Camillo Pellizzi e Mario Stoppino
Tra gli intellettuali italiani del Novecento che si sono mossi in un ambito di pensiero per alcuni versi affine a quello di Maranini, occorre citare Camillo Pellizzi e Mario Stoppino. Entrambi, in particolare, sono accomunabili al costituzionalista e politologo fiorentino per la costante attenzione al tema delle élites e per la connessione, nella loro riflessione, tra politica, istituzioni e poteri sociali.
Pellizzi (Collegno 1896-Firenze 1979), volontario nella Prima guerra mondiale, al termine del conflitto, attraverso il nazionalismo si avvicinò al fascismo e aderì all’attualismo di Giovanni Gentile. La sua visione dell’ideologia fascista era tutta imperniata su una concezione profondamente aristocratica, che assegnava al partito il ruolo di un’élite in grado di guidare ed educare le masse attraverso l’uso dei miti politici.
Trasferitosi a Londra nel 1920 come lettore di italiano presso l’University College, dal 1934 occupò presso quell’ateneo la cattedra di Italian studies. Rimase in Gran Bretagna fino al 1939, quando ottenne la cattedra di storia e dottrina del fascismo presso l’Istituto Cesare Alfieri di Firenze. Dopo la fine del fascismo fu sospeso dall’insegnamento in seguito a procedimento di epurazione. Collaborò a varie riviste, come «Il Borghese» di Leo Longanesi, e a quotidiani come «Il Giornale d’Italia» e «Il Corriere della Sera». Nel 1950 riottenne finalmente la cattedra. Fu il primo professore ordinario di sociologia in Italia.
Nella sua riflessione teorica, Pellizzi pose la sua attenzione soprattutto al tema delle relazioni umane nella formazione della classe dirigente economica e pubblica, segnando in ciò una continuità con il tema delle élites e delle aristocrazie che era stato al centro dei suoi interessi nei decenni precedenti la Seconda guerra mondiale. Nel 1960 fondò la rivista «Rassegna italiana di sociologia», da lui diretta fino alla morte. Tra le sue opere, si ricordano Il partito educatore (1941), Una rivoluzione mancata (1949) e La democrazia e la politica di massa (1952).
Mario Stoppino (1935-2001) fu allievo di Bruno Leoni presso l’Università di Pavia e successivamente docente di scienza politica nello stesso ateneo. Egli concentrò la sua riflessione teorica soprattutto sull’analisi del potere come fondamento della scienza politica. Nelle sue opere – in particolare in Potere e teoria politica (1982) e in Potere ed élites politiche (2000) – delineò una mappa ad ampio raggio sulla fenomenologia del potere, a partire dalle relazioni individuali fino alla dimensione collettiva e istituzionale, nelle sue implicazioni tanto razionali quanto irrazionali. Nel 1994 fondò la rivista «Quaderni di scienza politica».