INNOCENTI, Camillo
Nacque a Roma, il 14 giugno 1871, secondogenito di Augusto, avviato architetto, e di Enrica Santarelli. Solo dopo il completamento degli studi classici al liceo E.Q. Visconti, nel 1887, il padre assecondò la sua vocazione artistica, affidandolo al pittore L. Seitz, amico di famiglia. Quest'ultimo, epigono nazareno e dal 1887 ispettore dei Musei Vaticani, lo sollecitò alla copia degli antichi maestri e lo tenne due anni come suo assistente agli affreschi della galleria dei Candelabri nel Museo Pio Clementino e in S. Maria dell'Anima.
Intorno al 1889-90, l'I. entrò in contatto con D. Morelli e instaurò una duratura amicizia con A. Mancini, entusiasmandosi per l'uso del colore a grumi, steso a larghe spatolate, del maestro napoletano.
Allo stile e alla tavolozza scura dei due artisti meridionali sembrano essere legati i quadri giovanili dell'Innocenti. Nel 1893 esordì alla mostra romana della Società degli amatori e cultori con una Maschera, ora dispersa, ma tradizionalmente giudicata di derivazione manciniana. L'anno seguente vinse il premio della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon con Cristo nel deserto (di ubicazione ignota, come altre opere, quando non espressamente indicato), una sorta di omaggio a Morelli. Partecipò inoltre alla Grosse Kunstausstellung di Berlino (dove tornò anche nel 1896), e soggiornò a Venezia, come attestano due Vedute del Canal Grande esposte alla mostra degli Amatori e cultori del 1895.
Nel 1898 l'I., a Chioggia, dove dipinse le Buranelle, donne del popolo nel costume locale (Ascoli Piceno, Museo comunale), conobbe E. Tito, da cui trasse l'esempio di una pennellata più luminosa e leggera. Nello stesso anno, dopo che una sua Sacra Famiglia (ripr. in L'Illustrazione italiana, 24 dic. 1899, p. 454) era stata giudicata il miglior lavoro al concorso pittorico promosso a Torino da Leone XIII, l'I. vinse all'unanimità il pensionato artistico nazionale con il quadro storico Il giuramento di Pontida (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna).
Nel 1901, alla fine del quadriennio di studi in accademia, compì il viaggio di istruzione all'estero, previsto dal pensionato, in Spagna, studiando assiduamente D. Velásquez al Prado. Durante il viaggio si interessò anche agli aspetti della vita popolare e ne tornò con una serie di quadri sul tema del folclore andaluso, presentati nel 1902 alla mostra degli Amatori e cultori con il titolo di "Impressioni di Spagna".
Nel 1902 espose ancora la Sacra Famiglia al Salon di Parigi, ricevendo una menzione d'onore. L'anno successivo esordì alla Biennale di Venezia con Ritratto di Amalia Besso, Aurora (ripr. in Archivi del divisionismo, figg. 1869 e 1871) e l'insolito soggetto sociale La prima luce e il lavoratore della terra, quadri in cui mostrò una prima adesione al divisionismo.
Nel 1904 vinse una medaglia d'oro alla Louisiana Purchase Exposition di Saint Louis con il soggetto rusticano Canzone ciociara (1903: ripr. ibid., fig. 1878) che, riproposto nel 1906 agli Amatori e cultori, gli valse anche il premio di Roma. Sempre nel 1904 un altro bozzetto ciociaro, Bambina che ascolta le favole (ripr. ibid., fig. 1883), esposto a Senigallia, ricevette la medaglia d'argento del ministero della Pubblica Istruzione. Il gusto per il folclore e per il soggetto popolare, emerso in Spagna e a Chioggia, trovava ora nuovi pretesti nel vicino esotismo rurale della Ciociaria. Nel 1904 l'I. era socio del Gruppo dei XXV della Campagna Romana e realizzò alcuni dipinti sull'Agro romano, tra cui Il buttero, esposto agli Amatori e cultori del 1909 (ripr. in Labbati, p. 806).
Nel 1904 soggiornò a Roccaraso, in Abruzzo, alla ricerca di nuove scene di vita contadina. Due di queste furono presentate alla Biennale di Venezia del 1905: In piazza (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna) e Sui monti d'Abruzzo, che vinse la medaglia d'oro (distrutto: ripr. in Pica, 1909, pp. 405 s.).
L'anno seguente soggiornò a Scanno e le opere lì eseguite vennero presentate all'Esposizione nazionale di Milano, allestita per l'inaugurazione del valico del Sempione.
Rispetto all'affettazione aneddotica della Canzone ciociara, in cui il compiacimento per il pittoresco e per la grazia delle contadine prevalevano sull'attenzione sociale, le opere abruzzesi manifestano un maggiore spirito realistico, quasi documentario, come sembra suggerire il fatto che i quadri recano il sottotitolo "costume di Scanno d'Abruzzo" (Fagiolo dell'Arco - Djokic Titonel, p. 31).
Tale interesse culmina, nel 1909, con il viaggio in Sardegna. L'I., accompagnato da una guida, visitò il paese di Osilo, rimanendo affascinato dalla bellezza dei costumi tradizionali. La scoperta del primitivismo della società e del paesaggio sardi, certo sollecitati dalla vague letteraria di G. Deledda (così come al fascino per l'Abruzzo non erano stati estranei il successo di G. D'Annunzio e di F.P. Michetti), ebbero come epitome il vasto dittico In Sardegna: Osilo, esposto alla Biennale del 1909 (ripr. in Levi, tavv. 200-201), in cui un corteo di contadine velate è ripreso con taglio fotografico e restituito in una pennellata rapida, allungata e diagonale, con larghe campiture di colori puri.
Ma nel 1909 i soggetti popolari costituivano un contraltare minore rispetto all'iconografia della donna elegante e mondana che, a partire da una serie di disegni pubblicati in Novissima nel 1906, era diventato il tema caratterizzante dell'Innocenti.
Ne sono esempio i tre quadri esposti nel 1907 alla Biennale di Venezia, Il gioiello, Alla toeletta (ripr. in Fiori, figg. 10 e 12), Zampetta malata (Udine, Museo civico), in cui la stessa donna, abbigliata di chiaro, accanto al volpino, è resa con una pennellata divisa ma soffice, nella penombra argentata di alcove o boudoir raccolti tra tendaggi.
La Biennale del 1909 fu la sua consacrazione. L'I. ebbe una personale di venti quadri, definiti "serie delle armonie di colori" (Labbati, p. 807), in cui ricercava raffinati accordi cromatici dosando campiture dai timbri insoliti, che ottennero lodi comuni, con la sola stonatura di A. Soffici dalle colonne della Voce.
Qui il pittore dimostrò la varietà della sua tecnica: dal morbido "paradivisionismo pastelloso" (Rosci, p. 270) della coppia di quadri sul tema della confidenza tra amiche, La visita (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna) e La lettura (collezione privata: ripr. in Il liberty in Italia, p. 69), al divisionismo a larghi tasselli dell'esplicitamente erotico Dopo il bagno (collezione privata: ripr. in Fiori, fig. 22). Come notò Colasanti (1915, p. 36), l'I. era ormai "il più squisito e affascinante poeta dell'intimità femminile"; evitando il ritratto e l'analisi psicologica, egli elaborò un repertorio talora melenso e aneddotico (La mammina: ripr. in Archivi del divisionismo, fig. 1899), talaltra velatamente voyeuristico, come in Donna che si pettina del 1909 (ripr. ibid., fig. 1916). Più in generale, egli è stato un interprete del gusto della belle époque, illustrandone gli ambienti e i riti sociali (Caccia alla volpe, esposto alla Biennale del 1909: ripr. ibid., fig. 1924).
L'I., che il 20 apr. 1908 si era sposato a Roma con Ida Cittadini, raggiunse intorno al 1910 il vertice del successo, apprezzato dall'alta società, dal mercato internazionale e sempre più inserito nel sistema ufficiale dell'arte. Già membro della commissione italiana all'Esposizione universale di Bruxelles del 1910 (dove egli stesso ottenne una medaglia d'oro per Donna che si pettina), nel 1911 venne nominato accademico di S. Luca. Fu inoltre commissario dell'Esposizione internazionale di Roma del medesimo anno, dove espose otto quadri influenzati da un soggiorno parigino dei mesi precedenti, tra cui il boldiniano gruppo femminile Di notte al Bois de Boulogne (ripr. in Archivi del divisionismo, fig. 1932), un raro ritratto (Sera d'estate) e il riuscito piccolo racconto In ritardo, il suo capolavoro (questi ultimi alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma).
Nel 1911 lo studio dell'I. fu uno dei luoghi di dibattito in cui maturò la frattura degli artisti moderni dalla Società degli amatori e cultori; e quando, nel gennaio 1912, fu costituita la Secessione, egli fu eletto membro del consiglio direttivo. A Parigi ebbe uno studio in avenue des Ternes e organizzò una personale presso la galleria Bernheim Jeune (aprile 1913), con trentasei quadri rappresentativi tanto dei soggetti abruzzesi e sardi quanto degli studi di vita femminile "di sapore e significato prettamente parigino" (Il Messaggero, 3 apr. 1913).
L'I. vantava la frequentazione di numerosi letterati, da L. Pirandello - che fin dal 1896 recensì alcuni suoi quadri alla galleria Saporetti di Roma - a U. Fleres, A.G. Barrili, Trilussa (C.A. Salustri), all'ambiente estetizzante delle Cronache bizantine, dove conobbe A. De Bosis, A. Sommaruga e D'Annunzio. L'esperienza parigina e un viaggio a Londra lo misero a contatto con la mondanità artistica internazionale. Conobbe le celebri ballerine Anna Pavlova e Isadora Duncan; frequentò le glorie della pittura borghese dell'epoca: I. Zuloaga e, soprattutto, H. Anglada, l'illustratore L. Cappiello, l'anziano J.-L. Gérôme. A Roma aveva già conosciuto e stimato A. Besnard, suo tramite con l'ambiente francese anche prima del viaggio a Parigi.
Alla Secessione del 1914 ebbe una personale con diciannove quadri recenti, in cui ripercorreva i soliti temi mondani dei salotti e della sensualità femminile, in una tecnica pittorica di divisionismo sgranato in tasselli, cromaticamente molto acceso, il cui vertice è La Sultana (Roma, Galleria comunale d'arte moderna e contemporanea).
Richiamato alle armi, nel 1915-18 prese parte come sottotenente alla prima guerra mondiale.
L'anno seguente cominciò a collaborare alle scenografie e ai costumi di film di ambientazione storica prodotti dalla Medusa di Roma, distribuiti anche all'estero: Redenzione: Maria Magdalena (1919) e I Borgia (1920), di cui disegnò anche le locandine.
In seguito al successo di tali pellicole venne in contatto a Roma con il produttore americano S. Goldwyn, che gli commissionò scene e costumi per il colossal Ben Hur (1925), girato a Roma, per il quale l'I. - che ebbe a disposizione somme ingenti - fece numerosi viaggi a Berlino, dove era la sartoria. Negli anni successivi collaborò ad altri film italiani (Cirano de Bergerac, 1922; I promessi sposi, 1922) e americani (Madame Sans-Gêne, 1925).
Nel 1923 allestì una personale al Circolo italiano di Alessandria d'Egitto, sperando di interessare la borghesia cosmopolita residente nella città egiziana; ed ebbe una sala personale alla II Biennale romana, dove espose tredici opere ispirate dal viaggio africano.
Nel 1925 ottenne l'incarico di direttore della istituenda Scuola di belle arti del Cairo.
Trasferitosi al Cairo, dove restò per quindici anni, l'I., che godeva dell'amicizia personale di re Fuad, fece undici ritratti del sovrano e altri della regina e di notabili della corte, fornì disegni per tappeti e trovò nuovi soggetti nelle truppe reali, nei cammelli, nelle scene di vita popolare egiziana, restituiti in quadri dalle campiture piatte e con qualche guizzo coloristico, ma dal carattere più decorativo. Il ruolo da lui ricoperto era prestigioso anche se culturalmente marginale, e con gli anni gli apparve un esilio dorato: "soffro per questa lontananza della mia cara Patria. Ma cosa potrei trovare più alla mia età e con un'arte che non è di moda e che non potrei cambiare? […] Non sogno che Roma nostra e mi struggo dal desiderio di ritornarci" (Bellonzi, p. 150).
Nel 1940 rientrò in Italia; ma la guerra e i conseguenti cambiamenti storici e sociali avevano cancellato il mondo di cui egli era stato interprete. Nonostante tre mostre personali, a Rimini nel 1945 e a Roma nel 1954 e 1957, l'I. sopravvisse in difficili condizioni economiche, dimenticato e tagliato fuori dal dibattito artistico più vivo. Nel 1959 pubblicò a Roma il volume autobiografico Ricordi d'arte e di vita.
L'I. morì a Roma il 4 genn. 1961.
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