74953/1897, 39221/1904, 377/1910, 88795/1911, 60967/1921; Ispettorato Edilizio, prot. nn. 2462/1894, 3440/1895, 3831/1896, 3358/1907, 3420/1907, 1337/1911, 28450/1923, 38088/1925; Ufficio VI, 1891-1907, Titolo 65, b. 58, f. 31; Verbali della commissione edilizia, voll. 24, p. 20; 26, pp. 5, 41; 27, p. 16; 28, pp. 17, 23, 32; 32, p. 135; 33, p. 128; 36, p. 120; 37, p. 206; 39, pp. 219, 256; 43, p. 683; 45, p. 6; 60, p. 66; 62, p. 996; Ripartizione V, Lavori Pubblici, Piano regolatore, b. 581, f. 31, pos. 59: Sistemazione di piazza Colonna; Archivio centrale dello Stato, Ministero dei Lavori Pubblici, Direzione generale per l’edilizia, Divisione V, 1871-1928, b. 75; G. Ridolfi, Memoria sopra il ricorso a S. M. il re nell’interesse dei sigg. ing. arch. Reibaldi Giuseppe, P. C., Nardoni Stanislao, Guerra Andrea, Lollini Annibale, Biagini Amerigo, Brancali Ercole, Canessa Tito, Aureli Carlo e Barilari Francesco, concorrenti al progetto per il Palazzo di giustizia, contro la deliberazione 20 marzo 1887 della commissione esaminatrice dei progetti, costituita col decreto ministeriale 7 maggio 1886, Roma 1887.
L. Jannattoni, Una famiglia romana: i Pistrucci, in Strenna dei romanisti, XIII (1952), pp. 223-229; G. Placido, C. P. 1856-1927, tesi di laurea in architettura, facoltà di architettura, Università La Sapienza di Roma, relatore G. Muratore, a.a. 1988-89; Id., C. P. (1856-1927): un architetto romano post-unitario, in Bollettino dei Musei comunali di Roma, n.s., V (1991), pp. 65-78; A.M. Racheli, Restauro a Roma 1870-1990. Architettura e città, Venezia 1995, pp. 83, 125, 308, 418; V. Fontana, Profilo di architettura italiana del Novecento, Venezia 1999, ad ind.; G.P. Consoli - S. Pasquali, Roma: l’architettura della capitale, in Storia dell’architettura italiana. L’Ottocento, a cura di A. Restucci, Milano 2005, pp. 260 s.; M.G. Barberini - G. Quintiliani - F. Raimondo, Palazzo Venezia, il palazzetto e il suo lapidarium, Roma 2006, pp. 36, 40-42, 52, 55-58; Tracce di pietra. La collezione dei marmi di palazzo Venezia, a cura di M.G. Barberini, Roma 2008, ad ind.; La storia del palazzo di Venezia dalle collezioni Barbo e Grimani a sede dell’ambasciata veneta e austriaca, a cura di M.G. Barberini - M. De Angelis d’Ossat - A. Schiavon, Roma 2011, pp. 63, 245, 257-259, 261, 263, 266, 280-288, 294.